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India Express #6- Road to Goa: viaggio in un’India diversa

Il mio primo arrivo a Goa nel 2006

Decido così di seguire il consiglio di mio fratello e di scegliere come direzione Goa: la meta di un viaggio bellissimo che vidi in un video di un sound-system europeo, che scelse di portare la propria musica fino alle rive sud dell’oceano indiano. Quindi qualcosa sapevo già del posto e mi ero fatto un’idea della scena che avrei potuto incontrare in quella zona.

D’obbligo fu un’altra tappa a Nuova Delhi dove trascorsi un’altra notte.

Mi aspettavano 48 ore di treno in sleeping class, cioè due giorni e due notti prima di raggiungere la prima stazione goana, oltretutto fu in quel contesto che ebbi la prima dissenteria, ma sapevo che era normale, dato che bisogna abituarsi all’ambiente, al cibo, alle condizioni e allo stress del viaggio.

Fortunatamente lungo il percorso incontrai un sacco di gente simpatica e un signore che mi curò con un talco mentolato e l’imposizione di alcuni cristalli sul corpo, ma non sapevo se crederci.

Fu tutto molto interessante lungo il tragitto: vedevo scorrere dal finestrino la campagna indiana nella sua vastità e a volte desolazione, abbandono e miseria erano le uniche parole che mi venivano in mente per descrivere quei paesaggi assolati, ma po si arrivava sempre ad una stazione successiva ed altre persone salivano sul treno, i canti nei templi fuori dal treno, i turisti che tentavano di abituarsi a quella situazione, i mendicanti che salivano ad ogni fermata, i venditori di cibo, quelli che ti servivano il chai.

Il senso di tutto ciò fu la differenza esagerata che incontrai fra un contesto di montagna, dove persino gli avvoltoi volavano vicino alle persone, e quei paesaggi marini che rividi per la prima volta appena sceso dal treno, di sera. La giungla aveva iniziato a scorrere accanto ai miei occhi già da Bombay e mi abituavo sempre di più a quel clima.

(continua nella pagina seguente)

Road to Goa: viaggio in un’India diversa

Mangia la prima bistecca di pesce spada e bevetti una birra rinfrescante, arrivato al primo villaggio goano in sella ad una moto-taxi.

Scelsi un bungalow per trascorrervi la notte e mi trovai decisamente a mio agio, fu per questo che a conti fatti, rimasi lì un mese e mezzo, ma non in quel paesino; in un’altra zona sempre in riva all’oceano.

Il contesto era completamente diverso, io ero da solo e non so se a parte le mie prime due o tre tappe nelle città a nord che ho descritto nei capitoli precedenti, si possa considerare India vera e propria il mio soggiorno goano. Passavo molto tempo negli internet point del posto, per scansionare i miei disegni e metterli su fotolog, o nel mio bungalow ad Anjuna a disegnare. Per il resto del tempo, ero in sella al mio scooter a noleggio, o in giro a dipingere murales sulle spiagge del posto, o a fare il bagno nell’oceano.

La cosa che mi discosta infatti dal pensiero di molte persone circa l’immagine dell’India tradizionale, fatta di meditazione e quiete era proprio quel mio aver trascorso un mese e mezzo nella stessa località di mare, che ha dato il nome ad un intero movimento e genere musicale: quello della goa trance.

Andare ai party la sera era spettacolare, soprattutto quelli che si tenevano in cima alla collina, poi i mercatini fatti dai turisti per altri turisti erano sempre qualcosa di spettacolare, con qualche gruppo musicale che teneva concerti.

Venivamo tutti dallo stesso shock iniziale una volta sbarcati in India e tutti noi occidentali cercavamo un po’ di ritrovarci e ballare probabilmente sugli stessi beat che avevano mosso una generazione dall’occidente all’oriente. Tutti avevamo imparato la stessa lezione, e ce ne tornavamo con la parola d’ordine dei baba: “enjoy”.

Road to Goa: viaggio in un’India diversa

Quindi trascorsi la prima notte a Goa, appena arrivato e mi sentii molto rincuorato per tutto quello che mi aspettava: intendo la vita di mare, speravo di riuscire a provare a surfare prima o poi lì da qualche parte, ma ancora no avevo visto niente di quanto appena descritto.

Così la mattina seguente un taxi mi portò ad Anjuna, località in riva all’oceano molto famosa come meta di un intero movimento di hippy che cambiavano vita, località, posto in cui stare e decidevano di mettere su famiglia nell’India del sud.

Era letteralmente pieno di occidentali un po’ in tutti i villaggi lì vicino e la gente del posto era molto ospitale con tutti noi, mangiare e dormire non costavano molto ed era facile trovare un alloggio dove fermarsi anche per diverse notti.

Io mi sistemai in un piccolo resort fatto di un ristorante in canne di bambù sul davanti e diversi bungalow allineati sul retro, che si affacciavano tutti su una corte comune.

Quasi al centro stava la casa del proprietario: Jhon, un pakistano molto eccentrico ed alcolizzato, che mi prese subito in simpatia, ma che purtroppo in seguito si rivelerà uno dei rischi più grossi che ho corso in tutti i miei viaggi.

Ma di questo ne parlerò nella prossima puntata.

SITOGRAFIA:

http://www.goavoyage.in/index.php/en/guide-beaches-goa-india/anjuna-beach/

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