Le mamme e i social come strumento di denuncia e veicolo di solidarietà.
Si parla spesso dei rischi della rete e dei social e del rischio dipendenza di cui nemmeno le mamme sono immuni.
Le mamme in rete leggono, si incontrano, si confrontano, si distraggono.
E si sfogano. Spesso per difendere i figli da ingiustizie sociali o solo per accendere i riflettori su tematiche importanti.
Come succede a Bergamo:una donna si scontra con il lato peggiore dell’adolescenza per strada ed incontra la solidarietà sui social.
Due ragazze-probabilmente mamme nel futuro-ridono a crepapelle di un ragazzino diversamente abile.
E di due ragazze che, forse, hanno ancora più bisogno dei genitori di quanta ne abbia una persona con deficit fisici.
Ed è agli adulti che in particolar modo è indirizzato il post.
In questa piazza virtuale a cui tutti hanno accesso, le parole di rabbia ed amarezza scritte per sensibilizzare “i grandi”, arrivano a chi in quelle parole si ritrova, a chi è vittima e, chissà, magari anche a qualche bullo che avrà l’occasione per riflettere.
È il lato migliore del social, uno dei suoi obiettivi dichiarati:creare una rete sociale basata su interessi comuni.
E riflettere, osservare e lottare contro la violenza gratuita e deleteria è interesse di tanti. Per fortuna.
Ne è nata una pagina Facebook che promuove attività e iniziative contro uno dei mali di una parte della società che può e deve cambiare: il bullismo.
E se colpiscono per la saggezza, sanno un pò di resa.
In una di queste piazze, YouTube, è scesa una mamma di Formigine per raccontare due anni di soprusi subiti a scuola dal figlio, il luogo delegato ad educare al rispetto delle differenze purtroppo sottovalutate da insegnanti e dirigente.
Segni evidenti sul corpo suffragati da certificati medici e culminati con la rottura di una caviglia. Per due dei suoi 8 anni di soprusi e vessazioni.
Forse anche grazie al video?
E se in queste storie, anche grazie ai social, due bambini hanno ritrovato il sorriso c’è una mamma che il sorriso di suo figlio non lo rivedrà più.
Non può più difendere il figlio, ma può proteggerne il ricordo che rischia di essere macchiato dai commenti social di chi non rispetta nemmeno la morte.
Chiede di non giudicare un ragazzo di cui in fondo sappiamo poco: un padre, un fratello, un figlio.
E lo chiede proprio su Facebook. Perché la sua richiesta di rispettare chi non c’è più arrivi anche alla stampa e alla televisione.
Il web, questo mondo virtuale che purtroppo non è regolato dalle leggi di quello reale,offre la possibilità di aggregarsi, nel bene e nel male.
Come nel mondo reale, il popolo della rete non è uniforme.
Come nel mondo reale le mamme difendono i figli.
Dalla e attraverso la rete.