Una coppia di coniugi dal cognome tristemente noto battezzano il figlio con un nome tristemente noto: è battaglia.
La nostra costituzione, nella XII Disposizione Transitoria, ribadisce il divieto di rifondare il disciolto partito fascista di cui Benito Mussolini fu il capo: da esso nasce il reato apologia di fascismo per una passione subdola del Ventennio.
L’Italia, il 2 giugno 1946, ha scelto la strada della repubblica per non ripetere più gli orribili errori di un regime che ha catturato la monarchia.
Un nome, quello di Mussolini, macchiato del sangue dei caduti, di vittime innocenti e partigiani che, mettendo in gioco la propria vita, hanno portato la democrazia nel nostro Paese.
È una vergognosa offesa, un insulto alla storia sapere che una famiglia parmigiana abbia voluto dare al figlio il nome del leader fascista; sono ora davanti ad un giudice per poter regolare la faccenda del nominativo affidato alla discendenza.
Secondo il Tribunale papà e mamma dovranno cambiare nome al loro bimbo dopo 14 mesi dalla nascita, ma i due coniugi non sembrano intenzionati a cedere, ritenendo quella della scelta del nome per il figlio una decisione intima e familiare.
Il cognome già terribile non necessita di un nome altrettanto crudele: la stessa città di questa famiglia può vantarsi un Royal Baby, Carlo Enrico di Borbone Parma, nato solo due anni fa in una maniera più intima dei suoi coetanei britannici, quasi anonimo.
Nel suo nome la storia della città, come Parma: una città che non si merita un figlio il cui nome evoca il peggio della storia nazionale.
Meglio, appunto, cambiarlo unendo al Mussolini già presente in quanto cognome magari un Winston (come il Churchill britannico che sconfisse l’incubo fascista) o David (in silenziosa memoria delle vittime ebree) o tutti gli altri nomi assai migliori di un obsoleto e nefasto Benito.
A volte la legge, per il bene della nazione, deve saper scavalcare certe idee di famiglia, soprattutto se possono portare a idee così contorte e pericolose.