Le origini.
Una volta gli Dei erano solo delle pietre sparpagliate nel mondo a indicare un luogo dotato di un particolare mana. I miti con cui li ricordiamo erano ancora di là da venire, così come i poeti e i bardi che li crearono.
In quell’epoca viveva nell’attuale Irlanda un popolo sconosciuto, di cui ignoriamo quasi tutto. Quando arrivarono i Celti, più di seicento anni prima di Cristo, questi aborigeni scomparvero, sconfitti ed assimilati.
Ben presto, nelle leggende gaeliche, si iniziò a ricordarli come genti magiche che, di fronte all’avanzata del nemico, si erano ritirate sotto terra. Dalle profondità ctonie essi uscivano di tanto in tanto per perseguitare i vincitori ed i loro discendenti. Questi esseri leggendari vennero chiamati Tùatha Dè Danann.
Come in tutto il Nord, anche qui le stagioni tendono a polarizzarsi: senza giungere alla totale bipartizione scandinava, anche in Irlanda è facile dividere l’anno in due parti. La prima iniziava a maggio, con la festa di Beltaine, la seconda a fine ottobre, con Samhain. Proprio in questa ricorrrenza, secondo le leggende, i Tùatha uscivano in massa dal loro regno sotterraneo, approfittando nell’incipiente oscurità come viatico per le loro malefatte. Particolarmente colpiti erano gli individui più attivi, che sembravano attirare di più l’attenzione di questi demoni.
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L’interpretazione tradizionale del fenomeno.
Tutto questo concorda con lo schema tradizionale delle società indoeuropee (e non solo): ad una parte dell’anno coincide il principio solare ed uranico, simbolo maschile e spirituale (altrove chiamato yang); all’altra quello ctonio e tellurico, femmineo e sensibile (ying).
Beltaine era l’apoteosi della luce, celebrata attraverso l’accensione di fuochi propiziatori della fertilità dei uomini e dei campi. Si cercava di attingere all’energia positiva del mondo in vista della bella stagione. Ma come in ogni altra civiltà antica, l’equilibrio cosmico (si pensi che la parola greca cosmos indica contemporaneamente il mondo e l’ordine che lo regge) era una delle principali direttive vitali.
Quando parliamo di principio positivo e negativo dobbiamo rappresentarceli come su un piano cartesiano: entrambi sono funzionali al cosmo, semplicemente essi sono opposti. Solo il loro equilibrio permette l’Esistenza. Tanto è vero che al loro progressivo sbilanciamento coincidono le quattro Età (Oro, Argento, Bronzo, Ferro) o Yuga (Satya, Treta, Dvapara, Kali) del progressivo decadimento cosmico che terminanono con la fine dell’universo, cui segue la rinascita (scontata- come nel caso indù- o problematica- nel mondo vikingo è determinata dall’esito della battaglia finale tra gli eroi del Valhalla e i demoni del sottosuolo-).
Così, l’energia in eccesso, non sfruttata durante il periodo consono, diveniva nociva. Rendendo necessaria una purificazione. In altre parole chi fosse stato troppo Vivo nei giorni della morte avrebbe rischiato di alterare l’equilibrio dell’universo, peccando di ciò che i greci chiamavano ubris (tracotanza).
Questa avveniva attraverso influsso opposto, quello di Ying: si riteneva che le forze del sottosuolo (le Erinni nel mondo ellenico, i Tùatha in quelle celtico, i Naga in quello Indù ecc) fossero attirati dalle energie initulizzate, che ,metaforicamente, risplendevano come il sole-Yang durante la notte-Ying.
Questa forma mentis è stata sistematizzata da secoli di leggende (non solo antiche: si pensi a Shakespeare) e contaminata dalla rivoluzione cristiana e dalla sua componente semitica, che nel cristianesimo occidentale è sicuramente più importante che in quello orientale: non a caso il Papa si professa erede di San Pietro, il santo ebreo per eccellenza. Il risultato è l’attuale notte di Halloween: le forze ctonie sono ora rappresentate da Morti, dannati e demoni (si pensi alla Caccia Morta, presente in tutte le realtà ex celtiche dalla Lombardia alla Scozia), cui si oppone, il giorno successivo, il culto dei Defunti (trapassati ma non Morti, giacchè hanno raggiunto la Vita Eterna) redenti e angelici.
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E oggi?
Il complesso è un manifesto della Tradizione europea colta nella sua stratificazione.
Capisco che molti non percepiscano Halloween come autoctona del nostro paese, spesso opponendovi il carnevale e, talvolta, vivendola come un rito pagano e\o satanico, portatore di malvagità. Per costoro ho due obiezioni:
1) come ho già detto sopra, nella mia terra lombarda i racconti dialettali sono ricolmi di reminescenze celtiche, dai folletti, alle streghe, alla Caccia Morta; sottolineo altresì la presenza di numerose cornamuse locali, tutte diverse sia tra di loro sia da quella scozzese, la più famosa delle quali (grazie ad alcuni gruppi metal) è il baghèt bergamasco.
E non dimentichiamoci del Gaì, la lingua dei pastori che è a tutti gli effetti un dialetto gallico (cioè del ceppo dei celti d’oltralpe, ma non di quelli d’oltremanica).
Tutto ciò vale per una buona parte del Nord, ed almeno anche per il Piemonte, la Liguria e la Valle d’Aosta, cioè per circa 17 milioni di italiani (e stiamo tralasciando l’alta Toscana e alcune zone dell’Emilia e del Veneto).
Quasi un terzo della popolazione nazionale. Difficile ridurre il tutto, come spesso accade, ad un’americanata. Al massimo si può discutere del lato consumistico della ricorrenza, ma allora iniziamo parlando del Natale.
2) Per secoli l’opposizione clericale ha rischiato di far si che l’enorme radice culturale di cui al punto 1 fosse perduta. L’esempio più eclatante riguarda quelle cornamuse: avvertite inconsciamente come eredità precristiane, esse sono state raccolte e accomunate dall’infamante epiteto di “sacca del diavolo”. Per secoli è stato proibito il loro utilizzo e la loro memoria è stata tramandata solo dai pastori. Per secoli i preti ci hanno raccontato che il loro suono era foriero di sventura e che avrebbe provocato la Caccia Morta. Oggi in terra orobica esistono un’infinità di bagheter, che vengono impiegati persino nelle veglie natalizie, e non vi è nessuna notizia di demoni scorrazzanti per le nostre valli in dette circostanze.
A parte i milanesi, ma questa è un’altra storia.
Per chi volesse maggiori informazioni:
“Fenomenologia delle religioni” Gerardus van der Leeuw.
“Rivolta contro il Mondo Moderno” Julius Evola.
“La grande Triade” Renè Guenon.