«Dunkirk è un film sul tempo, sul tempo che sta per finire, più di ogni altro film che abbiamo fatto, era molto importante dimenticare ogni altro film di guerra che avevo visto. […] Non c’è modo di battere il rumore delle bombe o delle onde, così ho dovuto scegliere un altro approccio. Per la maggior parte delle musiche, ho detto a chi le suonava di farlo sommessamente, ma con grande intensità».
Oltre alla straordinaria fotografia di Hoyte Van Hoytema e al “rumore”, un altro aspetto preponderante del film è il racconto della storia da tre punti di vista differenti– la spiaggia, il mare e l’aria– di durate diverse – una settimana, un giorno e un’ora– ma ben intrecciati fra loro.
Evidente dunque è il destino di quei soldati -britannici e francesi- in fuga dalle pallottole nemiche, verso una spiaggia dalla quale “si può quasi vedere casa”.
La guerra di Nolan è combattuta da gente che muore, che sopravvive ma che sente su di sé il peso di un ingenuo senso di disonore, perché in guerra sopravvivere è tutto quello che puoi fare “surviving is enough”.
(continua…)