Road to Goa: viaggio in un’India diversa
Mangia la prima bistecca di pesce spada e bevetti una birra rinfrescante, arrivato al primo villaggio goano in sella ad una moto-taxi.
Scelsi un bungalow per trascorrervi la notte e mi trovai decisamente a mio agio, fu per questo che a conti fatti, rimasi lì un mese e mezzo, ma non in quel paesino; in un’altra zona sempre in riva all’oceano.
Il contesto era completamente diverso, io ero da solo e non so se a parte le mie prime due o tre tappe nelle città a nord che ho descritto nei capitoli precedenti, si possa considerare India vera e propria il mio soggiorno goano. Passavo molto tempo negli internet point del posto, per scansionare i miei disegni e metterli su fotolog, o nel mio bungalow ad Anjuna a disegnare. Per il resto del tempo, ero in sella al mio scooter a noleggio, o in giro a dipingere murales sulle spiagge del posto, o a fare il bagno nell’oceano.
La cosa che mi discosta infatti dal pensiero di molte persone circa l’immagine dell’India tradizionale, fatta di meditazione e quiete era proprio quel mio aver trascorso un mese e mezzo nella stessa località di mare, che ha dato il nome ad un intero movimento e genere musicale: quello della goa trance.
Andare ai party la sera era spettacolare, soprattutto quelli che si tenevano in cima alla collina, poi i mercatini fatti dai turisti per altri turisti erano sempre qualcosa di spettacolare, con qualche gruppo musicale che teneva concerti.
Venivamo tutti dallo stesso shock iniziale una volta sbarcati in India e tutti noi occidentali cercavamo un po’ di ritrovarci e ballare probabilmente sugli stessi beat che avevano mosso una generazione dall’occidente all’oriente. Tutti avevamo imparato la stessa lezione, e ce ne tornavamo con la parola d’ordine dei baba: “enjoy”.