Luigi Tenco nasce a Cassine il 21 marzo 1938. Passato tristemente agli onori della cronaca a causa della sua morte violenta, è un grande precursore dei tempi, anticipa temi e istanze che troveranno terreno fertile dopo la sua morte. Tenco si muove anche nel campo della tradizione filosofico-letteraria attraverso il tema del tempo.
In anni in cui in cima alle hit parade ci sono le canzonette, Luigi Tenco è fuori posto. Nonostante ciò, non si arrende, dona al pubblico italiano tutta la sua capacità di scrittura e la sua voce simile al riff di un sax.
Luigi Tenco è fuori dal coro, condanna l’ipocrisia del suo tempo, esaspera in maniera canzonatoria gli atteggiamenti altrui, ritrae la società consumistica e lo fa con svelta ironia.
Ma si distingue soprattutto per la sua formazione filosofico-letteraria che si innesta nelle sue canzoni, dando vita a vere poesie. In tal senso, il tema più ricorrente è quello del tempo, una riflessione condotta da Tenco in chiave etica ed esistenzialista.
Luigi Tenco e il tempo sospeso dei campi
“Ciao, amore, ciao”, canzone non particolarmente amata da Tenco, ci riporta in un’atmosfera sospesa. I campi da arare, la solita strada da percorrere, lo sguardo rivolto al cielo per scoprire se pioverà. Poi, improvvisamente, l’addio a quel luogo dell’infanzia. Ci si getta d’un tratto per le strade delle grandi città, “grige come il fumo”. Immagini di bianco pallido e di grigio squallido si smuovono nella nostra mente, mentre la voce di Tenco intona le note.
Un’atmosfera rarefatta, la descrizione di un luogo natio sospeso nel tempo, incontaminato e lontano dal marciume della quotidianità della città. Ci sembra quasi di essere catapultati nella poesia “I mari del sud” di Cesare Pavese .Quel Cesare Pavese tanto amato da Tenco, al punto da portare sempre con sé un suo scritto. E proprio come nel componimento dello scrittore, l’immagine dei campi si impone in un tempo sospeso nei ricordi, il tempo della produzione immaginifica. Il tempo di un mondo ormai inafferrabile. Il tempo di un mondo dal quale si è ormai esclusi.
Vedrai vedrai, vedrai che cambierà…
Vedrai che cambierà
Forse non sarà domani
Ma un bel giorno cambierà
Vedrai, vedrai
No, non son finito sai
Non so dirti come e quando
Ma un bel giorno cambierà.
Queste è uno stralcio del testo di “Vedrai, vedrai“. Forse una delle canzoni più note di Tenco, “Vedrai, vedrai”, ci porta nella mente di un giovane. Un giovane ferito, deluso e amareggiato. Un uomo arrabbiato perché non riesce a raggiungere gli obiettivi prefissati, incerto. Un amante desideroso di regalare all’amata il futuro progettato. Un sognatore, quello di questa canzone, che fa i conti con il mondo degli adulti e con le speranze dissolte. Un ragazzo che potrebbe essere ognuno di noi. Un protagonista che non si da per vinto e crede che riuscirà, un giorno, a farcela.
Un testo universale che dà modo a ognuno di rispecchiarsi in esso.
Il tempo della speranza è un tempo ignoto, non si comprende se sia vicino o lontano. Eppure, questo è un tempo particolare, dovrà prima o poi piegarsi al volere e all’impegno umano.” Non so dirti come e quando/Ma un bel giorno cambierà.” Questa la frase di un uomo che ha fede in sé, che, pur rendendosi conto dell’imprevedibilità della vita, sa di poter avere in mano il destino, prima o poi.
Un giorno dopo l’altro e quella somiglianza con Verrà la morte e avrà i tuoi occhi di Pavese
Il tempo della disillusione presente in “Un giorno dopo l’altro“, sembra quasi in netto contrasto con quanto detto prima.
La presenza della morte qui è incombente e ti abbraccia quotidianamente e non lascia speranza. “Un giorno dopo l’altro/La vita se ne va.”La vita sfugge, è caduca. Noi umani siamo inermi di fronte a tutto ciò. L’umano può solamente scendere muto nel gorgo della morte di pavesiana memoria e lasciare alle spalle la nave che salpa dal porto, come accade nella canzone.
La speranza viene ormai avvertita come abitudine, è il tutto ma allo stesso tempo è il nulla. Un’atmosfera dolcemente triste e cupa in “Un giorno dopo l’altro” così come in “Verrà la morte e avrà i tuoi occhi”.Una verità dolcemente scomoda e incomprensibile quella della morte mietitrice e muta che ti attende e non ti lascia via di fuga.
Il tempo della malinconia
“Lontano lontano” e “Il tempo passò” non goderono dello stesso successo, sebbene siano legate da uno sguardo poetico estremamente malinconico.
La prima,è apparentemente una canzone dell’amor perduto, e perciò maggiormente apprezzata dal pubblico, la seconda, è riflessione più ampia sullo scorrere inesorabile del tempo.
Entrambe, però, ci rivelano un Luigi Tenco malinconico, attaccato al passato, agli affetti che ne hanno fatto parte e dai quali risulta difficile slegarsi.
“Lontano lontano” rievoca la figura della donna amata, ormai sfuggita dalle mani del cantautore, e che rivive attraverso l’espressione e le labbra di un altro, l’amore provato per Luigi. Un Tenco, questo, quasi compiaciuto della malinconia dell’ex, di quel filo inspiegabilmente indistruttibile che la lega a lui, anche da lontano. Un uomo che, senza rendersene conto, ripiomba nel passato attraverso la malinconia, mascherata dal cinismo con cui parla di lei e del suo sovrapporre lui a una nuova fiamma.
“Il tempo passò” è la riflessione di un uomo più maturo, che fa i conti con sè stesso e inizia a farli anche con la vita. I giochi, le filastrocche, gli sguardi timidi e furtivi, il volto della donna della vita, tutto è scalfito dall’incedere del tempo. Un tempo a cui non si sfugge e che non fa distinzioni di sorta. Un tempo del ricordo e di un tuffo al cuore.
Autore: Rosaria Scialpi