Il corpo femminile è ancora un tabù?
Da anni frasi come questa imperversano sui social e non.
A sostegno di campagne femministe. A mo’ di rivendicazione del (sacrosanto) diritto di ogni donna di fare del proprio corpo ciò che vuole.
Di essere, e indossare, ciò che preferisce.
Solo qualche giorno fa si è celebrato il #freenipplesday, iniziativa social lanciata da due ragazze torinesi per sostenere Carola Rackete e la sua scelta di non indossare reggiseno.
Donne di tutte le età hanno aderito: per un giorno hanno lasciato a casa il reggiseno, postando sui social testimonianze e fotografie che lasciano intravedere i capezzoli sotto ai vestiti..ma c’è pure chi si è data al total nude.
Le polemiche non son certo mancate: tra chi ci accusa di esibizionismo, chi parla di pudore e chi pensa che i diritti per cui combattere siano altri..insomma, non se ne esce.
Ma alle polemiche siamo abituate, non è certo quello il problema.
Il problema vero, è capire il perché di tutto questo.
Perché, nel 2019, un capezzolo faccia ancora scalpore.
Un capezzolo come una maglietta troppo scollata, gli shorts troppo corti, il costume troppo sgambato, la pancia imperfetta troppo visibile, la cellulite sulle gambe che non viene coperta.
Body Shaming
Perché il corpo femminile è ancora un tabù?
Ogni donna, almeno una volta nella vita, è stata vittima di body shaming. E non parliamo soltanto di bullismo da parte di terzi: spesso e volentieri, siamo vittime di noi stesse.
Vittime dell’ideale di perfezione a cui ci hanno insegnato ad ambire. Vittime dell’idea di pudore, morigeratezza, compostezza, decoro.
Una scollatura troppo profonda ci rende indecorose. Una gonna troppo corta ci rende volgari.
Ci hanno insegnato a provare vergogna per il nostro corpo, per le nostre forme, per le nostre “imperfezioni”, per tutto ciò che ci rende donne.
Mestruazioni, cellulite, peli, fianchi larghi, cosce grosse, seni di dimensioni diverse, smagliature, menopausa.
Ci hanno inculcato l’idea malsana che queste sono imperfezioni. E ci hanno detto di nasconderle, di non mostrarle mai, perché sarebbe sconveniente. Inopportuno. Indecente.
Il corpo femminile, signori miei, è indecente.
Veniamo misurate dai centimetri di carne che esponiamo, dalle oscene imperfezioni che rendiamo note al pubblico, e giudicate in base a ciò.
Il corpo femminile non appartiene alla sua proprietaria: è percepito piuttosto come “corpo sociale“, che deve sottostare a determinati codici e sul quale “la collettività si sente in diritto di legiferare“. (Licia Troisi – il corpo privato).
Eppure un uomo tutto sommato può fare quello che vuole del suo corpo. Non viene giudicato per un capezzolo turgido, né per un pantalone troppo corto. La pancetta è diventata addirittura sexy adesso. I peli fanno macho, e il brizzolato va di moda.
Ma guai ad intravedere i peli sotto le ascelle di una donna! E’ di certo una donna che non si cura, e che quindi non si ama.
Per quanto ancora andremo avanti con questa assurda concezione che abbiamo di noi stesse e delle altre donne?
Si, perché le nostre peggiori nemiche, siamo spesso noi stesse. Le prime a giudicarci, le prime a giudicare.
Corpo femminile: “mio il corpo, mia la scelta”?
My body, my choice non è soltanto una frase fatta, o un hashtag che accompagna le nostre foto su Instagram.
Mio il corpo, mia la scelta. E’ un diritto inalienabile, sacrosanto, inviolabile. Dovrebbe esserci una targa appesa sui muri di tutte le scuole del mondo, di tutti gli uffici, di tutte le case, con su scritta questa frase.
Non siete stanche di non poter essere libere di vestirvi come vi pare?
Costrette in reggiseni, corpetti contenitivi, ceretta, diete last minute, prova costume, abiti che non vi identificano davvero?
Non siete stanche di aver paura di uscire da sole la sera, del fatto che una gonna troppo corta o una scollatura troppo profonda possono ancora essere interpretate come segno di disponibilità sessuale, e giustificare uno stupro?
E la cosa più triste, è che siamo vittime di autocensura e non ce ne rendiamo conto.
Vergogna e paura: ci hanno insegnato che le donne provano questo, che è normale, che è così che va il mondo.
Non esiste bugia più terribile di questa.
Un mondo in cui una donna non è libera di essere ciò che vuole, di esprimere sé stessa nel modo che più le aggrada, è un mondo che non funziona. Va cambiato.
E il cambiamento deve partire da noi.
E dunque, ripetete con me: non farsi la ceretta non è sintomo di incuria, dire mestruazioni si può: non è una parolaccia, e non c’è da vergognarsi per qualche chilo di troppo.
Avere la cellulite sulle gambe è normale, un seno sarà sempre diverso dall’altro, e mostrare tette e cosce non vuol dire: sono sessualmente disponibile.
Ma soprattutto: quelle che ci hanno insegnato a vedere come terribili e disdicevoli imperfezioni, sono soltanto meravigliose peculiarità.
E sono proprio quelle a renderci uniche.
E questo, segnatevelo. A penna rossa, quella con cui si correggevano gli errori a scuola, sì.