Negli Stati Uniti è in atto un processo di sottrazione dei diritti delle donne, con un’escalation di leggi contro l’aborto. Vediamo cosa sta succedendo negli USA.
Quasi all’ordine del giorno, provengono notizie molto preoccupanti dagli Stati Uniti: diversi Stati stanno approvando leggi contro l’aborto oltre le sei settimane dal concepimento.
Parliamo quindi di un termine che limita molto la possibilità di abortire da parte delle donne.
Lo scorso 15 maggio, lo stato dell’Alabama ha approvato il disegno di legge che vieta l’aborto in tutto il suo territorio, anche in caso di stupro o incesto.
Si tratta del progetto di legge più restrittivo degli Stati Uniti sull’aborto.
La legge non prevede eccezioni per l’interruzione di gravidanza, neanche in caso di stupro o incesto, ma solamente se ci sono alti rischi per la vita della donna o in caso si presenti “un’anomalia letale” per il feto.
Se un medico praticherà l’aborto, rischierà una pena carceraria dai 10 ai 99 anni.
Si tratta di un gravissimo attentato ai diritti delle donne, che rischia di inficiare la legge del 1973, “Roe vs Wade”, che rendeva legale l’aborto.
L’obiettivo degli anti-abortisti è proprio portare il disegno di legge di fronte alla Corte Suprema che ha una maggioranza di giudici conservatori, con l’elezione di Brett Kavanaugh dello scorso anno, giudice proposto da Donald Trump, che ha portato ad avere cinque giudici conservatori su nove.
Anche altri Stati hanno inasprito le leggi sull’aborto sul proprio territorio: il 16 maggio, lo stato del Missouri ha approvato la legge che vieta l’aborto dopo le otto settimane e lo stato della Louisiana ha approvato la legge che vieta l’aborto oltre la sesta settimana, ovvero quando si sente il battito cardiaco del feto.
Anche altri stati sono in procinto di votare su leggi anti-aborto.
Il dilagare di queste leggi anti abortistiche è un fenomeno molto preoccupante: negli Stati Uniti, l’aborto rimane legale a livello federale, data la sentenza del 1973, ma ogni Stato può determinare quali siano i criteri ed i limiti entro i quali si possa abortire.
Proprio per colpa di questa disgregazione giudiziaria, i movimenti antiabortisti sono molto più forti rispetto ad altri Paesi e lo sono, soprattutto, negli Stati americani che hanno una matrice religiosa sviluppata.
L’obiettivo del movimento anti abortista americano è quello di ribaltare la legge del 1973 direttamente alla Corte Suprema, così da poter limitare il diritto all’aborto in tutti gli Stati Uniti.
Il tasso di aborto negli Stati Uniti è ai minimi storici e tra il 2006 ed il 2015 è diminuito del 26%, questo grazie anche ad un migliore accesso alla contraccezione rispetto al passato, ciò è dovuto anche, e soprattutto, all’Obamacare, la riforma sanitaria voluta dall’ex presidente Barack Obama.
Ma con un aumento così violento di leggi anti abortiste si rischia che il tasso di aborti clandestini aumenti, una pratica molto pericolosa per le donne che vogliono abortire e che può portare a pericolose infezioni e complicazioni.
Gli stati del Kentucky, Mississippi, Ohio e Georgia hanno approvato leggi contro l’aborto che vietano la pratica dopo le sei settimane.
Ma nelle prime sei settimane di gravidanza, molte donne non sanno neanche di essere incinte, inoltre, in questo periodo limitato, non possono essere riscontrate malformazioni del feto.
Da anni, le associazioni anti-aborto hanno cercato di evitare che le donne interrompessero la loro gravidanza, sia con proposte di emendamenti anti-aborto e sia rendendo molto difficoltoso l’aborto negli ospedali e nelle cliniche.
Oggi, però, le restrizioni stanno aumentando, aumentano gli stati che promuovono leggi che vanno in diretta contraddizione con la sentenza Roe vs Wade, ma le recenti nomine di Kavanaugh e Gorsurch, giudici della Corte Suprema con posizioni rigide sull’aborto, spaventano l’America.
Questo perché, se la proposta di una legge rigida contro l’aborto andasse alla Corte Suprema, non sapremmo come potrebbe andare a finire, soprattutto per la maggioranza di conservatori.
È quasi impossibile che la Corte Suprema renda illegale l’aborto, ma potrebbe lasciare la libertà di scelta agli stati e questo porterebbe all’abolizione dell’interruzione di gravidanza negli stati guidati dai repubblicani.
Intanto si sta mettendo in atto una serie di boicottaggi da parte di diverse star e di alcune multinazionali.
Diverse case di produzione, come Netflix, Disney e WarnerMedia hanno annunciato il ritiro delle produzioni in Georgia, nel caso entrasse in vigore la legge anti-aborto.
Il ritiro delle produzioni sarebbe un grosso colpo per l’economia della Georgia, stato nel quale sono stati girate diverse serie e diversi film, come Stranger Things, The Handmaid’s Tale (il che è molto ironico), Avengers e Captain America, data la tassazione favorevole.
Non è la prima volta che i personaggi del mondo dello spettacolo e dello sport si schierano contro delle leggi insensate: Obama, ad esempio, voleva imporre la trans-toilette, ovvero il diritto di usufruire dei bagni pubblici nelle scuole, a seconda del sesso percepito e non quello biologico.
Trump archiviò il provvedimento, ma ai tempi si mossero sia l’NBA, che mise in forse lo svolgimento dell’All-Star Game 2017 nella città di Charlotte e sia il cantante Bruce Springsteen, che cancellò un concerto in North Carolina.
Molti potrebbero pensare che quella della Disney e di Netflix sia una mossa più pubblicitaria che politica, ma se anche fosse così, due case di produzione così potenti potrebbero dare del filo da torcere, soprattutto per i tanti ed eventuali posti di lavoro persi.
Diverse sono anche le star che si sono schierate contro queste terribili leggi, come l’attrice Sophie Turner, che ha affermato che non prenderà parte a film girati nello Stato della Georgia e la cantante Miley Cyrus, che si è schierata apertamente per i pro-aborto.
Che questa escalation di leggi contro l’aborto sia attribuibile alla presidenza Trump?
Di certo avere al potere un uomo come Donald Trump mette a repentaglio i diritti di tutti, non solo quelli delle donne sull’aborto.
Ci auguriamo che vinca la ragione e che ci sia un’inversione di marcia su quella che potrebbe diventare la più grande violazione di diritti delle donne della storia americana.