Negli ultimi giorni ha tenuto banco la vicenda che ha visto come protagonista la pizza Margherita di Carlo Cracco. Il celebre Chef milanese, infatti, ha fatto esordire all’interno del menù del suo nuovo ristorante nel capoluogo lombardo il celebre piatto nazional popolare rivisitato.
Il web, ovviamente, è esploso, scatenando l’ira degli utenti verso il pluripremiato cuoco. Infatti, quel che non si giustifica, a detta degli utenti, è il prezzo della pietanza.
La Margherita di Carlo Cracco, a listino, costa, infatti, ben venti euro. Materie prime di eccezionale qualità, impasti particolari e un servizio degno di un ristorante stellato. Bastano queste premesse a giustificare la tariffa per il piatto?
La Margherita di Carlo Cracco vale 40.000 lire? Un breve salto negli anni ’90.
Chiunque, negli ultimi anni, si è reso conto di quanto il conto della vita sia diventato salato. Spese alimentari e non, serate passate nei locali e uscite tra amici sono diventati un lusso per pochi, mentre la soglia di povertà si è innalzata sino ad includere il 25% degli italiani. Una famiglia povera su quattro: non accadeva dal 1989.
In particolare, ad aver subito il maggior aumento dei prezzi sono proprio i locali più rappresentativi del nostro bel paese. Le pizzerie, per come le ricordo io, un tempo erano un luogo di aggregazione, stracolme dal lunedì alla domenica, con gente che entrava ed usciva alla stessa velocità con cui, oggi, i precari entrano ed escono dai colloqui.
Il costo medio di una Margherita, la regina di tutte le pizze, era di 3.500 lire e, come canta Pezzali, “con un deca” la serata era risolta. Dal 1994 ad oggi, le cose sono decisamente cambiate. È bastato appena un quarto di secolo ad avere un aumento dei prezzi del 500%.
Da 3.500 lire, infatti, il conto della nostra amata Margherita è salito a 15.000, coperto o consegna inclusi. Bibita, forse.
La pizza della nostra infanzia: un sogno ad occhi aperti o un nostalgico ricordo?
Venticinque anni fa, circa, la pizza al sabato sera era equivalente a un rito religioso. Un appuntamento fisso, immancabile come la messa la domenica mattina o Non è la Rai al pomeriggio. Si trascorrevano ore seduti al tavolo, in famiglia o con gli amici, a raccontarsi le avventure di una settimana passata tra motori o pratiche, a commentare l’ennesima vittoria della propria squadra del cuore o ad esaltare il campionato più bello del mondo (chiedere alla “leva calcistica del ’68” per credere).
Non c’erano tablet o cellulari a distrarre dalla conversazione e i bambini erano direttamente coinvolti nei discorsi dei grandi. Altra storia, altro posto, altro bar. Questo scenario era possibile grazie ad un costo della vita decisamente più equilibrato, che permetteva all’italiano medio il lusso di godersi la vita. Una margherita, soprattutto, costava appena duemila euro, non quindicimila lire. Con questa somma ci si portava fuori la morosa al ristorante, era la benzina della vespa per tutto il mese, era l’acconto perfetto per l’intera discografia di David Bowie.
Con quindici mila lire, un ragazzo di vent’anni, uno di noi, aveva praticamente il mondo nella propria mano.
Oggi, invece, 7,50 sono il prezzo medio di una Margherita a domicilio, perché, si sa, con una sola pizza consegnata il costo della consegna aumenta.
Università, kebabbaro e pizza
A 24 anni di distanza dal 1994, le cose sono decisamente cambiate, tristemente in peggio. La pizza, che era il cibo del popolo, è diventato quasi un lusso per pochi eletti. Per giustificare l’enorme aumento dei prezzi, il popolo italico si è fatto infarcire di vocaboli francofoni e sigle vuote, da “gourmet” a “DOP”, passando per “DOC”, “IGP” e chi più ne ha, più ne metta.
Quello che una volta era un simbolo di cultura, “DOC”, oggi è una mozzarella di bufala tirata in testa, con tanto di acqua di conservazione e sacchetto, al consumatore, “costretto” a sborsare prezzi esorbitanti per una qualità relativa o dubbia.
E poi c’è la Margherita di Carlo Cracco
La notizia che ha fatto scalpore in questi giorni, e che ha ispirato un buon 50% di questo articolo, è stata la pizza Margherita di Carlo Cracco nel proprio ristorante. Sedici euro, ben trentaduemila lire, per una focaccia di farina, acqua e lievito sporcata di pomodoro e mozzarella cruda.
Ora, non sarò io a giudicare la qualità di tale prodotto, poiché le mie tasche, al massimo, possono permettersi il succitato kebabbaro, ma sedici euro di Margherita paiono veramente uno sputo in faccia alla povertà, in barba all’impasto multicereale e alla mozzarella che non è nemmeno fior di latte.
Di stellato, alla fine, pare esserci solamente il conto.