Dal cielo della Russia torna a piovere sangue
Era il lontano 26 aprile 1986 quando, a seguito di un test alle turbine andato male, esplose il nucleo del reattore 4 presso la centrale nucleare di Chernobyl, facendo sollevare verso il cielo una nube radioattiva talmente potente da suscitare il panico in tutto il Mondo.
Come tristemente sappiamo, il governo sovietico aveva tentato di insabbiare l’accaduto, sminuendo il disastro e rifiutandosi persino di riconoscerlo.
A pochi giorni dall’esplosione della centrale di Chernobyl, nessuno sapeva che circa 50 tonnellate di carburante nucleare si erano diffuse nell’aria.
Bambini, donne, anziani, intere famiglie osservavano affascinati questa nube apparentemente innocua che si sollevava sopra le proprie teste, ignari che quel momento sarebbe stato nocivo per la salute nelle loro vite e in quelle delle generazioni future.
Si calcola infatti che molti siano i bambini, i figli e i nipoti di Chernobyl, che hanno sofferto e soffrono di malattie sviluppate in seguito alla contaminazione delle radiazioni. Come riporta il Centro Ecologia e Salute, l’82% dei bambini residenti nelle aree contaminate dell’Ucraina, risulterebbero affetti da disturbi cardiocircolatori, mentre il 55% di loro soffrirebbe di alterazioni alla tiroide. [dati presi da https://scienze.fanpage.it/]
Dal cielo della Russia stava piovendo sangue e si disperdeva nel terreno, nelle falde acquifere. Contaminando ogni cosa sbarrasse la sua strada.
Le conseguenze su tutti i volontari che si adoperarono per porre fine all’incendio e bonificare le zone circostanti furono mortali. I loro corpi, spentisi dopo atroci sofferenze, furono sepolti in bare di zinco.
Le radiazioni, silenti e invisibili, si adagiarono sulla pelle delle persone, entrarono nei loro polmoni, causando milioni di morti di cancro.
E si intrufolarono sotto terra, contaminando il suolo, come quello nella foresta di pini situata nei pressi della centrale nucleare. Gli alberi assunsero un colorito marrone-rossastro prima di morire uno dopo l’altro, tanto che il luogo, oggi tra i più radioattivi al mondo, è chiamato “foresta rossa“.
I più potenti organi sovietici si comportavano come se tutto fosse normale, sostenendo che non si fosse verificato nessun disguido. Quando poi non si poterono più nascondere, uscirono allo scoperto con un semplice comunicato stampa che avrebbe potuto lasciar credere che si fosse trattato solamente di un piccolo problema tecnico e non di quello che realmente fu:
“Un incidente si è prodotto nella centrale nucleare di Chernobyl, uno dei reattori atomici è rimasto danneggiato, misure vengono prese per liquidare le conseguenze del guasto, ai colpiti viene prestato aiuto, è stata costituita una commissione governativa”.
Un linguaggio telegrafico ma che offre un’immagine eloquente del dramma: si parla di “colpiti” ossia feriti e vittime. Inoltre la formazione di una commissione d’inchiesta governativa lascia intuire che si è trattato di una vera e propria catastrofe.
Ben presto il panico dilaga più velocemente delle radiazioni
Telegiornali e testate giornalistiche riportano inoltre i primi divieti per la popolazione europea:
«Divieto di vendere, per quindici giorni “verdure a foglia” (insalata, spinaci, ecc.) e di somministrare il latte fresco ai bambini con meno di dieci anni di età e alle donne in stato di gravidanza: queste le misure adottate improvvisamente ieri sera dal ministro della Sanità Degan. Non bere acqua piovana e controllare che l’acqua piovana non si infiltri nei cassoni di raccolta dell’acqua dell’acquedotto.
[dichiarazione del Ministro Zamberletti]
Non fare pascolare il bestiame nei campi, ma alimentarlo per alcuni giorni con foraggio conservato. Il foraggio raccolto in questi giorni può essere tuttavia utilizzato dopo una settimana di “decantazione” al coperto. Trascorso questo periodo, infatti, la maggior parte della radioattività eventualmente assorbita dalle piante si annulla.
Le radiazioni hanno vagato nelle correnti d’aria per anni, generando conseguenze indesiderate anche a centinaia di migliaia di chilometri di distanza.
Ed oggi, a 33 anni dalla catastrofe di Chernobyl, l’incubo è ricominciato: il cielo della Russia torna a infuocarsi di radiazioni.
Lo scorso 8 agosto è esploso un missile da crociera, Burevestnik, un missile di nuova generazione con un reattore nucleare al suo interno, progettato per volare anche alcuni giorni con una testata nucleare a bordo, in grado di raggiungere qualsiasi angolo del pianeta.
Ha provocato la morte di due persone, oltre a 15 feriti, e il diffondersi di una nube radioattiva. L’esplosione è avvenuta nel poligono missilistico della marina militare russa di Nyonoska a 25 km dalla città di Severodvinsk, nella Russia artica europea.
Inizialmente la versione ufficiale parlava dell’esplosione di un normale missile balistico, senza nessun rilascio di radioattività. Ma subito dopo l’esplosione, il capo del dipartimento della protezione civile di Severodvinsk, ha affermato che i sensori del sistema automatizzato per il monitoraggio delle radiazioni hanno registrato un aumento delle radiazioni, con un picco di 2 microsievert all’ora, venti volte il fondo normale, per poi scendere a 0.11 microsievert.
Questa volta la Russia non può nascondersi e, nonostante il tentativo di minimizzare l’accaduto, a causa della nube radioattiva rilasciata dall’esplosione, l’amministrazione dei porti dell’Artico meridionale ha chiuso l’area alla balneazione e persino alla navigazione per un mese.
La notizia dell’incidente e l’aumento della radioattività registrato successivamente hanno suscitato una notevole preoccupazione nelle cittadine di Severodvinsk e Arkangelsk dove si è subito diffusa la paura per un’eventuale nube radioattiva. Nelle farmacie delle due cittadine sono infatti andate a ruba le dosi di iodio, portando all’esaurimento le scorte delle farmacie locali.
Il mondo è ancora in attesa delle prime misure di sicurezza. A breve altri aggiornamenti da parte di The Web Coffee.