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Favelas: le”città” dimenticate da Dio.

“Mostrarsi al mondo come finzione non elimina le finzioni della propria coscienza”

Sergio Buarque de Hollande

Perchè parlare di coscienza riferendosi alle favelas? Basti solo pensare alle Olimpiadi del 2016, quando le pubblicità celebrative dell’evento più importante del mondo si erano ben impegnate a celare la baraccopoli più grande del Sudamerica. Era la favela di Marè, definita come la più grande di Rio, ad aver subito una sorta di occultazione, quasi a voler nascondere una situazione di povertà e degrado risaputa e discussa da decenni.

Cosa sono le favelas? La storia di un quartiere “fantasma”.

Rio de Janeiro, la patria del divertentismo, del carnevale più famoso del mondo, della bella vita, delle vacanze all’insegna del relax, del lusso, dello shopping, la città dai quartieri ricchi di case variopinte, di musica, odori, di cultura, serba nel suo cuore una ferita che sanguina ormai da più di quarant’anni.

Proprio a poche strade dai quartieri più ricchi esistono zone in cui le persone vivono senza alcun tipo di diritto, di tutela, in condizioni disumane ed in estrema povertà. Sono le cosiddette favelas, il bairro povero della città, detta anche Cidade de Deus (città di Dio), situata nella zona Ovest.

Secondo l’istituto geografico e statistico brasiliano, attualmente la zona è popolata da circa 60.000 abitanti e più del 23% di questi vive al di sotto della soglia di povertà.

Le favelas sono quel posto in cui un abitante vive costantemente guardandosi le spalle. Oggi ci sei, domani non lo sai. Ogni giorno vissuto è una conquista vera e propria e non è mai possibile dare nulla per scontato.

L’emarginazione regna sovrana, così come la povertà dilagante. Nonostante siano delle vere e proprie città, lo Stato non le ha mai riconosciute tali, e questo ha portato problematiche relative ai servizi minimi che dovrebbero essere garantiti ogni cittadino come l’energia elettrica, l’acqua e le fognature.

Perchè quartiere fantasma? Perchè una grande fetta degli abitanti è considerata un “fantasma civico”: gente che per lo Stato non ha una residenza nè un nome. Gente che lavora, che cerca un punto di riferimento ma che per lo Stato non esiste, che continua a combattere quotidianamente una battaglia già persa in partenza, a ripulire le strade divenute ormai fognature a cielo aperto, poichè non esiste alcun servizio di raccolta dei rifiuti.

Rocinha.

E’ considerata la favela più grande, contando più di 200 mila abitanti e si estende nella zona del lungomare di Copacabana. E’ forse il quartiere con la situazione più tragica, dove le strutture di amianto imperano in una zona dove malattia (tubercolosi, aids) e ratti proliferano di giorno in giorno.

L’analfabetismo regna sovrano, sia a causa della mancanza di infrastrutture dedicate all’istruzione, sia perchè, almeno per quanto riguarda il sesso femminile, spesso si è già madri durante l’adolescenza. Rocinha, infatti, ha un tasso elevatissimo di gravidanze adolescenziali.

Questo rappresenta uno dei problemi più grossi del quartiere, innescando un circolo vizioso: la giovane mamma sa di non poter avere prospettive future, di essere emarginata, abbandonata a se stessa, anche a causa dell’analfabetismo che la porta, nuovamente, a non poter aver alcun tipo di aspettativa.

Le favelas sono teatro quotidiano di scontri tra polizia militare e narcotrafficanti, che gestiscono questi quartieri, spesso facendo vittime anche tra i cittadini innocenti.

La lotta contro l’emarginazione. 

Molte sono le associazioni umanitarie che da anni si impegnano nel ricostruire una dignità umana in questi luoghi dove ogni diritto perde tutto il suo valore. L’obiettivo è soprattutto quello di riuscire a portare una nuova speranza, un desiderio di lottare per creare un futuro diverso, ricco di prospettive ed aspettative non deluse.

Il desiderio è quello di ridurre l’alto tasso di criminalità e la violenza che rappresentano, al momento, due degli aspetti più presenti nella vita delle favelas.

Tra gli obiettivi delle associazioni umanitarie risultano molto importanti quelli volti a costruire zone di aggregazione, biblioteche, a favorire l’inclusione sociale e l’apprendimento, in modo da poter rendere ai minimi termini il fenomeno dell’analfabetismo, curare le malattie che colpiscono i bambini, a causa della scarsa alimentazione, creando anche gruppi promotori dell’educazione alimentare, anche attraverso laboratori.

Tutto ciò che ha valore nella società umana dipende dalle opportunità di progredire che vengono accordate ad ogni individuo. 

Albert Einstein

 

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