Dagli Appennini alle Ande era un capitolo del Libro Cuore. Dalle Murge al Monte Bianco è il triste capitolo dei giovani disoccupati italiani.
Cara Italia,
era davvero da molto che non ti scrivevo ma, come ben sai, sono stato impegnato in alcuni viaggi di lavoro. Più che altro alla ricerca di un lavoro.
Credimi, ci ho messo tutto me stesso nella ricerca, però sono di nuovo qui, a scriverti. Ho viaggiato in questi mesi, ho scoperto alcuni posti meravigliosi che non credevo nemmeno potessero esistere qui nel mio Bel Paese. Perchè, davvero, sei bellissima, sei mia, sei nostra, però proprio oggi ti scrivo con la morte nel cuore. Già, proprio tra una riga e l’altra di questa lettera faccio delle brevi pause per impacchettare i miei vestiti, le mie radici ed i miei sogni. Chissà se il tuo profumo entrerà in valigia per quanto è forte e nostalgico.
Sono nato al Sud, ma questo tu già lo sai, e sai benissimo quale sia la nostra situazione. Circondati da bellezze, da meraviglie incontaminate, pieni di negozietti, di turisti, di cultura, ma non c’è posto per me. In questo anno ho deciso di prendere la mia vita in mano e partire, grazie alla piccola cifra che ho raccolto dai miei cari parenti come regalo di laurea, una laurea che, probabilmente, qui in Italia non sfrutterò mai perchè sono sempre troppo per tutti.
Ma cosa vuol dire questo troppo? Ho conosciuto la cattiveria di molte persone, sono stato rifiutato più e più volte senza nemmeno conoscere il motivo, ma poi ho capito tutto.
L’Italia non gradisce lo spirito d’iniziativa.
Ho partecipato a vari colloqui durante questi ultimi mesi, fiero del mio curriculum ricco e pieno di competenze che verranno via con me. Il sentirmi dire “mamma mia, quante cose che hai fatto nella tua vita, ma ti sei mai divertito?” senza poi ricevere mai un riscontro positivo, ed a volte nemmeno una semplice risposta, non mi permetteranno di pagare l’affitto.
Cara Italia, fai attenzione, che ora ti pare facile fagocitare giovani volenterosi e ricchi, ma poi, questi giovani faranno come me una volta risucchiati di tutte le forze: prenderanno il primo treno e spariranno lontano da te, senza se e senza ma.
L’ultimo colloquio lo ricordo perfettamente, è avvenuto qualche giorno fa, ed era l’ultimo di una serie di colloqui fatti per una azienda che prometteva il tanto agognato tempo indeterminato. E’ stato lui a farmi capire che questo non è il mio posto.
Nella mia vita non mi sono divertito, o comunque, non come avrei potuto o, forse, dovuto. Mi sono laureato, ho vissuto di lavoretti saltuari, lavoretti strani, ho lavato piatti sporchi, pulito stanze d’hotel che, per quanto luride, mi hanno insegnato che i film horror sono l’ultima cosa di cui aver paura, ho consegnato milioni di volantini per le campagne elettorali, sperando ogni volta che qualcuno di nuovo venisse a salvarci.
Perchè a noi giovani è rimasta solo quella: una vana speranza puntualmente delusa. Ho imparato le lingue, ne ho studiate cinque, ho usato i miei risparmi per vivere esperienze “reali” all’estero, così che nessuno avrebbe mai potuto insinuare che io non sapessi sostenere una conversazione in lingua.
Mi sono laureato, come già detto, ho conseguito un master, ho preso corsi di ogni genere, ho lavorato gratis per “limare” le mie competenze… E poi giovedì. Giovedì è stata la goccia.
Dopo aver letto su un famoso sito internet della richiesta di personale per una nota azienda, mi si sono illuminati gli occhi. “Cerchiamo un profilo laureato, con esperienza nel settore, con competenze in disegno tecnico, che conosca le lingue, che riesca a lavorare sotto stress, che abbia voglia di lavorare, che sappia stare al contatto con la clientela, che abbia competenze finanziarie, economiche, sociologiche”.
Sai, quegli annunci che cercano tutto e niente, consci del fatto che una persona “normale” faccia una sola cosa nella propria vita, si specializzi in una sola materia e che non possa mai inviare il curriculum ritrovandosi, poi, dopo qualche mese, gente a lavorare lì che non hanno nemmeno una delle competenze ricercate. Mi chiedo ancora come mai.
Purtroppo per loro, io il mio curriculum ho potuto inviarlo perchè sono laureato in economia, ho un master in gestione delle risorse umane, sono specializzato in economia ed ho studiato le lingue, oltre ad aver lavorato per parecchi mesi in quel settore (seppur gratis). La risposta: immediata.
Dopo tre giorni sono stato chiamato per un colloquio, durante la quale sono stato preso e sviscerato. Ma credo sia normale, è importante conoscere il proprio candidato. Sono così stato ammesso al secondo colloquio, quello serio, in cui ho potuto parlare di me, delle mie aspirazioni, delle mie competenze, della mia voglia di fare e di quanto mi sarebbe piaciuto offrire a questa azienda per contribuire, nel mio piccolo, alla sua crescita.
La gentil signora mi ha subito detto che una persona come me non l’aveva mai incontrata, che avrebbe avuto piacere ad avermi nel team ed, anzi, avrebbe proposto in direttissima un corso di due anni per una carriera manageriale, in fondo le risorse umane servono a quello: ad individuare il valore delle persone. Così sono arrivato al terzo colloquio, a detta loro un “pro forma” che sarebbe terminato con la firma del tanto sudato contratto.
Lì è avvenuto tutto, con il capo supremo. Una persona sadica, assolutamente non intenzionata a proseguire una collaborazione con me perchè “hai troppo, sei ambiziosa, hai troppa voglia di lavorare qui, chissà cosa cerchi. Vuoi il mio posto per caso?”, proponendomi, in ultimo, un completo ribaltamento della medaglia: una sostituzione per la stagione estiva. Perchè io gli potevo servire solo come scarto, non come elemento valido.
Mi dispiace, cara Italia, per quanto io ti ami, ho dovuto rifiutare. Non ho più intenzione di svalutare i miei anni di studio, le mie attitudini e la mia stessa vita, per restare attaccata a me che fai di tutto per mandarmi via.
Lo stesso giorno in cui voi mi avete “offerto gentilmente” un calcio, l’estero mi ha proposto il sogno di una vita, accontentandosi di un solo colloquio e puntando su di me, perchè “sono un elemento valido, da non lasciar scappare”.
Forse mi rimpiangerai, forse non lo farai, probabilmente inizierai a rimpiangere quando vedrai che siamo davvero in tanti a diventare diamanti grezzi da raffinare lontani da te.
Però, io, Italia mia, devo andare, e forse non ci rivedremo più, per risparmiare in parte le amare lacrime che mi scenderanno ogni volta che ti penserò.