Amazzonia in fiamme e noi non stiamo attenti al nostro pianeta.
“Credo che avere la terra e non rovinarla sia la più bella forma d’arte che si possa desiderare.” diceva Andy Warhol. Forse dovremmo dargli ascolto.
Viviamo in un paese in cui se c’è una partita di calcio ci esaltiamo e siamo subito pronti ad inveire contro l’arbitro di turno per un fischio non regolare. Ma della pallavolo poi non se ne discute.
Viviamo in un paese dove si parla di violenza sulle donne soltanto nel giorno dedicato, perché nel resto dell’anno si è pronti ad accusarle di vestirsi in modo provocante.
Viviamo in un paese dove se Salvini dice di non voler accogliere più nessuno, subito partono gli sfottò, ma non appena uno straniero commette un qualsiasi atto negativo siamo i primi a dire “tornassero a casa loro”.
Viviamo in un paese dove se bruciano le guglie della cattedrale di Notre Dame, siamo tutti li pronti a sostenere la causa e a piangere come fossimo francesi.
Ma se brucia l’Amazzonia non importa a nessuno.
I telegiornali si concentrano sugli innovativi cambiamenti di Peppa Pig ma non considerano che dall’altra parte del mondo sta morendo una delle zone più importanti del pianeta.
Amazzonia: Un tempo la foresta amazzonica rappresentava il polmone verde del pianeta, un sistema di supporto vitale.
Con la sua estensione, che dal 1970 ad oggi si è ridotta notevolmente, permetteva di ripulire l’aria dall’anidride carbonica in modo notevole rispetto ad altri ambienti verdi.
Eppure il fuoco sta mangiando via tutto. Che sia doloso (provocato per fare spazio a terreni agricoli e all’allevamento) o dovuto ai pericolosi cambiamenti climatici, sta distruggendo la foresta pluviale. La deforestazione è notevolmente aumentata da quando al governo è salito Jair Bolsonaro, presidente di estrema destra che ha incoraggiato il disboscamento, l’allevamento e l’estrazione mineraria illegali.
Amazzonia: Di certo però la colpa non è soltanto di un uomo solo ma di tutti coloro che non comprendono appieno il valore di quello che ci circonda.
Infatti l’attenzione sull’Amazzonia si sta ingrandendo non grazie alle forze politiche o alle fonti internazionali ma grazie alle piattaforme social, alle fonti locali, ai giornalisti e fotografi coraggiosi che scattano foto dei luoghi distrutti. Anche i vip sono sensibili all’argomento, come Leonardo Di Caprio che ha deciso di donare 5milioni per la causa. In un lungo post su instagram ci spiega cosa sta succedendo e cosa si potrebbe fare per aiutare concretamente.
Amazzonia e social: Ad oggi però, la fetta di popolazione consapevole sta aumentando. Iniziano le condivisioni di immagini nelle stories sui social, diversi sono gli artisti che hanno espresso la loro vicinanza con la foresta in fiamme attraverso disegni. Basta seguire l’hashtag #prayforamazonia per vederne alcuni.
Si organizzano incontri con i maggiori esponenti del governo al fine di discutere di una situazione che fino al giorno prima era conosciuta solo da pochi. Ma perché? Probabilmente perché L’Amazzonia è lontana da noi, probabilmente perché non ha un valore artistico come Notre Dame, o non provoca morti come terremoti e attentati.
Probabilmente perché, tanto cosa potremmo fare noi, se i ghiacciai si sciolgono e le fiamme divampano? Eppure l’Amazzonia non è l’unico territorio colpito. Notizie di incendi devastanti arrivano dalla Siberia fino all’ Africa e persino Gran Canaria.
Le colpe le abbiamo tutti e quanto accade in Brasile non rimane un evento isolato.
“Non è un problema solo brasiliano, ma internazionale. L’aumento degli incendi aumenta anche l’emissione di gas a effetto serra. La deforestazione favorisce l’aumento delle temperature globali e il rischio di eventi meteorologici estremi. Non solo in America, ma anche in Europa”.
– Martina Borghi (Greenpace)
L’Amazzonia non è soltanto un luogo sperduto in America.
“ospita il 10% di tutte le specie animali e vegetali della terra. E 24 milioni di persone, tra cui quelle di 180 gruppi indigeni diversi. Gli incendi di queste settimane stanno divorando la foresta. Questo avrà un grosso impatto sul clima di tutto il mondo”.
– Martina Borghi (Greenpace)
Per il voler predominare il territorio è a rischio la biodiversità del pianeta.
Bolsonaro mostra tutta la sua immaturità dichiarando che gli indigeni puzzano e con la loro ignoranza minano l’agro-business. “Solian llamarme Capitan Motosierra. Ahora soy Neron, incendiando el Amazonas”.
Ironizza pensando di far ridere, non concependo che ognuna di queste popolazioni ha dei diritti, conquistati faticosamente in anni di battaglie. Individui con delle tradizioni e una cultura che vanno rispettati, rimasti soli (come “L’ultimo della sua tribù” un uomo che vive in un angolo di foresta circondato solo dal bestiame) o in tribù, come quella dei Mura, che lottano per mantenere in vita la loro terra.
Il leader Raimundo Mura afferma che i loro sforzi sono concentrati nel tentativo di salvare la natura con i suoi alberi e i suoi animali e si esprime in questi termini:
“El mundo necesita la Amazonia”
“Si es necesario, darè mi ultima gota de sangre por esta selva”
Sebbene infatti, per molti la parola “foresta” possa indicare semplicemente un terreno su cui sono piantati degli alberi e ci vivono degli animali, stiamo in realtà parlando di tutt’altro. Siamo di fronte ad un ecosistema, con colori, odori, leggi proprie. Con spiritualità, sacrifici, sofferenze e gratitudine. Un mondo dentro un mondo che potrebbe essere migliore se ci impegnassimo tutti un pò di più.
N.B. la foto postata da Leonardo di Caprio si riferisce in realtà ad una foto dell’Amazzonia che brucia ma nel 2003. La sua non è l’unica foto “finta”. L’emergenza pero è reale.