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Peaky Blinders: la storia vera dei gangsters che hanno ispirato la serie TV

Con la quinta stagione da poco uscita su Netflix, Peaky Blinders è una delle serie TV che sta riscuotendo maggior successo negli ultimi tempi.  La serie segue le vicende di una famiglia di gangster nella Birmingham tra le due guerre mondiali, capitanate dallo spietato e carismatico Thomas Shelby (Cillian Murphy). Fotografia magistrale, personaggi complessi costruiti con attenzione, accuratezza storica e colpi di scena: la serie ha tutte le carte in regola per diventare un capolavoro.

Quello che non tutti sanno è che la serie è stata ispirata a vicende realmente accadute: ecco qual è la vera storia dei Peaky Blinders.

Intorno al 1870, il fenomeno delle gang giovanili era diffusissimo in Inghilterra. Si trattava di un modo per sfuggire alla miseria dilagante nei quartieri più poveri, ma anche ai turni massacranti del lavoro in fabbrica. I Peaky Blinders iniziarono la loro attività a Birmingham, nel quartiere operaio di Small Heat, intorno al 1890; la prima testimonianza scritta, parla di una rissa in un pub. La banda era capitanata da Thomas Mullow, che diventa Thomas Shelby nella serie TV. La banda era particolarmente nota per la loro violenza e per l’uso di armi improvvisate, come posate o altri oggetti di uso quotidiano.

Particolare è l’origine del nome Peaky Blinders.

La leggenda vuole che derivi dall’usanza dei membri della banda di cucire lamette da barba nella visiera (“Peak” in inglese) dei loro cappelli. Questo capo di abbigliamento diventava così un’arma che, se usata all’altezza degli occhi, poteva ferire gravemente il malcapitato, arrivando anche ad accecarlo (“To blind” in inglese). In realtà, le lamette da barba erano, i primi anni del 1900, ancora beni di lusso, quindi questa interpretazione sembra improbabile. Forse, semplicemente, peaky era il soprannome del modello dei cappelli che indossavano, caratterizzati da una visiera appuntita e tanto belli “da accecare”, anche se irrimediabilmente legati ad un’immagine negativa di chi li indossava.

Oltre al cappello, un abbigliamento iconico caratterizzava la gang.

Si trattava di un abbigliamento distinto ed elegante, con abiti cuciti su misura. Pantaloni a zampa di elefante, giacche con i bottoni e stivali in pelle erano i capi distintivi. I membri più ricchi della gang avevano inoltre sciarpe di seta e colletti inamidati con bottoni d’acciaio. Pare invece che le ragazze dovessero portare la frangetta.

Sembra che Steven Knight, creatore della serie, sappia parecchio a proposito della storia della gang, perché ne avrebbe fatto parte uno zio del padre.

I racconti sui gitani, le scommesse illegali e la violenza sarebbero dunque tratti dai racconti dei famigliari, e per questo aderenti alla realtà, o per lo meno, a una memoria più o meno diretta degli eventi.

Ovviamente non tutto nella serie è fedele alla storia.

Ciò che distingue la serie dai fatti effettivi, oltre alla naturale spettacolarizzazione degli eventi, è il momento storico. Pare infatti che, nella realtà, la gang avesse, entro il 1910, perso buona parte della sua importanza in Inghilterra. La serie è invece ambientata negli anni 20 del ‘900. Lo spostamento è stato voluto da Knight per enfatizzare e raccontare al pubblico i danni psicologici che la prima guerra mondiale ha avuto sulla popolazione inglese; il personaggio di Tommy Shelby, o dei fratelli, sarebbe stato probabilmente molto diverso altrimenti.

Il creatore della serie ha anche ammesso che voleva che i Peaky Blinders della serie fossero “più grandi di quanto non fossero effettivamente nella realtà”, come se visti e raccontati “attraverso gli occhi di un bambino di 10 anni”, che vede “gli uomini più intelligenti, più forti e più affascinanti e i cavalli più grandi, perché tutto è grande e spaventoso da bambini”. Ma in fondo, è anche questo che ha reso la serie così spettacolare.

Fonti: Wikipedia, The Week

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