Infatti, il TG3 Emilia Romagna aveva lanciato un servizio indagine, condotto dall’associazione “Essere Animali” circa le condizioni di alcuni maiali di una stalla immensa, intensiva, dove questi suini non godono di nessuna libertà ed anzi convivono con animali assai nocivi alla loro e nostra salute.
Un allevamento gestito senza la minima considerazione per l’igiene e il mantenimento di questi animali, tutto lascerebbe presupporre che sia caduto in una situazione di degrado, con tanto di discarica.
Una denuncia che si è rivoltata contro la stessa associazione: nel 2017 il video è stato puntualmente censurato dalla Polizia Postale e i post puntualmente rimossi dalla piattaforma.
A marzo di quest’anno è arrivata anche la risposta diretta dell'”accusato”, ossia il Consorzio del Prosciutto di Parma, che l’ha definita una campagna “denigratoria contro il prodotto”.
Una campagna forse voluta dalle associazioni animaliste e dallo stesso programma per andare all’attacco della produzione di carne, soprattutto salumi in questo caso.
Accusano gli allevamenti di danni al clima e alla salute dei consumatori, e la voce sarebbe arrivata persino all’Unione Europea.
Forse non sanno che a pochi km dalla città ducale, vi sono località come Colorno, Polesine, Felino (patria del celebre salame) dove vi sono ancora fattorie nelle quali viene mostrato ai turisti e scolaresche la tradizionale produzione di queste prelibatezze.
Gli allevamenti intensivi sono un danno in quanto un così elevato numero di animali è decisamente incontrollabile.
Bisogna che l’agricoltura, il commercio, promuova la vecchia cara immagine delle fattorie parmensi animate dalla tradizione, cosa assai sconosciuta nelle realtà promosse dalle aziende come quella del servizio.
Prosciutto “crudele” di Parma? No, non esiste.