Sorride, Erika.
Un sorriso contagioso, che parte dagli occhi e illumina tutto quello che le sta intorno.
E’ preoccupata, perché è la prima volta che parla apertamente di tutta la sua esperienza, e non vuole cadere nei soliti cliché, non vuole fare errori.
Ma quel sorriso dice già tutto, come può essere banale? Come può essere un cliché?
Erika è una combattente, una guerriera. La sua battaglia, lei deve vincerla ogni giorno, un giorno dopo l’altro.
Perché, come dice lei, tumore è una parola brutta, una parola che spaventa, qualcosa che vorresti non capitasse mai a te ed ai tuoi cari.
Ma capita. E spesso, anche.
Si stima infatti che in Italia vi siano in un anno 373.300 nuove diagnosi di tumore.
E una cura universale, ancora non esiste. Per questo la prevenzione resta fondamentale.
Questa è la storia di Erika, una storia commovente, certo, spaventosa anche, ma soprattutto è la storia di una Donna coraggiosa. Forte. Vittoriosa.
Che possa essere di ispirazione a tutte voi, com’è stato per me.
Parlami un po’ di te: chi è Erika, da dove viene, cosa fa nella vita?
Ho 40 anni e vivo a Roma da dieci anni, ma sono nata e vissuta nei dintorni delle colline del Monte Conero, nelle Marche.
Mi sono laureata a Forlì indagando sulle politiche dei paesi in via di sviluppo del sud del mondo, ed ho perfezionato con un Master gli studi sui fenomeni migratori e le trasformazioni sociali.
Ho profondamente a cuore coloro che abbandonano la propria terra, le proprie radici, per cercare fortuna, lavoro, una vita migliore altrove: infatti lavoro per il patronato di un sindacato in materia di migranti, sia stranieri in Italia che italiani all’estero.
Sono innamorata da ormai vent’anni dello stesso uomo. E’ la cosa migliore che mi sia capitata.
I miei altri grandi amori sono i miei bambini, Gabriele e Vincenzo.
Il primo, Gabriele, l’ho tenuto al seno per ben tre anni. Un legame forte, forse troppo secondo alcuni, eppure nonostante il suo carattere un po’ introverso, sa sprigionare un’autonomia, una sensibilità e un’attenzione per il prossimo alquanto disarmanti.
Come hai scoperto di avere un tumore?
Negli ultimi mesi di allattamento di Gabriele, ho scoperto di essere di nuovo incinta.
Come nella prima gravidanza, anche durante la seconda ho sofferto di una nausea fortissima per la maggior parte della gestazione.
Il seno però, cresceva diversamente e asimmetricamente.
Avevo anche forti dolori intercostali, all’altezza dello sterno.
Preoccupata di questi dolori, chiedo aiuto ad una fisioterapista, e dopo un mese di esercizi effettivamente i miei fastidi si erano attenuanti, scomparsi quasi.
Poi all’improvviso, all’inizio dell’ottavo mese di gravidanza, noto al centro dello sterno una protuberanza che confinava sul seno. Ne parlo immediatamente con la ginecologa, che mi consiglia una ecografia..
Così ho scoperto il tumore. Da lì si apre una nuova storia della mia vita.
La diagnosi è: cancro. Cos’hai provato quando l’hai scoperto?
Mi stavo preparando all’arrivo di una nuova vita, e all’improvviso mi sono trovata a dover difendere il mio corpo da due tumori.
Tumore. E’ una parola che spaventa.
Ho sempre ammirato chi si ritrova ad affrontare questa malattia, ne ammiravo l’immenso coraggio convinta che a me non sarebbe mai capitato.
E invece, ironia della sorte.
Un’equipe squisita di medici mi accoglie nel suo studio, e senza mezzi termini mi comunica: “Erika, é un tumore, cresce velocemente ma si può curare. Stai tranquilla. Le terapie per te sono già pronte e non faranno del male al bambino. Devi solo scegliere se curarti qui o altrove ma fallo in fretta.”
Allora mi confronto con mio marito e con i miei genitori, ma nonostante il loro consiglio di sentire altri pareri, altri medici, decido curarmi lì.
Come hai affrontato la malattia?
Ho tagliato i capelli, indossato una parrucca ai primi segnali di sfoltimento, e preteso da tutti di non stravolgere la mia e la loro vita con “favoritismi” o attenzioni particolari.
Nonostante le terapie e la chemio, volevo mantenere una parvenza di normalità nella mia vita, essere presente per la mia famiglia, per mio marito, per i miei bambini.
Non mi sono mai vista come una persona malata, era il mio corpo ad esserlo, non io. Io dovevo solo far di tutto perché il mio corpo stesse meglio.
E mantenere le mie abitudini di mamma, moglie, amica..questo mi aiutava tanto.
Però poi la situazione precipita di nuovo. Cos’è successo?
In prossimità della nascita di Vincenzo le mie condizioni si aggravano ancora.
Credevo di avere solo una brutta sciatica dovuta al pancione, ma dopo il parto i dolori persistevano ed erano ancora più invalidanti.
La tac parla chiaro: il cancro si è esteso a gran parte delle ossa del bacino e della schiena.
Così mi cambiano le terapie, ma non mi lascio andare alla paura.
Vincenzo per fortuna era nato sano e forte, un bambino dolce, sempre allegro. Avere lui, ha reso ancora più forte la mia determinazione a reagire e a stare bene.
Mi aggrappo ancora alle mie abitudini e con pazienza e fiducia affronto le nuove cure. Cure che finalmente, funzionano.
Come e quanto ti ha cambiata?
La mia vita è cambiata in meglio, nonostante la paura di tornare a stare male.
E’ una paura che cerco di non alimentare, ma che c’è sempre.
La mia malattia è stata anche la mia guarigione.
Le mie priorità sono rimaste sempre le stesse: al centro della mia vita non c’è mai stato il cancro, ma me stessa, la mia famiglia, i miei amici. Mio marito, i miei bambini.
E tutti facevano il tifo per me. Gente che nemmeno conoscevo direttamente pregava per me, perché grazie alla mia professione ho contatti con persone provenienti da tutto il mondo. Sono molto credente ed ho sempre ringraziato Dio per aver posto al mio fianco persone così meravigliose.
Anche nel reparto oncologico, sono stata accolta e incoraggiata da angeli sotto le sembianze di dottori ed infermieri.
Sono stati loro i primi a non farmi sentire una persona malata.
Di sicuro hai dato un nuovo senso a tutto, al tempo, all’amore: adesso com’è la tua vita?
E’ come se fossi nata una seconda volta.
Forse sono più forte, affronto diversamente tutte quelle debolezze emotive che avevo prima, però ammetto che quando guardo le mie vecchie foto, quell’Erika lì mi fa una grande tenerezza, e un po’ mi manca.
Una me spensierata e serafica, ignara di tutte le difficoltà, della malattia, dei problemi.
Poi però guardo le mie foto più recenti, quelle scattate durante la malattia, e scopro di volermi un mondo di bene.
Mi sono difesa dal cancro con tutta me stessa, e allo stesso tempo sono riuscita ad esserci per i miei figli, a gioire per i loro progressi e per le soddisfazioni in ambito lavorativo che sono capitate a mio marito.
Vincenzo poi è un bimbo sanissimo, non mi pento di nulla: lui è la mia gioia più grande, lo sono entrambi i miei figli.
Ho anche la fortuna di avere due genitori sani e giovani che mi hanno supportata come chiedevo senza strafare, senza trasmettere troppo la loro preoccupazione, ma solo l’affetto e l’amore smisurato che hanno per me.
Hai affrontato la battaglia più dura che ci sia, a prescindere da tutto sei una vincitrice, una guerriera: cosa diresti alle donne che stanno affrontando la tua stessa battaglia?
É difficile dare consigli a chi si trova nella mia situazione, ognuno ha la propria sensibilità e la propria forza o volontà di agire.
E’ sicuramente importante, anzi fondamentale, la prevenzione: fare controlli periodici, affidarsi ai medici e soprattutto non perdere mai la fiducia di potercela fare.
Voglio dire che è importante prenderci cura di noi stesse più di quanto possano farlo gli altri, perché la volontà per reagire, per combattere, per vincere..è soltanto dentro di noi. Non viene da fuori, o comunque non è da fuori che inizia.
Quindi amate voi stesse, prendetevi cura del vostro corpo, imparate a conoscerlo.
La vera forza, siete tutte voi.