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GloryDays Rimini 2018: Intervista al fotografo di Bruce Springsteen

Tra il 23 e il 25 Marzo a Rimini si tiene una celebrazione a più eventi del mito di Bruce Springsteen i “Glory Days”. Per questo centinaia di fan da tutta l’Italia si radunano nella città per assistere a tanti dedicati al musicista del New Jersey.

“Talk About a Dream” direttamente dal testo di Badlands è il titolo di questa 19° edizione ed il sogno comincia con una mostra fotografica a cura di Maurizio Cavallari. Egli è un fotografo appassionato che dal 1981 ha seguito Bruce Springsteen per il mondo assistendo a tanti concerti ed immortalando le emozioni in bellissime cornici e manifesti, per questo finesettimana visibili da tutti gratuitamente presso Biblioteca Gambalunga Rimini.

Proprio tra le immagini di “From the River 1981 To The River 2016” il fotografo Maurizio Cavallari ci racconta della sua passione per il Boss e delle emozioni più uniche che solo un artista come Springsteen può trasmettere.

 

 

“TALK ABOUT A DREAM”, il sogno è centrale nella poetica di B. Springsteen, ma soprattutto un sogno che viene trasmesso dalle sue canzoni. Come è iniziato questo sogno per lei? Come ha conosciuto B. Springsteen?

R. La storia comincia tra il ‘73 e il ‘74, un amico tornò da un viaggio negli Stati Uniti con il secondo disco di Springsteen. Lo ha passato a noi, già appassionati di musica americana ed inglese, e il disco mi ha colpito a tal punto che mi sono procurato il anche il primo.

Ascoltando Bruce e cominciando a capire le sue canzoni mi appassionai alle tematiche più scure dei suoi testi. Da lì in poi la passione è cresciuta tramite i sempre più dischi reperibili, così potevamo sognare sempre di più.

 

Bruce trasmette un America molto diversa da quella trasmessa da Hollywood. Lei come la sentiva?

R. Era l’America dei perdenti, lui non veniva da una famiglia d’elité. Il padre lavorava in fabbrica, la madre faceva la segretaria. Per questo Bruce parlava della gente di tutti i giorni, dei problemi che poteva avere l’America. Negli anni ‘70 l’America aveva dei problemi, ma senza internet la comunicazione con l’occidente era molto minore e si sapeva di meno qui in Europa.

Lei ha scattato innumerevoli foto durante i concerti, come lei capisce quando una foto immortala davvero il sentimento della canzone e dell’artista?

R. Quella è una cosa che si sente a pelle, avevo la macchina fotografica ed attendevo Bruce da tanto tempo. Nell’81 vidi solo un concerto, perciò volevo fare delle belle foto. Sapevo che lui saltava e si arrampicava sulle casse quindi conoscevo già alcuni momenti che volevo sicuramente immortalare.

Per altro ai tempi non c’erano problemi con le macchine fotografiche, entrai e scattai le foto con tranquillità.

Quando mi trovai lì a volte lo stesso Bruce mi guardava come per dirmi “Vai, puoi scattare”.

 

Le foto trasmettono una grande emozione, ma qual’era la sua emozione quando vedeva arrivare il Boss sul palco?

R. Ho ancora il cuore che mi batte. Quando si spensero le luci cominciai a chiedermi se fosse per davvero lui, se sarebbe stato come me lo aspettavo, o se si sarebbe davvero arrampicato sugli amplificatori. Certe cose le si capiscono solamente dal vivo, infatti quando si sono riaccese le luci ed è cominciata la serata è stato bellissimo.

Tutti i concerti che ho assistito sono stati incredibili, sono serate indimenticabili.

I suoi spettacoli potevano durare anche molto tempo, i primi erano divisi in due parti da un’ora e mezza ciascuna. Negli ultimi anni invece ha cominciato a farli durare sempre di più fino ad arrivare alle quattro ore del concerto di Helsinki, l’ultimo del tour del 2013, fu il concerto più lungo della sua storia al quale io, fortunatamente, ero presente.

Furono quattro ore del tutto piene, anche quando suonava le canzoni più tranquille e lente, nonostante le 80000 mila persone, tutto lo stadio era ammutolito, questa è la forza di Springsteen.

 

Andando avanti negli anni, però, si arriva all’11 Settembre 2001. Bruce di fronte alla tragedia si prodiga e compone “The Rising”, Bruce esorta l’America a rialzarsi. Un appassionato come lei come sentì l’artista in questa particolare situazione?

R. Non siamo americani, ma un evento del genere fu di impatto notevole anche su di noi. Springsteen con la sua poesia e le sue canzoni ha composto un disco con delle canzoni bellissime. Certamente non riuscì da solo a risolvere il problema, ma con testi come quelli che solo lui avrebbe potuto comporre ha indicato la via agli americani invitandoli a riprendersi, in fondo non c’era null’altro da fare.

Ringraziamo Maurizio Cavallari per le bellissime parole e per aver aperto la mostra con le sue foto migliori. “From the River 1981 To The River 2016” è la degna apertura della 19° edizione dei Glory Days, che è la degna celebrazione di Bruce Springsteen.

You better listen to me baby 
talk about a dream 
Try to make it real 
you wake up in the night 
With a fear so real 
You spend your life waiting 
For a moment that just don’t come 
Well don’t waste your time waiting

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