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Botero – una ricerca senza fine: al cinema, la vita e le opere dell’artista colombiano

Fernando Botero e la sua inestimabile arte, celebrati al cinema: da oggi, 20 gennaio, arriva nelle sale cinematografiche di tutta Italia il documentario diretto da Don Millar (e prodotto dalla figlia dell’artista, Lina) intitolato “Botero. Una ricerca senza fine.” 

Nato a Medellin nel 1932, ha vissuto in diverse parti del mondo: a Firenze negli anni ’50, a New York nei ’60 e nei ’70 a Parigi.

Innamoratissimo dell’Italia, acquistò casa in Versilia negli anni ’80, in una villa sulle colline di Pietrasanta. Della pittura italiana Botero adora quella rinascimentale, in particolare di Piero della Francesca.

E’ l’artista colombiano più conosciuto al mondo, autore di opere colossali, battuto all’asta con quotazioni assurde: i dipinti e le statue, rappresentanti donne e uomini in sovrappeso, sono il suo marchio di fabbrica, noto ovunque. Perché le sue creazioni ispirano tenerezza, quasi, simpatia, divertimento ma anche profonda sensualità.

Botero attua una vera e propria rottura dei canoni estetici tipici dei nostri tempi.

Ancora oggi sappiamo ben poco dei motivi che hanno spinto Botero ad avvicinarsi all’arte: il film, distribuito da Wanted Cinema in collaborazione con Feltrinelli Real Cinema, ce lo racconta grazie al materiale, del tutto inedito, a cui ha avuto accesso il regista. Il fulcro della storia si snoda attraverso i dialoghi tra l’artista ed i figli, Lina, Fernando e Juan-Carlos insieme agli interventi di curatori, storici e accademici che nel corso degli anni si sono occupati dell’artista.

Scopriamo attraverso di loro, l’infanzia sventurata di Botero, segnata dalla povertà e dalle indigenze, i traumi che lo hanno segnato, e che hanno influito inevitabilmente sulle sue opere, e ancora la sua ricerca artistica, da autodidatta. Il motivo che l’ha spinto a prediligere le forme grandi, “tonde“.

«L’idea di girare un documentario su mio padre è venuta a Don (Millar) quando si trovava con noi in Cina per seguire la mostra che si è articolata tra Pechino, Shanghai e Hong Kong. Lì abbiamo deciso di usare come chiave di lettura della vita e del lavoro di mio padre la famiglia, noi tre figli riuniti attorno a lui. Volevamo che il film che racconta un artista riconoscibile come è Botero, che lavora da 70 anni e ha prodotto una mole incredibile di opere, fosse un documentario intimo.” spiega in un’intervista la figlia, Lina.

Come padre, continua, Fernando “è stato sempre molto presente, più dal punto di vista della qualità che della quantità del tempo che poteva dedicarci. Ha sempre lavorato moltissimo. E ancora oggi lo puoi trovare nel suo studio dalle 8 del mattino alle 6 di sera.

L’estrema riconoscibilità di Botero, come abbiamo detto, è dovuta soprattutto al suo stile particolare, fondato sull’uso di forme dilatate che danno vita a figure grosse, o meglio, grasse.

Ma perché quest’ossessione, questa mania?

E’ una domanda che attanaglia molti, critici e non.

Come sappiamo, tuttavia, la prima figura alla quale l’artista applicò questa “dilatazione” non fu umana, ma un oggetto: un mandolino.

Mentre dipingeva una natura morta (nota poi come Natura morta con mandolino), si rese conto di aver disegnato il foro di risonanza dello strumento troppo piccolo rispetto alle sue dimensioni reali, e dunque il mandolino risultava tozzo, allargato.

Si dice che Botero fu colpito, attratto da questa forma “innaturale” poiché gli rimandava una forte idea di sensualità.

Così l’artista trovò quello che poi sarebbe diventato un vero e proprio stile, il suo marchio di fabbrica.

In un’intervista all’agenzia France-Presse, lo stesso Botero però specifica: “non dipingo donne grasse. Nessuno ci crederà, ma è vero. Ciò che io dipingo sono volumi. Quando dipingo una natura morta dipingo sempre un volume, se dipingo un animale lo faccio in modo volumetrico, e lo stesso vale per un paesaggio. Sono interessato al volume, alla sensualità della forma. Se io dipingo una donna, un uomo, un cane o un cavallo, ho sempre quest’idea del volume, e non ho affatto un’ossessione per le donne grasse”.

In effetti, tutte le figure rappresentate da Botero sono dilatate, non soltanto gli uomini e le donne: la stessa sorte accade ad oggetti, animali e così via.

“Botero usa la trasformazione o la deformazione come simbolo della trasformazione della realtà in arte.” 

Più la figura è dilatata, più ne si esalta la carica sensuale.

Il documentario di Millar ci racconterà questo e molto altro, e pare avere tutti i presupposti per diventare “un lavoro senza precedenti”. Grazie alle informazioni inedite di cui dispone il regista, sarà una vera e propria finestra sulla vita di un artista così celebre e al contempo così impenetrabile… insomma, non ci resta che correre al cinema!

 

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