Inizio del brigantaggio.
Giudicato colpevole, il nostro dovette passare un anno in carcere. Quando uscì, trovò le autorità del paese schierate contro di lui: ogni furto era una sua responsabilità, ogni aggressione portava, secondo loro, la sua firma. Era, insomma, impossibile vivere in pace. Fu a questo punto che Vincenzo abbandonò il suo nome per assumere definitivamente quello di Pacì Paciana, brigante. Per guadagnarsi il pane iniziò a rapire e taglieggiare i maggiorenti della zona.
La valle si spaccò: da un lato il popolo, con cui egli divideva (sicuramente per interesse) i proventi delle sue azioni criminose; dall’altra i signori (i sciori, in dialetto locale) che temevano per la loro sicurezza e il loro denaro. In mezzo, cioè divisi equamente tra i due schieramenti, stavano i preti. Alcuni di loro vedevano il bene che il nostro faceva e come egli si prendesse cura di persone altrimenti destinate a morte certa. Altri sottolineavano che il furto è un peccato. Tra questi spiccava soprattutto il parroco di Sedrina Alta, a cui avrebbe rubato, e diviso con la popolazione affamata, il denaro necessario alla ristrutturazione della chiesa.