Il Welfare State.
E’in questo clima storico, politico e sociale che nascono le prime forme di Welfare State, poichè iniziavano ad affermarsi sistemi ed apparati di sicurezza sociale. Vengono introdotte le prime assicurazioni sociali pubbliche, contro gli infortuni, contro le malattie, contro la disoccupazione e per la vecchiaia. Tali modelli di assicurazione sociale, sono importanti in quanto hanno natura obbligatoria, non sono circoscritti a singole corporazioni professionali, tutelano rischi e rappresentano quindi una sorta di istituzionalizzazione dei sistemi di assicurazione sociale. Gli ultimi venti anni dell’ottocento si distinguono per la nascita e sviluppo dello “Stato Sociale”, che permette la valorizzazione della solidarietà sociale, che offre servizi sociali agendo in modo flessibile; in questo contesto politico, culturale e sociale si può parlare di “diritti sociali”, che fanno emergere il concetto di solidarietà come integrazione sociale per la equa divisione delle risorse e degli oneri sociali. Nasce anche il concetto di “sicurezza Sociale, che si fonda sull’ampliamento delle funzioni sociali dello stato, in particolar modo nel contesto italiano, dove pian piano di è determinato un processo di revisione del diritto amministrativo, per promuovere l’intervento dello stato nei settori in cui il potere politico-economico delle classi più abbienti non era ancora definito. Di enorme valore sono le “leggi sociali italiane”, che consacravano i principi dell’obbligatorietà e dell’assicurazione e del rischio professionale, che estende l’area della tutela e che costituisce la base per un riordino di tutta la materia. Queste leggi trovano il completo sviluppo nel 1917 con l’estensione della tutela contro gli infortuni in agricoltura.
Cinquant’anni dopo la riforma della previdenza, la svolta avviene quindi anche per il settore agricolo, poiché viene smantellata la disoccupazione basata sulle giornate lavorative che danno diritto all’assegno di disoccupazione (mantenendo però un tetto minimo), si forniscono maggiori garanzie ai lavoratori, spingendo anche i datori di lavoro a dichiarare e consolidare la manodopera incentivando le aziende agricole. Questo porta alla luce l’argomento che sta interessando particolarmente questi anni, il caso degli operai “invisibili”. Il lavoro nero negli ultimi anni è sicuramente diminuito nell’ultimo ventennio, ma allo stesso tempo occupa ancora un larga parte dell’economia italiana. Gli occupati dipendenti non regolari nel settore agricolo sono secondo le stime, quasi al 50%. L ‘unico modo sicuro per eliminare o almeno ridurre considerevolmente il fenomeno, dovrebbe essere una attività mirata alla repressione del lavoro nero, proprio perché questa tipologia sta entrando a far parte della struttura economica italiana. Il lavoro nero nono ha garanzie assicurative, non ha contribuzioni sociali, ma risulta qualcosa di conveniente sia per le famiglie che le imprese i quali possono risparmiare in imposte e contributi. Ma gli invisibili sono anche i migranti che, secondo la Confederazione Italiana Agricoltori (CIA), sono circa 140 mila. Sono lavoratori spesso indispensabili per il lavoro agricolo, che lavorano in condizioni pessime, quasi di schiavitù, con paghe a cottimo e senza contratto.
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