Si celebra ogni 21 marzo la Giornata della Memoria e dell’Impegno in ricordo delle vittime innocenti delle mafie.

Quest’anno la manifestazione principale si è tenuta a Padova e in piazza sono scese 50000 persone, secondo le prime stime.

Istituita nel 1996 da Libera, l’iniziativa nasce dal dolore di una madre che per anni ha cercato invano la memoria del figlio tra le istituzioni e le persone.

Sul sito di Libera si legge la sua storia:

Una giornata estiva. Il sole splende sulla autostrada tra Punta Raisi e Palermo. Magistrati, rappresentanti delle istituzioni e delle forze di polizia, cittadini e studenti commemorano il primo anniversario della strage di Capaci. C’è anche don Luigi Ciotti sul luogo del dolore. Prega, in silenzio. Quando, all’improvviso, si avvicina una donna minuta: si chiama Carmela, è vestita di nero e piange. La donna prende le mani di don Luigi e gli dice: «Sono la mamma di Antonino Montinaro, il caposcorta di Giovanni Falcone. Perché il nome di mio figlio non lo dicono mai? È morto come gli altri». Soffre, Carmela: in quel primo anniversario della strage la memoria di suo figlio Antonio, e dei suoi colleghi Rocco e Vito, veniva liquidata sotto l’espressione “i ragazzi della scorta”.

Da questo grido di identità negata nasce, il 21 marzo, primo giorno di primavera, la Giornata della memoria e dell’impegno in ricordo delle vittime innocenti delle mafie. Nasce dal dolore di una mamma che ha perso il figlio nella strage di Capaci e non sente pronunciare da nessuno il suo nome. Nessuno. Un dolore che diventa insopportabile se alla vittima viene negato anche il diritto di essere ricordata con il proprio nome.

Così, ogni anno da allora, in città italiana sempre diversa si manifesta contro le mafie e in memoria delle vittime.

Durante la giornata viene letta una lunga lista di nomi.

Sono i nomi di tutte le vittime di mafia, e sono centinaia. La prima vittima ricordata, in ordine cronologico, è Giorgio Verdura, ucciso nel palermitano il 7 maggio 1879. L’ultima Mbeke Romanus, ucciso a Foggia il 6 agosto 2018. In mezzo ci sono tutti i grandi nomi, Giovanni Falcone, Paolo Borsellino, Peppino Impastato, Don Pino Puglisi, Giuseppe Fava, ad esempio, ma anche i nomi di tutte le vittime accidentali, inconsapevoli, innocenti, sconosciute. C’è Jan Kuciak, giornalista investigativo polacco, Genny Cesarano, ucciso per errore, Antonio Petito, ucciso dopo una lite, e tanti, tantissimi altri. Ogni nome racchiude una storia e ogni 21 marzo, con questo lungo elenco, le loro storie vogliono essere ricordate.

Sono tante le voci che hanno parlato oggi, a Padova e in altre città d’Italia, dove si sono svolte manifestazioni di natura locale.

Don Ciotti ad esempio, presidente di Libera, già ieri sera era intervenuto.

Nel suo discorso ha ricordato che in Italia circa l’80% dei delitti di mafia rimangono irrisolti, e che i famigliari delle vittime scendono in piazza sia per ricordare che per chiedere giustizia. Ha anche ricordato che oggi le mafie fanno meno clamore perché “i mafiosi sono diventati investitori” e la mafia è diventata imprenditoriale, si è insediata nel tessuto sociale senza trovare opposizione. Anche oggi, durante la manifestazione, ha ribadito il concetto. Queste le sue parole:

Le mafie sono presenti in tutto il territorio nazionale, come dice il rapporto che è stato fatto dal parlamento. Si sono rese più flessibili e reticolate, sono loro che fanno rete e crescono nelle alleanze. Soprattutto – ha aggiunto – sono diventate imprenditori e imprenditrici. Non possiamo dimenticare questa area grigia di commistione tra legale e illegale.

È proprio don Ciotti a concludere la manifestazione, identificando il filo sottile che corre tra l’omertà mafiosa e altri eventi che segnano la nostra quotidianità:

È da 163 anni che parliamo di mafie. Non è possibile. Non è possibile in un paese civile che l’80 per cento dei familiari delle vittime non conosce la verità o la conosce solo in parte. Abbiamo bisogno della verità su Giulio Regeni e Ilaria Alpi e abbiamo bisogno di notizie su Padre Dell’Oglio e Silvia Romano. Sto con la nave Mediterranea che salva le vite e sto con Roberto Saviano che scrive parole graffianti. Gli immigrati sono rappresentati come nemici e usurpatori fingendo di non sapere che è il sistema economico dell’occidente che ha depredato intere zone del mondo costringendoli a lasciare le loro terre i loro affetti. No alla gestione repressiva dei migranti, no all’attacco dei diritti umani. Le leggi devono tutelare i diritti non il potere.

Parla di leggi forti e categoriche, Don Ciotti, ma ricorda anche che “ci vuole una risposta di cittadini responsabili che si assumano la loro parte di responsabilità. La democrazia chiede a ciascuno di noi di fare la sua parte.”

Anche il presidente della Repubblica Sergio Mattarella ha mandato il suo messaggio.

Ha voluto, in particolare, appellarsi alle responsabilità dei singoli cittadini.

“Vogliamo liberare la società dalle mafie. È un traguardo doveroso e possibile, che richiede a tutti impegno, coerenza, piena coscienza delle nostre responsabilità di cittadini”

La referente di Libera Piemonte, Maria Josè Fava, invece, invita a “tenere alta la voce, perché le mafie hanno paura del rumore”. 

Ricordo e impegno, dunque, sono le parole chiave di questa giornata: in fondo, sono proprio quelle che si ritrovano nel nome scelto per la ricorrenza.

 

Fonti: Libera, Repubblica, Rainews

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