Un ritratto di Elio Germano, l’attore italiano più talentuoso della sua generazione
Alcuni di quelli che magari non vanno al cinema e non lo conoscevano ancora, pochi giorni fa hanno potuto finalmente colmare la lacuna, con In arte Nino, film tv Rai sulla tenace scalata al successo di Manfredi. Tutti gli altri, per la grandissima parte, lo ammiravano e lodavano già da un decennio buono. Lui, Elio Germano, è semplicemente, senza timore di smentite, il migliore tra i nostri attori under 40, e uno dei migliori in assoluto.
Trentasette anni appena compiuti, faccia da eterno ragazzo di periferia, romano di Corviale ma orgogliosamente molisano nelle origini. A otto anni è già davanti ad una telecamera per degli spot pubblicitari, a dodici esordisce sul grande schermo con Ci hai rotto papà. Compare poi in diverse fiction televisive e, con ruoli secondari, sempre più spesso al cinema, lavorando con registi come Ettore Scola (Concorrenza sleale, 2001), Emanuele Crialese (Respiro, 2003), Giovanni Veronesi (Che ne sarà di noi, 2004), Gabriele Salvatores (Quo Vadis, Baby, 2005). Dopo aver partecipato a Romanzo criminale di Michele Placido nel 2005 nella parte del Sorcio, due anni dopo sale alla ribalta con Mio fratello è figlio unico, in cui, diretto da Daniele Luchetti, dà vita a un notevole duetto con Riccardo Scamarcio, tra amore/odio fraterno e ideologie politiche. Il romano si aggiudica il primo dei suoi tre David di Donatello al miglior protagonista.
Da lì la carriera di Elio decolla. Si conferma, film dopo film, l’interprete più dotato e versatile della sua generazione, capace di affrontare con eguale credibilità un ampio spettro di registri recitativi. Dal fragile venditore precario Lucio di Tutta la vita davanti (Paolo Virzì) a Giorgio, “bravo ragazzo” inghiottito dai vizi in Il passato è una terra straniera (Daniele Vicari), passando per lo psicolabile Quattro Formaggi di Come Dio Comanda (Gabriele Salvatores), il 2008 è per lui un anno straordinario. La consacrazione definitiva arriva nel 2010, quando torna a collaborare con Luchetti per La nostra vita. L’interpretazione di Claudio, giovane operaio e padre rimasto vedovo, gli vale il Premio per il miglior attore al Festival di Cannes, a pari merito con Javier Bardem, oltre a un nuovo David e un Nastro d’Argento.
Da ricordare successivamente i suoi lavori con Ferzan Ozpetek (Magnifica presenza, 2012), e nuovamente con Vicari (Diaz, 2012) e Veronesi (L’ultima ruota del carro, 2013), prima di quello che, finora, è probabilmente il suo ruolo della vita. Nel 2014 Mario Martone gli affida l’arduo compito di dare volto, corpo e voce a Giacomo Leopardi ne Il giovane favoloso. La prova di Elio è monumentale. Premiato per la terza volta ai David, e a Venezia col Pasinetti, applaudito da pubblico e critica, a questo punto il nostro è oramai nell’Olimpo del cinema tricolore, sebbene incarni per molti versi l’antidivo per eccellenza.
Richiestissimo dai nostri cineasti più importanti, non disdegna collaborazioni con autori emergenti quali Claudio Cupellini (Alaska, 2015) e Pietro Marcello (Bella e perduta, 2015). Come si diceva, è recentissima l’ennesima performance maiuscola. Nel ruolo del giovane Nino Manfredi è impressionante per la meticolosità con la quale ha ricostruito gestualità e mimica del grande attore ciociaro.
De Niro, Al Pacino? Se dovessi prendere uno dei grandi cui ispirarmi direi Tomas Milian, per come è passato dal Monnezza a Antonioni e anche per le distanze che ha saputo prendere dal mondo delle copertine e dei giornali scandalistici. I più grandi sono quelli che non somigliano mai al loro personaggio precedente, come Daniel Day-Lewis. Citerei anche un altro grande di cui si parla pochissimo: Enrico Maria Salerno. (Il Venerdì di Repubblica, 10 agosto 2007)
Definirlo esclusivamente attore è certamente riduttivo. Elio Germano è un vero artista. Consapevole e calato nel suo tempo. Dai tempi del liceo è parte del collettivo rap BESTIERARE, con all’attivo tre dischi. Inoltre, vanta una nutrita teatrografia, anche in veste di regista. Da menzionare il suo impegno civile: sempre in prima linea nelle battaglie per la riappropriazione di quartieri e spazi culturali, oltre che per i diritti di artisti e lavoratori in genere, Elio non ha mai nascosto i suoi ideali sociali e politici.
Al di là dei gusti di ognuno, chi ama il cinema, chi lo vede come arte e strumento, incanto e propulsore di suggestioni altre, difficilmente può restare indifferente dinanzi a questo talento purissimo. Fosse nato nel Queens e si chiamasse Eli Jermain, sarebbe verosimilmente una star di livello mondiale. Ma a noi piace così, e ce lo teniamo stretto.