Sono le note dell’Inno d’Italia ad aprire l’incontro che si è tenuto ieri a Torino, presso L’Arsenale della Pace, tra il Presidente della Repubblica Italiana Sergio Mattarella e una sala stracolma di giovani.
L’Arsenale della Pace è una delle sedi del Sermig, Servizio Missionario Giovani.
Si tratta di una realtà nata nel 1983 da un’idea di Ernesto Olivero, che, insieme a un “pugno di giovani”, ha deciso di trasformare un vecchio arsenale militare della Prima Guerra Mondiale, luogo di costruzione di armi, in un luogo di pace. L’Arsenale si presenta come un “monastero metropolitano” aperto al mondo, all’accoglienza delle persone in difficoltà e ai giovani che vogliano dare un senso alla propria vita. Un luogo, quindi, di incontro, idee, cultura, formazione e dialogo.
E proprio di dialogo bisognerebbe parlare, per descrivere l’incontro di ieri con il Presidente, nel nome della pace, dell’accoglienza e del bene comune.
“Buongiorno presidente, mi chiamo Elias, sono nato a Torino e i miei genitori sono marocchini. È la terza volta che ci incontriamo […] e grazie alla sua amicizia noi bambini ci stiamo impegnando per far vincere la pace e i sorrisi. Che consiglio ci può dare?”
Sono i bambini a dare avvio al dialogo, con questa domanda. Per rispondere, il Presidente parla di amicizia, della sua importanza. E poi propone ai bambini di riflettere sul come si possa accrescere il numero e la forza delle amicizie di ciascuno; tante amicizie nel mondo e nella società, dice, rendono migliore la vita in quanto aumentano l’aiuto reciproco.
La seconda domanda viene da Deborah, nata a Torino da genitori ghanesi. “La guerra è tanto triste” dice “Io conosco un bambino che è appena arrivato dalla Siria. La sua casa è stata distrutta da una bomba, e suo padre è morto. Ha tanta paura, e ogni volta che sente parlare della guerra scappa via dalla classe.” “Cosa possiamo fare?” conclude la bambina. “Come mai anche se i bambini stanno così male, i grandi non capiscono?”
“Con questa domanda hai dipinto bene l’atrocità della guerra” le risponde Mattarella, e parla di ingiustizia, di disumanità, di tracce indelebili e di aiuto per guarire le ferite dei conflitti. “La guerra è irrazionale” dice il Presidente “Non ha una ragione”, ma la nascita dei conflitti viene ricondotta a barriere che nascono nel mondo degli adulti, figlie di pregiudizi e ostilità preconcetta.
“Io credo che bisogna aiutare anche i grandi a capire l’irrazionalità di questi atteggiamenti, bisogna abbattere queste barriere. E voi bambini dovete stare attenti, crescendo, a mantenere questa indignazione, questo stupore indignato nei confronti della guerra.”
questo, secondo Mattarella, si può realizzare soltanto mantenendo vivi l’amicizia e l’aiuto reciproco, anziché il dominio sugli altri.
“E voi saprete farlo ragazzi, ne sono convinto.”
“Purtroppo viviamo in un tempo dove i toni sono sopra le righe e le idee sono urlate. Come, secondo lei si può portare un tono di sobrietà nel dialogo e nel dibattito pubblico?” viene chiesto al Presidente, quando la parola passa agli adolescenti.
L’attenzione viene posta nuovamente sull’amicizia, come primo importante valore. “Nelle relazioni” dice Mattarella “c’è sempre un bivio”: o si scelgono la disponibilità, l’arricchimento, l’aiuto, il crescere insieme, oppure la competizione e la prevaricazione. Questa scelta, secondo Mattarella, compete sia alla coscienza di ciascuno che alle collettività. Scegliere in positivo, dice “Non è un sogno, ma una reale possibilità concreta. Io sono convinto che insistendo con queste invocazioni si riesce a far breccia anche negli animi più restii […] e voi, ripeto, potete farlo.”
“Come si costruisce il bene comune, e cosa si aspetta lei da noi?” chiede poi una ragazza di Bergamo, accennando al Mondiale dei Giovani della Pace, che dopo la tappa di Padova di due anni fa si terrà proprio a Bergamo il prossimo 11 maggio.
Il Presidente rimanda, per rispondere, alla parole dette dal fondatore del Sermig, Ernesto Olivero: “Qui i bambini non giocano a fare la guerra, ma a fare la pace.”. Scegliere la pace fin da bambini non è da poco, perché è un modo di cambiare la mentalità dell’età adulta. “C’è un’altra cosa che vorrei sottolineare” dice poi, riferendosi ad un detto degli antichi romani: se vuoi la pace prepara la guerra; “Noi dobbiamo capovolgere quel detto antico: se vuoi la pace la devi preparare, come voi fate.”
Sottolinea poi come costruire la pace non sia necessariamente difficile, perché c’è, oggi, maggiore consapevolezza della libertà dei diritti delle persone e dei popoli. Si tratta si un processo quotidiano che si può e si deve fare smettendo di pensare in termini di guerra e diffondendo una mentalità di pace.
Tocca infine anche agli adulti, ai “grandi”, fare una domanda. Si parla di Unione Europea, come figlia di un’umanità che “sembrava non aver imparato nulla dalla storia”. E se in Europa pare prevalere la pace, in tante parti del mondo ancora sopravvive e miete vittime, la guerra. “Che cosa possiamo imparare dalla storia, e soprattutto che esempio possiamo dare ai nostri figli e ai più piccoli?”
“È una domanda impegnativa” risponde in Presidente, raccontando della Prima e della Seconda Guerra Mondiale, e poi di Unione Europea come di una “svolta”, di un tentativo di “voltare pagina” per “mettere insieme il futuro e creare prospettive comuni di condivisione”. Ne parla come di un capovolgimento di rapporti per cui sono bastate intuizione e buona volontà, e come un realtà che, seppur criticata da qualcuno in Europa, è vista da tanti altri paesi come un esempio da cui trarre spunto.
Le collaborazioni iniziano a nascere ovunque e la speranza, secondo il Presidente, è che si prosegua su questa strada, “senza pensare al ritorno di nazionalismi che fanno tornare indietro la storia e i rapporti fra i popoli.” Le premesse per un mondo migliore, secondo il presidente, ci sono.
L’incontro continua con alcuni momenti di canto e di festa.
I bambini consegnano al Presidente la cittadinanza onoraria della città di “Felicizia”, la città dei bambini dove tra le leggi ci sono esempi di integrazione, bontà e pace, come “Tutti devono volersi bene” o “Tutti, ma proprio tutti, devono mangiare”.
Il Presidente ringrazia i bambini, e augura a tutti che le leggi di “Felicizia” diventino esempio e si diffondano nel mondo. A Mattarella viene anche consegnata la carta delle generazioni, nata con la volontà di favorire il dialogo fra generazioni. C’è fiducia, nelle parole dal tono pacato del Presidente, fiducia verso le esperienze positive del Sermig, di altre realtà e dei giovani che scelgono di crederci, di impegnarsi, di provarci.
“Non demordete mai, non rinunciate mai, insistete: questa è un’indicazione che date agli adulti. Insistete: alla fine si convinceranno.”