DISGRAFIA: Conoscere e informare su un disturbo ancora poco considerato.
“Nella vita del bambino la conquista della scrittura ha lo stesso valore della sua scoperta per la storia dell’umanità.” afferma il pedagogista e grafologo Robert Olivaux.
Ma non tutti i bambini riescono a scrivere correttamente. Infatti esiste un disturbo, spesso sottovalutato e non studiato, che mette a disagio i più piccoli: LA DISGRAFIA. Saper scrivere spesso viene dato per scontato ma la scrittura è il modo in cui ci esprimiamo. Per questo bisogna darle importanza ed oggi ci vogliamo occupare di conoscere meglio cosa vuol dire essere DISGRAFICI.
Abbiamo dunque intervistato la grafologa Paola Loreto per saperne di più.
Intervista di Margherita Giacovelli e Silvia Rosiello.
- Cosa è la disgrafia? Da cosa deriva. come risolverla? quali sono (i sintomi) e le cause?
La disgrafia è un disturbo specifico dell’apprendimento. Riguarda essenzialmente un problema di natura grafo-motoria che si esplica in conseguenze diversificate e interconnesse (disorganizzazione nella pagina, maldestrezza, insieme sporco, lentezza).
E’un disturbo specifico della scrittura nella riproduzione di segni alfabetici e numerici. Non riguarda le regole ortografiche e sintattiche sebbene influisca anche su queste a causa dell’impossibilità di rilettura.
Il segno più evidente è una significativa difficoltà ad automatizzare un corsivo fluente e morfologicamente comprensibile.
Nel quadro diagnostico della disgrafia i prerequisiti da indagare sono:
• sviluppo del sistema nervoso
• livello intellettivo adeguato
• stabilità emotiva e maturazione affettiva
• motivazione ad apprendere
• dominanza laterale
E’ necessaria inoltre la presenza di abilità di base che possono garantire il raggiungimento di un buon livello di scrittura: organizzazione temporale, orientamento e organizzazione spaziale, attenzione, orientamento destra/sinistra, coordinazione motoria, percezione, schema corporeo, memoria, ritmo, capacità linguistiche e capacità di astrazione.
L’acquisizione di queste abilità non avviene improvvisamente e in maniera casuale. Segue un lungo e lento processo di maturazione che ha origine già nel grembo materno. Le diverse fasi di sviluppo e di crescita del bambino sono fondamentali per i processi cognitivi, psicologici e motori. Pertanto devono essere accompagnate, supportate e monitorate per poter facilitare una corretta maturazione. Le difficoltà scolastiche vengono attribuite spesso a svogliatezza o a problemi legati al contesto (sia familiare che scolastico). Ci si accorge dei reali problemi solo al terzo o quarto anno della scuola primaria.
DISGRAFIA: come riconoscerla, età più colpite, percorso ed esercizi per recuperare le abilità grafico motorie
- Le scritture dei bambini disgrafici presentano quasi sempre questo genere di caratteristiche: Parole disomogenee, cioè lettere più grandi e più piccole nella stessa parola,parole non allineate con le righe, spesso fluttuanti, parole illeggibili,tendenza a premere troppo sul foglio, oppure, al contrario a tracciare lettere troppo leggere, lentezza e fatica nello scrivere e difficoltà a mantenere il rigo.
- Per tutte le certificazioni di Disturbo Specifico dell’ Apprendimento la diagnosi può essere effettuata solo alla fine del secondo anno della scuola primaria da un equipe specializzata. Può essere svolta una valutazione preliminare e preventiva già il primo anno. Lo scopo è di rilevare non tanto i sintomi di una possibile disgrafia, quanto le carenze e le competenze in specifici ambiti. Per poter poi dare indicazioni e suggerimenti utili alle insegnanti. Che a loro volta potranno improntare il piano didattico-educativo alla luce dei risultati ottenuti.
- La rieducazione della scrittura è un percorso relazionale in cui terapeuta e bambino lavorano sugli elementi necessari a ricostruire una buona grafia. E’ un decondizionamento da forme e gesti grafici errati che producono tensione, dolore, rigidezza o maldestrezza e che penalizzano l’andamento scolastico, l’autostima e le relazioni.
- Questa tecnica nasce in Francia nel 1946. Si è sviluppata in tutta Europa grazie a Olivaux, medico, psicologo e grafologo. Che ha elaborato un proprio metodo chiamato “grafo terapia” basato sulla riproduzione di forme prescritturali semplici e neutre, con gesto fluido e scorrevole.
- Successivamente Ajuriaguerra, psichiatra, neurologo, direttore dell’ospedale Saint-Anne di Parigi, ha posto rigorose basi scientifiche per rieducare la scrittura a largo raggio.
- Durante gli incontri si propongono esercizi tecnici sull’impugnatura e sulla postura, esercizi di rilassamento, di respirazione controllata, forme prescritturali, esercizi di pregrafismo, tracciati scivolati, arabeschi ecc. Attraverso di essi è possibile ricreare una nuova e adeguata attività grafica.
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Di cosa ti occupi più precisamente?
Sono una grafologa rieducatrice della scrittura. Un professionista qualificato, esperto di problemi grafo motori, che conosce i meccanismi alla base del gesto grafico. Sono fornita di una formazione specifica e affronto in modo competente ed efficace disturbi legati alla scrittura, ricavando da essa preziose informazioni che mi consentono di predisporre al meglio un piano di recupero strutturato con precise tecniche rieducative.
La mia figura può collaborare in vari ambiti. Da quello sanitario in cui, con l’equipe medica può svolgere la propria attività accanto ad altri specialisti, ai contesti scolastici. In cui, in collaborazione con le figure psicopedagogiche presenti, esplica al meglio il proprio ruolo occupandosi, della prevenzione delle difficoltà del gesto grafico, di piani di recupero ed intervento; oppure in ambito privato, nell’esercizio della libera professione.
- Come ti sei avvicinata a questa (“patologia”)/disturbo?
Voltaire sosteneva che “La Scrittura è la pittura della voce”, suggerendo l’idea che questo strumento sia, oltre che un mezzo di comunicazione e relazione, soprattutto un mezzo di espressione di sé.
Non ho mai dato molta importanza a questa frase, fino a qualche anno fa, quando un mio piccolo paziente alla domanda” Cosa non ti piace della tua scrittura?”, rispose:” non riesco ad esprimermi scrivendo…sento solo molta fatica….”.
Da grafologa so che, nell’ambito dell’espressione del sé, la scrittura manuale aggiunge altri significati oltre a quelli trasmessi dalle parole, un sottotesto emotivo del quale spesso lo stesso scrivente è ignaro.
Questo sarebbe già da solo un ottimo motivo per incentivare l’uso della penna, ma non è l’unico. Numerosi studi recenti hanno infatti messo in evidenza come i processi cognitivi siano influenzati dall’aumento della digitalizzazione e dalla progressiva sparizione dai programmi scolastici di molti Paesi dell’insegnamento del corsivo.
La scrittura è stata una grande conquista dell’umanità. Per questo andrebbe salvaguardata e coltivata durante tutto il periodo scolastico. A mio parere la ricerca di una grafia che si percepisca come propria, capace di esprimere l’individualità, è quindi parte del processo di crescita. A cui si aggiunge il bisogno ancestrale di tracciare segni in grado di assolvere al duplice processo comunicativo ed espressivo. Un bambino disgrafico è quindi privato di uno strumento fondamentale per la sua crescita e il suo sviluppo.
In quest’ottica, la rieducazione del gesto grafico assolve dunque a una funzione importantissima: restituire la possibilità di “lasciare una traccia”. Spinta alla quale non credo si debba rinunciare in nome della semplificazione, della tecnologia e del progresso.
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Quale è la differenza tra disgrafia e disortografia?
La disortografia è la difficoltà a tradurre correttamente i suoni che compongono le parole in simboli grafici. Si presenta spesso attraverso omissioni di grafemi o parti di parola (es. vecci per vecchi), sostituzioni di grafemi (es. lambada invece di lampada), inversioni di grafemi. Disgrafia e disortografia possono manifestarsi insieme oppure da sole. In entrambi i casi all’origine di questi disturbi della scrittura non c’è un deficit neurologico. Ma un problema di controllo e una mancata acquisizione del processo di formazione delle parole e di associazione tra grafemi e fonemi.
- Cosa sono i test per la valutazione delle capacità grafo-motorie?
Per quanto riguarda gli strumenti di valutazione della grafia, i più utilizzati in ambito clinico attualmente in Italia sono:
Batterie BVN 5–11 (Tressoldi et al., 2005), Batterie BVN 12-18 (Gugliotta et el., 2009);
Batteria di prove di copia grafica e di autogenerazione di prodotti grafici (Bertelli et al.,
2001);
Scala BHK (Hamstra – Bletz et al., 2011);
Test DGM-P (Borean et al., 2012);
Batteria BVSCO (Tressoldi et al., 2013);
Attraverso questi test i terapisti valutano l’efficienza nell’apprendimento del movimento di scrittura in corsivo, la velocità di esecuzione del compito e la leggibilità dello scritto.
- Quanto incide la situazione psicologica in tutto questo?
La constatazione di una difficoltà di apprendimento come la scrittura, disorienta il bambino anche non consapevolmente, che si chiede quale possa essere la causa. La sua risposta oscilla tra “non sono abile” e “la scuola è troppo difficile”, la sua autostima comincia ad abbassarsi. Anche la motivazione all’apprendimento ne risente e l’insicurezza e la demotivazione lo portano ad essere meno sicuro anche nei rapporti sociali. Anche perché non essendo tra i bravi nella classe viene meno considerato anche dagli insegnanti e dai compagni. La constatazione dell’insuccesso nelle relazioni porta ad un ulteriore abbassamento della stima di sé e della motivazione scolastica.
Spesso gli adulti si concentrano più sugli effetti che non sulle cause. Così si pensa che facendo scrivere il bambino – ad esempio – in stampatello anziché in corsivo, si risolva il problema. La scrittura diventa più leggibile, e quindi il problema scompare. Purtroppo, non è così, anzi.
Dovremmo evitare accuratamente di spingere i bambini a trasformare la loro grafia. La scrittura è traccia e segnale del mondo emozionale dell’individuo, sia che si parli di bambini che di adulti.
Escluse le cause neurofisiologiche, patologiche, grafomotorie, quelle che restano sono sempre cause legate al mondo interiore ed emozionale ed ai rapporti con gli altri. Perciò, quello su cui dovremmo riflettere, ogni volta che vediamo una “brutta scrittura” in un bambino come in un adolescente, è che sta soffrendo. E quella scrittura è uno strumento prezioso che ci rivela la sua sofferenza.