Quest’anno come non mai, con la serie di devastanti incendi che da qualche giorno stanno colpendo l’Amazzonia, ci si sta rendendo conto di come l’uomo con le sue attività, l’inquinamento, la deforestazione sta mettendo a rischio la salute e la sopravvivenza dell’ecosistema, compresa la propria, in quanto è grazie a questo ed altri “polmoni verdi” che la nostra specie respira e vive.
“Polmoni verdi”: una terminologia poco sentita da molti, ma che sottolinea l’enorme importante di questa ed altre aree del nostro pianeta, che con la loro ricchezza vegetale, contribuiscono in modo preponderante alla salute della Terra.
L’Amazzonia è senza dubbio la più estesa (non per niente questa foresta immensa attraversa la bellezza di ben 9 paesi del Sud America – Brasile, Colombia, Perù, Venezuela, Ecuador, Bolivia, Guyana, Suriname e Guyana francese), ma altri sono i “polmoni verdi” distribuiti in diverse parti del pianeta, veri e propri serbatoi d’ossigeno, negli ultimi tempi divorati dai roghi, dovuti ai cambiamenti climatici, ma negli ultimi tempi alla mano dell’uomo
Scopriamo insieme quali sono questi “polmoni verdi” e perché sono così importanti per il nostro Pianeta
Foresta pluviale del Congo
Condivisa da ben sei paesi (Congo Francese, la Repubblica Democratica del Congo, la Repubblica Centroafricana, il Gabon, il Cameron e la Guinea Equatoriale),un’estensione di due milioni di chilometri quadrati e attraversata da un fiume, da cui prende il nome, lungo ben 4.700 chilometri: tutto questo rende la foresta pluviale del Congo il secondo polmone verde del pianeta.
Un paradiso in termini di biodiversità, con circa 10.000 specie di piante identificate e altrettante ancora da scoprire, 1.000 specie di uccelli, 500 di pesci e oltre 500 mammiferi, su cui spiccano i gorilla. Ma non solo : la foresta pluviale del Congo gioca un ruolo fondamentale per regolare il clima del Pianeta, in quanto ogni anno immagazzina 115 miliardi di anidride carbonica.
Un patrimonio naturale preziosissimo, messo a dura a prova dagli incendi che quest’estate hanno devastato l’Angola e il Congo, legati alla deforestazione, e che entro il 2100 rischia di scomparire a causa dall’instabilità politica e dai conflitti nella regione, che spingeranno la popolazione a distruggere le foreste per sopravvivere.
Foresta siberiana
Quando si pensa alla Siberia, immediatamente le parole che vengono in mente sono “freddo”, “gelo” e si pensa ad un’enorme pianura coperta di neve 11 mesi all’anno.
Ma quando il clima consente lo scioglimento, questa regione della Russia svela uno dei più importanti biomi terrestri: la foresta boreale, nota anche come taiga.Una vasta distesa di 12 milioni di chilometri quadrati, dove a farla da padrona sono soprattutto le conifere, oltre alla ricca fauna (renne, alci, visoni, castori, orsi e linci)
Un ecosistema che resta comunque a rischio: a minacciarlo i cambiamenti climatici responsabili degli incendi che negli ultimi mesi hanno devastato la Siberia, favoriti anche dalle attività di disboscamento.
«I cambiamenti climatici e le attività industriali che si svolgono nella foresta la rendono più vulnerabile agli incendi. È necessario porre fine a tutte le attività industriali che minacciano questa preziosa foresta: se non proteggiamo le foreste, non saremo in grado di affrontare la crisi climatica che stiamo attraversando»
Martina Borghi, campagna foreste di Greenpeace Italia
Una problematica quelli dei “polmoni verdi” del nostro pianeta, che tuttavia potrebbe essere risolta sfruttando aree inutilizzate dall’uomo, che attualmente corrispondono a 900 milioni di ettaripotrebbero essere rimpiazzati con la foresta senza intaccare coltivazioni.
Un progetto che porterebbe ad una riduzione del 25% dell’anidride carbonica (CO2) atmosferica, secondo quanto pubblicato sulla rivista Science dal Crowther Lab del Politecnico di Zurigo.