Rishikesh, la meta spirituale di molti pellegrinaggi
Purtroppo non ressi il colpo e al primo impatto con la parte più vera e pura dell’India tradizionale, classica, ebbi un crollo di motivazione, mi resi conto che le nostre abitudini, ciò che per noi è la norma, è talmente distante dallo stile di vita ascetico di un sadhu, che anche se loro ti accolgono con tutta la benevolenza di questo mondo, per spiegarti che la loro scelta è per il bene dello spirito, del pianeta e quant’altro, non si avvicinerà mai nemmeno al turista che va lì apposta per capire questo.
Essi vivono al di là del mondo, al di là delle cose, al di là dell’attaccamento per i beni materiali, a totale contatto con l’anima, in una tenda, in riva al fiume, praticando la via dell’ascesi e della contemplazione.
Forse un prete, dalle nostre parti, potrebbe capire il loro linguaggio e forse chi non ha vissuto tre giorni con i sadhu può capire la similitudine grazie all’esempio di un vero e proprio esercizio sacerdotale.
Così imparai ad uscire dalle mie crisi che mi avrebbero colto durante i miei viaggi in solitaria in giro per il mondo, telefonando a casa. Parlai con mio fratello. Mi sarebbe piaciuto proseguire per il Nepal: il guru mi consigliava di recarmi a Dharamsala località dove risiedeva il Dalai Lama in quel momento, ma quel genio di mio fratello mi dette un consiglio che illuminò il buio che mi ero creato tutto intorno in un crollo di fiducia: vai a Goa.
Goa è una nota meta turistica, ritrovo di numerosi hippy occidentali e sicuramente lì avrei ritrovato la quiete che cercavo.
In fondo non era la quiete che mancava in quell’esperienza, ma davvero il contesto era troppo distante anche da quello che avevo immaginato io.
Fu un’esperienza che nel concreto trascese i nostri canoni di normalità e inoltre non sono mai stato un tipo da montagna, tanto meno da viverla in mezzo agli asceti.
Perciò la meta dell’oceano, decisamente mi allettò molto di più, anche considerando che vengo da una località di mare e al mare ci sono cresciuto.
(continua)