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Abolizione test d’ingresso a Medicina. E’ veramente utile?

ABOLIZIONE DEL NUMERO CHIUSO DI MEDICINA

Erano in 67mila a provare l’ingresso questo Settembre ma meno di 10mila i posti disponibili. Il test d’ingresso di Medicina è infatti l’incubo di molti ragazzi che decidono il proprio percorso di studi in base all’ingresso o meno nel corso. Chi non entra a Medicina tende a frequentare altri corsi di laurea per convalidare esami nella speranza di riuscire, un giorno, ad entrare nella Facoltà. Gli studenti fanno gli esami in funzione del test, diminuendo la loro soddisfazione e rinviando a data da destinarsi l’inizio dell’unico percorso di studi desiderato. Questo è il motivo che spinge migliaia di studenti a gioire per quanto approvato dal Consiglio dei Ministri.

“Abolizione del numero chiuso nelle Facoltà di Medicina – Si abolisce il numero chiuso nelle Facoltà di Medicina, permettendo così a tutti di poter accedere agli studi.”

E’ questo quanto riportato nel disegno di legge di Bilancio. Il numero aperto a Medicina potrebbe essere il sogno che si avvera per oltre 60mila aspiranti medici. Tuttavia, poco dopo l’uscita della notizia, i ministri Grillo e Bussetti smentiscono l’ipotesi in una nota congiunta, dicendo di voler aumentare gli accessi e i contratti delle borse di studio. In questo modo, secondo i Ministri, si arriverà ad abolire il numero programmato.

Ciò che avrebbe preoccupato il Governo sarebbe la carenza di medici specialisti nelle strutture ospedaliere e nel pronto soccorso. Decine di milioni di persone sono escluse dalle cure mediche per mancanza di medici. La soluzione migliore è l’abolizione del numero chiuso?

Il punto di vista di uno specializzando

Da quello che ho vissuto posso garantire che l’esperienza universitaria è estremamente differente da ciò che può trasparire all’esterno. Tanta, tantissima teoria seguita da pratica pari a zero. E se la teoria viene in parte spiegata con i limiti che un rapporto docenti/studenti 1:180 crea, nella pratica ci si ritrova abbandonati a se stessi nella stragrande maggioranza dei casi. Poiché spesso la maggior parte dei medici universitari che lavorano in ospedale si trovano sommersi da attività di ricerca e assistenza, non poche volte da studenti ci si ritrova assegnati allo specializzando di turno che, quantomeno chiedendoti il nome, ti assegna una identità. Infatti, la storia cambia appena si abbandonano le strutture universitarie. Da tirocinante trovarsi nelle isole di pace ospedaliere fa capire che i numeri piccoli fanno bene all’esperienza, all’animo e alla preparazione. Qui cade il muro delle solennità. Si viene finalmente visti come membri del team e si riesce ad essere coinvolti a 360 gradi nel mondo ospedaliero.

A dirci la sua esperienza è Vincenzo Bentivoglio, neolaureato in Medicina a Bari e presto specializzando in pediatria a Padova, che racconta il suo percorso da studente universitario. E’ stato infatti proprio durante gli anni universitari che Vincenzo ha maturato l’idea di essere a favore del numero programmato. Nel 2014 rilasciava un’intervista per Radio Frequenza Libera in cui rispondeva proprio ad una domanda sui vantaggi e gli svantaggi del numero chiuso.
“Sono i requisiti di sostenibilità dei corsi, necessari per assicurare una didattica qualificata a livello universitario, ad aver indotto al numero chiuso. I sempre minori finanziamenti alle università hanno causato una drastica diminuzione del numero di docenti e di fondi per le attrezzature. In molti casi si tratta di una scelta obbligata fra prevedere il numero chiuso per un corso di studio o disattivarlo per mancanza di requisiti.”

Consigli per il futuro

Per il futuro, nel caso di numero aperto, e quindi di un numero di laureati superiore rispetto ai posti di lavoro effettivi, Vincenzo crede che “due possono essere le conclusioni: spendiamo in Italia per formare cervelli da regalare all’estero, se ci va bene, oppure, e credo perlopiù, spendiamo per formare figure lavorative che vivranno ai margini del mondo del lavoro.” 

La carenza di medici specialisti è dovuta anche al fatto che il concorso di specializzazione post-laurea quest’anno ha dato 7mila borse di specializzazione a fronte dei 16mila partecipanti.  Questo dimostra che i medici ci sono, ma mancano i fondi per le specializzazioni. Aumentare il  numero degli iscritti al Corso di Laurea di Medicina quindi non risolverebbe il problema enunciato dai Ministri, piuttosto l’aumento di borse della specializzazione permetterebbe a sempre più medici di poter continuare il proprio percorso di formazione e lavorare per la sanità pubblica.

 

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