L’ondata di perbenismo che sta travolgendo la cultura occidentale da qualche decennio a questa parte, sebbene con le sue ipocrisie e contraddizioni, ha portato fortunatamente una progressiva accettazione della natura poliedrica della sessualità.
Come abbiamo visto nell’articolo della scorsa settimana, gli studi di Kinsey ci hanno suggerito che definire una persona strettamente eterosessuale o unicamente omosessuale è limitante e che l’attrazione è una variabile che cambia involontariamente nel tempo secondo spazio e cultura di riferimento.
Oggi, seppur con grande difficoltà, stiamo cominciando ad accettare questo assioma e ad ampliare il nostro vocabolario aggiungendo definizioni sempre più inclusive. Basti pensare che gli orientamenti sessuali attualmente riconosciuti sono più di trenta e che non si tratta di una lista chiusa ma in fase di completamento.
Sebbene ormai ci siano definizioni come eterosessualità e omosessualità che sono universalmente intese (ma ancora tabú, purtroppo) esistono altri termini ancora troppo sconosciuti alla maggioranza. Questo è il caso del termine pansessualitá, una parola il cui significato è cambiato nel corso del tempo e che, proprio per la sua natura relativamente giovane, è poco nota soprattutto alla Generazione X*.
Il termine pansessuale nasce, inizialmente, dagli studi Freudiani sulla sessualità infantile. È infatti così che l’inventore della psicanalisi definisce il principio secondo cui il sesso stia, fin dalla nascita, alla base di qualsiasi relazione umana. A partire dalla seconda metà del ´900 pansessuale inizia ad essere, invece, utilizzato come definizione dell’orientamento sessuale di coloro che si sentono attratti potenzialmente da tutti i generi, quindi binari e non binari, indipendentemente dal loro orientamento o sesso biologico. Proprio come qualsiasi orientamento, la pansessualitá non é una scelta sebbene ultimamente sia stata percepita come una delle tante mode di “Hollywood”. Sono, infatti, molte le star del grande schermo e del panorama musicale internazionale che hanno dichiarato di sentirsi tali e che hanno fatto molto parlare di sé( per esempio Miley Cyrus, Billie Joe Armstrong, Lily Rose Depp).
Intorno a questo termine c’è molta ignoranza. Non é raro, infatti, che venga accostata alle parafilie (quindi ai disturbi psichici come zoofilia, pedofilia, necrofilia ecc…). Inoltre spesso si ignora che la persona che si definisce pansessuale non sia tenuta necessariamente ad avere relazioni e rapporti con chiunque. Molto spesso poi la pansessualitá viene confusa con la bisessualitá o con la polisessualitá. Per capire dove stia la grande differenza basta fare riferimento alle radici greche dei termini. Mentre nella parola pansessuale troviamo “pan” che significa “tutto”, in bisessuale abbiamo “Bi” ovvero “due” e, infine, in polisessuale “poli” quindi “molti. La bisessualitá è quindi l’attrazione verso due generi mentre la polisessualitá è l’attrazione verso molti generi.
Icona del movimento gay, personaggio controverso e difficilmente decifrabile, Mario Mieli, parla per la prima volta del concetto di pansessualitá nel 1977 nella sua opera Elementi di critica omosessuale, un ampliamento della sua tesi di laurea di filosofia morale. Uno tra i tanti elementi che rendono particolarmente interessante lo studio di Mieli è la teoria secondo la quale alla nascita siamo tutti esseri eroticamente polimorfi, e quindi predisposti a molteplici tendenze dell´eros, plasmati in età adulta dalla cosiddetta “educastrazione” che ci priva dell’ermafroditismo originale inibendo la vera natura umana. L’eterosessualità non sarebbe, dunque, altro che un prodotto storico, il risultato della privazione dell’istinto da parte dell´uomo nei confronti della sua stessa specie.
Che si sia d’accordo o meno, che ci si ritrovi o no nella definizione, é davvero interessante notare come lentamente si stiano sgretolando i paradigmi millenari che fino ad un decennio fa sembravano insormontabili. Ed é un peccato non riuscire neanche ad immaginare quale sia il prossimo.
Autrice: Morgana Meli