Altre donne di mafia: “madrine” e “supplenti”
Nella società mafiosa, le mogli non sono le uniche : un’ altra tipologia di donna che incontriamo sono le cosiddette «madrine» e «supplenti».
Si tratta di donne deputate non solo all’educazione della prole con ’incitamento alla vendetta, ma a svolgere un ruolo attivo negli affari della propria famiglia.
Questo può riguardare lo svolgimento, in prima persona,di compiti criminali (ad esempio, il traffico e lo spaccio di droga) o il sostegno delle attività delittuose dei congiunti.
In alcune organizzazioni mafiose, questo ruolo della donna viene acquisito si può dire “automaticamente” , nel momento in cui avviene l’unione con un mafioso o, come nel caso delle donne appartenenti a famiglie storiche di Cosa Nostra, se si è nate e cresciute in quell’ambiente.
Da sostenitrici a criminali
Il ruolo attivo della donna mafiosa nella criminalità emerge nel corso degli anni Settanta e Ottanta, con l’entrata delle organizzazioni criminali nel narcotraffico.
Narcotraffico in cui la donna svolge un ruolo chiave di corriere, mascherando l’attività illecita attraverso le forme generose,o la simulazione di gravidanze, e questo favorisce una sorta di “emancipazione sociale”.
Tuttavia non si tratta di un’emancipazione completa, in quanto il potere femminile nella mafia è sempre di natura delegata e temporanea, senza intaccare il sistema fondato sul patriarcato.
Negli ultimi tempi la cronaca parla del ruolo sempre più frequente delle donne nella gestione delle associazioni mafiose, rimpiazzando parenti finiti in cella (padri, mariti, fratelli) e prendendo in mano la gestione delle attività criminali.
(nella pagina seguente…la storia di Giusy Vitale, una delle prime)