Il controllo materno, quello tecnologico
WhatsApp ha sicuramente migliorato la vita di molti. E’ un’applicazione che permette di comunicare senza costi, è veloce, intuitiva e alla portata di tutti. Ma soprattutto, WhatsApp permette di creare chat di gruppo. Che siano di lavoro, per organizzare il pranzo di ferragosto o semplicemente per tenersi sempre in contatto con gli amici.
Prime fra tutte a sfruttare questa nuova frontiera della comunicazione, sono le mamme. Ecco che allora su milioni di smartphone sono nati i gruppi di scuola. Chat di scambio di news sui compiti, scioperi o eventuali gite organizzate. O almeno, questo era l’intento iniziale.
E’ bastato poco, infatti, per trasformare queste chat in infuocati luoghi di accese e spietate discussioni, in cui la gara al figlio migliore è dietro l’angolo. Confronti (che di confronto hanno ben poco) sui risultati delle verifiche, giudizi sul comportamento dei figli degli altri. Un quadro preoccupante, che di pedagogico ha ben poco.
Al centro di questa diatriba spiacevole e decisamente eccessiva, ci sono i figli. Bambini, ma soprattutto adolescenti che si ritrovano ad essere i burattini di un teatrino ridicolo. Questa nuova generazione, è costretta quindi dentro una rete di messaggini pungenti, irrefrenabili. I gruppi WhatsApp, dal loro essere innegabilmente utili, sono diventati deleteri per l’educazione genitoriale.
Un fenomeno, quindi, quello delle chat scolastiche, che non va, di certo ignorato.
Cosa ne pensa la psicologia
Secondo Irene Manduzio, Counselor dell’età evolutiva, i bambini oggi, soffrono di una sindrome di accerchiamento genitoriale. Questa, non li rende autonomi nel loro percorso di crescita. Essi non riescono a arrivare ad una conoscenza indipendente delle proprie capacità. L’interessamento ossessivo da parte delle mamme, porta alla mancanza di un confronto spensierato e costruttivo tra i bambini. Se WhatsApp fosse utilizzato per una collaborazione con la scuola e con gli insegnanti, allora ne potremmo sottolineare l’utilità. Purtroppo, è invece evidente l’uso sconsiderato e bellicoso del mezzo da parte delle mamme. il risultato è dunque quello di una denigrazione dell’istituzione scolastica.
Cosa ne pensa la scuola
Secondo Michela Mazzotta, insegnante di asilo nido, le mamme utilizzano soltanto il virtuale per confrontarsi con le altre madri e con gli insegnanti. Le chat di gruppo su WhatsApp tendono spesso a diventare un mezzo con cui esprimere giudizi sul lavoro degli educatori. Questi gruppi spesso quindi diventano una barriera tra il genitore e di docenti. la fiducia verso questi da parte del genitore è diminuita nel corso del tempo. Dall’altra parte l’insegnante deve guadagnarsi la fiducia del genitore e del bambino, spronando madri e padri ad un confronto diretto. I genitori si rifugiano dietro uno schermo, evitando il confronto visivo. La loro continua ricerca alla perfezione del figlio, in una continua competizione, porta alla visione dell’insegnante come un’ostacolo e non come un’arricchimento.