Salviamo il patrimonio artistico del nostro Paese
Patrimonio artistico e politica.
Siamo vicini alle elezioni. Siamo in piena campagna elettorale.
Molti politici s’impegneranno su vari ambiti d’intervento per poter sistemare meglio l’Italia, la sua amministrazione.
Giornali, telegiornali, talk show da prima serata punteranno l’attenzione su di loro.
Tuttavia un pezzo d’Italia sta cadendo. Nessuno, o pochi ne parlano. Si parla del patrimonio artistico di questo paese.
Due casi mostrano come i soldi vengono utilizzati senza tener conto della salvaguardia della storia e del patrimonio artistico che l’Italia dovrebbe gelosamente conservare per le future generazioni.
Cefalù (Palermo)
Il Cristo Pantocratore, celebre mosaico risalente al 1100 e logo scelto dal papa Benedetto XVI per l’Anno della Fede, ha rischiato di sparire per sempre.
I suoi tasselli caddero come pioggia sull’altare della cattedrale.
Un fatto assai increscioso per un complesso elencato nella lista del Patrimonio dell’Umanità e per la stessa Cefalù.
Subito s’è mossa un azienda di restauro che ha già operato in contesti sacri anche all’estero, ha preservato l’incredibile ciclo musivo ed architettonico della Basilica della Natività di Betlemme (Palestina).
Tuttavia la responsabilità, come affermano in curia, è la mancanza di soldi per la conservazione del sito. Senza i fondi non si può certamente assicurare il futuro della nostra identità nazionale rappresentata da questi capolavori.
Firenze e Parma
E’ di poco fa la notizia che a Firenze un pezzo di pietra della basilica di Santa Croce si è staccato andando a colpire un turista spagnolo in visita al pantheon delle glorie d’Italia, rimanendo ucciso.
E’ intollerabile e vergognosamente scandaloso che la politica italiana non si occupi di quanti altri politici, altri poteri abbiano lasciato sul territorio.
Mi vien da pensare che ormai siano lontani i tempi di Don Camillo e Peppone, di quel campanile reggiano che il prete (Fernandel) ha voluto far riparare dal sindaco (Gino Cervi) per il bene del popolo brescellese racimolando il supporto della pubblica autorità.
Parma stessa vede su di sè questa scelta drammatica con il pericolo al ponte di Casalmaggiore, la cui riapertura è ancora sconosciuta mettendo a rischio il futuro delle aziende sulle rive del Fiume.