Venivamo da esperienze sbagliate, ben lontani dal vederci mai più
ma siamo qua fabbricanti di sogni, il mio inizio sei tu…
(Tosca e Fiorello, Il mio inizio sei tu.)
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“Sulla mia provenienza, non credo sia così difficile da capire. Basta sentirmi parlare due minuti. Per quanto riguarda il perché io mi trovi qui…” feci una pausa e risi “Con tutto il rispetto, ma non lo vado a dire al primo che mi capita di conoscere.”
“Però ci puoi andare a colazione.” ribatté alzando le sopracciglia ed abbozzando un sorriso sghembo, che gli illuminò gli occhi color cacao.
“In una volta ho ottenuto un giro in moto e colazione gratis. Vuoi mettere?”
“Ah, solo questo? E la mia “piacevolissima” compagnia, non la consideri?”
Alzai gli occhi al cielo. Proprio sembrava non conoscere la modestia, cosa che mi faceva storcere il naso non poco. “Mmm” mi passai il mento fra indice e pollice fingendo di rimuginarci su: “Diciamo che ti riconosco il merito di aver saltato la fila.” dissi con uno scherzoso tono da “per gentile concessione”.
“Ok ” sospirò Thomas “Diciamo che me lo faccio bastare.” mi fece verso provando a conservare una parvenza di serietà, senza successo e scoppiando a ridere.
Carino era carino. Fossi stata un altro genere di persona, probabilmente non mi sarei fatta scappare l’occasione. Ma non ero fatta per le storie occasionali o roba simile, e io non sarei rimasta a Pesaro ancora per molto.
“E di te che mi dici?” domandai mangiando l’ultimo boccone del cornetto e finendo la spremuta.
“In teoria vivo a Pesaro, in pratica non proprio.”
“Poco modesto e anche criptico, imu bene” dissi con finta sconsolazione.
“Ha parlato la donna del mistero.” ribattè.
“Ok Mr. Cryptic, magari in un’altra occasione ti dirò qualcosa in più.” dissi senza rendermi conto delle parole appena pronunciate.
Thomas sembrò illuminarsi. “Allora, in fondo la mia compagnia non ti dispiace.”
Aggrottai la fronte, non capendo perché dicesse quelle parole. Sul suo viso spuntò un piccolo sorriso a labbra strette, come se stesse cercando di trattenersi. Si grattò il naso con l’indice e rispose alla mia espressione a punto interrogativo.
“Hai appena detto, seppure non esplicitamente, che ti andrebbe ci rivedessimo.”
Ci misi qualche secondo, ma alla fine mi resi conto della mia frase precedente e mi accesi stile semaforo. A quel punto Thomas non resistette più e scoppiò a ridere. Io, invece, mi accigliai colta inconsapevolmente in flagrante. Quelle parole, per me suonavano come l’inizio della fine.
“Ti ringrazio per la colazione, ma è ora che torni a casa. Avrei del lavoro da sbrigare. Buona giornata.”dissi alzandomi e dirigendomi all’uscita.
“No dai, scusami.” disse nel tentativo di trattenermi, ma io ero già in procinto di mettere piede fuori dal locale. “Alex, aspetta.” gridò, ma io ero già in cammino verso…la fermata dell’autobus? Sinceramente non me lo ricordo di preciso. Ricordo il mio nome dapprima gridato in lontananza, poi sempre più vicino fino a che non vidi Thomas pararmisi di fronte.
“Ok, scusa.” disse fra respiri profondi “Avrei dovuto evitare. Scusami.” Mi scrutava speranzoso in una mia risposta positiva. Io rimasi impassibile con le labbra strette in una linea sottile e l’espressione di chi avrebbe fatto volare una sberla.
“Concedimi almeno di accompagnarti a casa.” disse in tono quasi implorante e porgendomi il casco.
Sbuffai, cercando di far la sostenuta almeno qualche istante ancora. “Ok, puoi lasciarmi a casa. Ma solo perché non ho idea di come tornare e perché è lontano.”
In sella alla moto, una volta indossato il casco, sorrisi.