La reazione delle autorità e lo scontro in valle.
In breve, tutta la valle era in armi. I due schieramenti combattevano l’uno contro l’altro e Vincenzo era il perno della lotta: come una nuova Elena, la sua consegna avrebbe immediatamente messo fine alle violenze. Ma il popolo non voleva saperne. Ci furono numerosi scontri a fuoco: il Pacì stesso fu accusato di essere l’uccisore materiale di quattro gendarmi e di averne feriti di altri due. La sua banda, beneficiata dall’appoggio della popolazione, sfuggiva continuamente alla cattura. Le autorità cittadine decisero dunque di fargli terra bruciata intorno: chiunque venisse sospettato di aver ospitato o favorito il Pacchiana veniva arrestato e condannato. A lungo andare, la solidarietà del popolo venne scalfita. Alcuni dei compagni del nostro vennero arrestati. A complicare ulteriormente la situazione ci pensò una vipera che, nell’estate del 1806, lo morse ad una gamba. Salvato dall’intervento del fido Nicola, egli non era però in grado di gestire la convalescenza continuando a lottare. Decise dunque di allontanarsi di nuovo, fino alla guarigione. Valicate faticosamente le Orobie, passò in Valtellina e giunse nei pressi di Como.