Quattro chiacchiere con un (ex) alcolista
Alcol: un “amico” che può fare male.
Cominci con un bicchiere, poi un altro, poi un altro ancora… poi passi a mezza bottiglia, una bottiglia; al bar con gli amici, poi cominci anche ad andare da solo.
Poi lo fai in casa per non farti vedere, per non far vedere agli altri quello che stai passando, perché magari a detta tua non capirebbero, ti giudicherebbero, mentre l’alcol è un “amico” che non parla, ma ti ascolta, non può giudicarti, ma ti fa solo smettere di pensare.
Quante volte si dice “bevo per dimenticare”, “ l’alcol non mi fa pensare ai problemi”: è vero, non fa pensare e rendere conto che è lui stesso il problema.
Un problema che crea intorno a noi una voragine, un tornado nel quale a volte riusciamo a trovare uno spiraglio subito e ad uscirne, altre volte lo facciamo troppo tardi e ne veniamo risucchiati.
Risucchiati in una sorta di “mondo parallelo” fatto, almeno questo è quello che riteniamo noi, di allegria, euforia, dove non ci sono problemi che non si possono risolvere: un piccolo paradiso, insomma, di cui noi siamo padroni.
Un paradiso in cui possono entrare i nostri sogni mai realizzati, le aspirazioni mai raggiunte, escludendo i fallimenti, le delusioni, ma anche le persone che nella dimensione reale della vita quotidiana vogliono aiutarci a guarire, a risolvere i nostri problemi.
Problemi dei quali proprio l“amico liquido silenzioso” può diventare il peggiore.
Un “amico” che a lungo andare può chiederti un favore davvero troppo grande in cambio: la tua vita.
È vero, quello con l’alcol, soprattutto quando raggiunge certi livelli, è un rapporto difficile da troncare, troppo per farlo da soli.
Ma bisogna trovare il coraggio di farlo, avere l’umiltà, che in certi casi non si ha, di farsi aiutare, da medici e dalle persone che ci stanno attorno e che ci vogliono bene.
Farsi aiutare non vuol dire essere deboli, ma più forti.