Prendendo spunto dal loro ritorno nel film Detective Pikachu, per il Vintage Friday, facciamo un salto nel passato per vedere com’è nato il fenomeno Pokémon.
Li abbiamo amati tutti, guardavamo i cartoni animati, giocavamo coi videogiochi dedicati a loro e forse avevamo anche qualche gadget: i Pokémon sono stati parte della nostra infanzia e della nostra adolescenza, facendo impazzire tutti.
Se, inizialmente, i Pokémon erano accostati solamente al videogioco, dopo poco tempo, si allargarono in ogni campo: libri, cartoni animati, abbigliamento e gadget.
Non c’è bambino o adolescente che non abbia visto, almeno una volta, un episodio della serie animata o che non abbia cercato di acchiappare un Pokémon.
I Pokémon ebbero il boom sul finire degli anni Novanta e l’inizio degli anni Duemila, quando uscirono il videogioco per Game Boy Color e l’anime.
Ma, recentemente, sono tornati in voga sia con l’applicazione Pokémon Go, che permette agli utenti di catturare i Pokémon in giro per le strade e sia col film Detective Pikachu, che ci riporta nell’atmosfera che tanto abbiamo amato.
Ma come è nato il Fenomeno Pokémon?
Pokémon è un media franchise giapponese, creato nel 1996, che è incentrato su delle creature immaginarie, chiamate appunto “Pokémon”, che possono essere catturate, allenate e far combattere, sia per divertimento che come sfida.
Il nome è composto dalle due parole “Pocket” e “Monster” ed è stato contratto, poiché non entrava nello schermo del Game Boy Color, dove i Pokémon hanno esordito.
I videogiochi arrivano in Italia il 30 settembre 1998, coi giochi Pokémon Rosso e Pokémon Blu, giocabili su Game Boy Color.
Lo scopo del giocatore è diventare il miglior allenatore di Pokémon, collezionare ed allenare più Pokémon possibili ed ottenere le medaglie dai capi palestra nelle varie cittadine che possono essere visitate.
Nei primi videogiochi, il giocatore era un allenatore di Pokémon in erba, originario della cittadina di Biancavilla e compaesano del Professor Oak, inventore del Pokédex, ovvero una sorta di enciclopedia elettronica che poteva memorizzare tutti i Pokémon incontrati.
All’inizio del gioco il giocatore si trovava di fronte alla scelta del Pokémon starter, tra Bulbasaur, Charmender e Squirtle; chi è cresciuto coi Pokémon, si ricorderà ancora quanto fosse ardua quella scelta.
Dato il grande successo dei videogiochi, nel 1997 arrivò anche la serie animata, che fu distribuita in 74 Paesi, mentre, in Italia, è arrivata solo nel 2000.
L’anime riprende la storia del videogioco: il protagonista è Ash Ketchum, un ragazzo che sogna di diventare il migliore allenatore di Pokémon del mondo. Quando compie 10 anni, riceve il suo primo Pokémon ed il Pokédex, ma arriva in ritardo al laboratorio e l’unico Pokémon rimasto è il piccolo Pikachu, un Pokémon di tipo elettrico, piuttosto ostinato, che non vuole stare dentro la Pokéball.
Dopo poco tempo, si uniranno ad Ash, Misty e Brock, per compiere il viaggio insieme.
La serie animata ed i videogiochi fecero esplodere il “Fenomeno Pokémon”: tutti ne parlavano, tutti ci giocavano, i Pokémon erano dappertutto.
Lo scoppio del Fenomeno Pokémon portò anche alla creazione delle carte collezionabili: le carte erano alla base di un gioco, ma, diciamoci la verità, in molti collezionavamo le carte per la bellezza dei Pokémon, ma la maggior parte di noi non aveva la più pallida idea di come ci si giocasse.
Il franchise dei Pokémon si diffuse su abbigliamento, pupazzetti di peluche e gadget riprodotti dalla serie, come le Pokéball o il Pokédex.
I Pokémon furono un vero e proprio fenomeno mondiale: il web era pieno di forum a loro dedicati, le piccole creature comparivano ovunque, negli album di figurine, nelle sorprese delle merendine o come simboli su diari e zaini per la scuola.
Ovunque ci si girasse, si trovavano i Pokémon.
Il franchise ha saputo sfruttare quello che è, poi, è stato un fenomeno di successo.
Oltre a sapersi adattare alle più varie vie commerciali, monopolizzando quasi tutto il commercio mondiale, ha saputo rinnovarsi e creare qualcosa che potesse piacere sia ai bambini che agli adolescenti e sia ai maschi che alle femmine.
Nei videogiochi, così come nella serie animata, sono presenti delle generazioni, che allargano il numero iniziale di Pokémon, che era fissato a 151 creature.
Ormai abbiamo capito che gli odierni ventenni e trentenni hanno una sorta di nostalgia del passato, basti vedere i tanti revival di questi anni.
Chi è cresciuto a “pane e Pokémon” sa benissimo quanta nostalgia ancora ha di quel mondo fantastico, abitato da creature fantasiose, da allenare e da collezionare: chiunque abbia visto o giocato ai Pokémon ha desiderato, almeno una volta, essere un vero allenatore di Pokémon.
Ed è proprio per giocare su questa “ondata di nostalgia” tipica dei millennials, che la Nintendo ha sviluppato l’app Pokémon Go: un gioco, scaricabile sugli smartphone e collegato a Google Maps, con cui si può girare in strada e catturare i Pokémon.
L’app, nonostante diverse critiche per l’assiduo uso sbagliato degli smartphone, ha avuto un immenso successo.
Anche l’uscita del film Detective Pikachu è dovuta all’effetto nostalgia: nel film torniamo nel mondo dei Pokémon, nel quale il protagonista dovrà indagare sulla scomparsa del padre, insieme ad un Pikachu parlante.
Il grandissimo successo (quasi ossessivo) di Pokémon Go e l’uscita del recente Detective Pikachu confermano che i Pokémon non sono mai stati un fenomeno passeggero e che, ancora oggi, riscuotono un successo mondiale.
Da oltre vent’anni i Pokémon sono nella nostra vita e sono ancora coinvolgenti ed appassionanti, così tanto, da portare dei trentenni al cinema, ad emozionarsi, ogni volta che compariva un Pokémon sul grande schermo durante Detective Pikachu.