2001: Odissea nello spazio, dal 1968 non smette di affascinare
Sono passati ben cinquant’anni da allora e 2001: Odissea nello spazio non ha mai smesso di stupire.
Tratto dal romanzo di Arthur C. Clarke, il capolavoro di Kubrick non è soltanto un film di fantascienza, ma una fiaba allegorica sul destino finale dell’uomo, sulle sue origini, al di là delle stelle. Non si tratta di un semplice viaggio inter-planetario, ma di qualcosa di molto più complesso, addirittura metafisico.
Il linguaggio di Kubrick, quello che avrebbe contraddistinto i suoi futuri capolavori, sono racchiusi in questa monumentale opera, grazie al quale il potere dell’immaginazione viene totalmente riscritto, alla luce di una nuova rivoluzione del significato di Superuomo.
Non è lo spazio a essere esplorato ma qualcosa di molto meno fantascientifico: l’uomo, dalla sua creazione alla sua evoluzione massima, l’intelligenza artificiale, rappresentata dal computer HAL 9000. E quel feto che fluttua nello spazio, circondato dall’infinita oscurità, è il Bambino delle Stelle (Star-Child), possibile rimando alle origini extra-terrestri dell’uomo.
Tutto ciò utilizzando la musica colta, sradicata per un attimo dal suo contesto più classico, per diventare il motore di un nuovo linguaggio e di un nuovo significato.
Questo accade per il poema sinfonico di Richard Strauss, che all’epoca del suo esordio, nel 1896, non fu compreso adeguatamente, per diventare molti decenni più tardi, il tema musicale simbolo di una rivoluzione dell’immagine senza precedenti.
Il grande ritorno
In occasione del 50° anniversario, il film di Kubrick ritorna sul grande schermo in una versione restaurata da Christopher Nolan, già presentata al Festival di Cannes, conservando il formato originale in 70 mm, senza scalfire la bellezza di un capolavoro del cinema.
A 50 anni dall’uscita del film, l’attore, che oggi ha 82 anni, è ancora molto legato alla pellicola di Kubrick, come egli stesso ha affermato:
“Ho fatto 30 film, certamente questo è quello con cui mi identificano di più: va bene così, perché, se devo essere associato solo a un film, sarebbe potuta andare peggio!”.
Per Katharina Kubrick, invece è straordinario come i film di suo padre abbiano ispirato altri artisti, da Steven Spielberg a Christopher Nolan:
“I film di Stanley hanno spinto altri registi a essere coraggiosi. Credo sia la cosa più importante“.
La genialità degli effetti speciali
Mezzo secolo fa, in pieno fermento del ‘68 e un anno prima che l’uomo sbarcasse sulla Luna, “2001: Odissea nello Spazio” ha lasciato il segno anche per gli effetti speciali (non digitali).
Kubrick voleva raggiungere un livello di realismo visivo senza precedenti e per questo si è circondato di persone geniali come Douglas Trumbull, considerato un “mago” in quel campo. Non solo.
Il regista ha chiesto l’appoggio tecnico della Nasa, per verificare che ogni dettaglio fosse scientificamente verosimile e approvato dagli esperti, ma gli venne negato.
Proprio per gli effetti speciali, il film ha vinto il suo unico premio Oscar: un riconoscimento assegnato a Kubrick (unica statuetta nominale della sua carriera) e Trumbull. La pellicola era candidata anche per miglior regia, sceneggiatura originale e scenografia.
È l’occasione per rivedere quelle navi spaziali che fluttuano a tempo di valzer; rivivere la visione dell’alba dell’uomo e della scoperta delle armi al suono dell’imponente “Così parlò Zarathustra”; emozionarsi al ritrovamento sulla luna del misterioso monolite che tiene unite tutte le fasi del film: dalla guerra degli ominidi, alla missione verso Giove, al viaggio nello spazio-tempo.
Quando il film uscì, il 2001 era una data che significava futuro; oggi significa passato, ma quel viaggio continua a offrire spettacolo e a suggerire anche alle nuove generazioni domande e interpretazioni sull’uomo che verrà.