I “riders” come essenza dell’economia del lavoretto.
I riders sono quei ragazzi in bicicletta, o in motorino, che scorrazzano per le nostre città portando cibo a domicilio. Sono la quintessenza della cosiddetta “gig-economy”. l’economia del lavoretto.
Questa è un’economia basata su di un impiego temporaneo, con grande flessibilità per quanto riguarda orari e disponibilità, usato quindi da chi vuole arrotondare lo stipendio o da chi magari vuole togliersi qualche sfizio (studenti universitari) senza pesare troppo sulle spalle dei genitori.
Certo poi che, in tempi di crisi, per alcuni diventa la principale fonte di reddito.
Negli ultimi tempi però, i riders, sono finiti al centro di una bufera mediatica chiedendo diritti e tutele propri dei lavori “classici”.
La situazione è, molto in sintesi, la seguente:
- le associazioni di riders chiedono le tutele riservate al lavoratore dipendente;
- le multinazionali del settore non sono d’accordo;
- I tribunali danno, in genere, ragione a queste;
- I politici capiscono che sulla questione si può guadagnare qualche voto.
Diciamo subito che le grandi aziende del settore (Foodora, Deliveroo, Just Eat), possono agire in un vuoto normativo che permette loro di scegliere la forma di retribuzione più idonea alle loro esigenze.
Questo ha portato i riders a chiedere una paga oraria minima, tutela della malattia e ritmi di lavoro meno stressanti. Il tutto condito da scioperi e proteste che hanno anche portato a licenziamenti ed a casi al limite del mobbing.
Per quanto tutto ciò possa sembrare giusto e condivisibile, il rovescio della medaglia esiste.
Il problema fattorini sussiste infatti da molti anni (oggi sono i riders, ieri erano i pony express).
Fermo restando che sull’assicurazione per incidenti e sulla manutenzione dei mezzi, i grandi operatori hanno già preso provvedimenti, rimangono scoperte le questioni salario e turni.
Le questioni principali sono i turni ed i salari
Per ciò che riguarda i turni, c’è poco da dire: essi devono essere presi in accordo con i colleghi ed attraverso le piattaforme.
Per quanto concerne i salari invece, forse non a tutti è chiara la natura di questi lavori.
Dicevamo che erano lavori per arrotondare, per aiutare i più giovani (si stima un’età media di 26 anni) e non concepiti come forma principale di reddito.
Applicare la stessa mentalità che usiamo per il lavoro dipendente ad un lavoro che non è dipendente porterebbe non solo a maggiori diritti ma anche a maggiori doveri (di questi se ne dimenticano sempre tutti).
La flessibilità non potrebbe più essere garantita, ma ci sarebbero orari prestabiliti da rispettare e le assunzioni ovviamente crollerebbero.
L’economia del lavoretto, deve rimanere tale! Deve mantenere la sua natura giovane e deve avere lo scopo di aiutare i giovani.
Non a fare carriera in quel particolare campo (anche se ciò non si può escludere a priori), ma ad essere un poco più intraprendenti e con qualche spicciolo di più in tasca che faccia ripartire i consumi e che dia loro qualche piccola soddisfazione senza l’ausilio di mamma e papà.