«Tremate, tremate, le streghe son tornate!», era uno degli slogan più noti del movimento femminista degli anni ’70 (riecheggiato nelle più recenti manifestazioni in difesa della «194» ).
E se sui nostri schermi arrivano ben quattro serie con una o più protagoniste streghe, un motivo dovrà pur esserci.
Partiamo con The Witcher (Netflix), serie tv fantasy tratta dai romanzi di Andrzej Sapkowski: qui si narrano le gesta di Geralt di Rivia, il “witcher” (o strigo) cacciatore di mostri, la cui potente alleata è la “fattucchiera” Yennefer, maga potentissima nota per le sue abilità e per la sua ammaliante bellezza, nonché grande amore di Geralt.
La prima stagione è già uscita sulla piattaforma, c’è solo da attendere (con ansia!), la seconda.
Il 29 gennaio arriverà invece su Sky Atlantic “A Discovery of Witches” (Il Manoscritto delle Streghe), tratta dalla Trilogia delle anime di Deborah Harkness:
Diana Bishop, storica e strega, trova un manoscritto incantato alla biblioteca Bodleiana di Oxford. Tale scoperta la costringe a buttarsi nuovamente a capofitto nel mondo magico e nei suoi misteri: ad offrirle aiuto, ci sarà Matthew Clairmont, genetista e..vampiro.
E non abbiamo certo dimenticato la nostra Brina, of course!
“Chilling adventures of Sabrina” (Netflix) è la serie tv dai toni dark tratta dal fumetto (omonimo) del brillante Roberto Aguirre-Sacasa: Sabrina Spellman, all’apparenza una normalissima quindicenne di Greendale che si divide tra amici, fidanzato e famiglia, è in realtà una strega per metà. Conciliare questa duplice natura non sarà affatto semplice, soprattutto se le forze del male ed il Signore Oscuro in persona (no, non è Voldemort) minacciano costantemente la tua vita e quella dei tuoi amici.
Le prime due stagioni delle Terrificanti Avventure di Sabrina sono già presenti su Netflix, mentre la terza è in arrivo il 24 gennaio.
Ultima, ma non ultima, l’attesissima “Luna Nera” che andrà in onda dal 31 gennaio su Netflix.
Con una produzione italiana, diretta da un team tutto al femminile (Susanna Nicchiarelli, Paola Randi e Francesca Comencini), è basata sul romanzo Le Città Perdute. Luna Nera di Tiziana Triana.
Siamo nel 1600 quando Ade, levatrice sedicenne, viene accusata di stregoneria dopo la morte misteriosa di un neonato. Allontanata dalla sua città, trova rifugio in una comunità di donne, perseguitate ed emarginate poiché ritenute streghe. Donne colte, conoscitrici di erbe e stelle, donne sagge che hanno scelto di vivere al di fuori della “civiltà”.
Ade dovrà poi scegliere, come nelle migliori tragedie romantiche, tra il suo grande amore (il figlio del capo dei suoi persecutori) e la sua comunità.
Addio ai cliché: streghe si, ma attualissime!
Serie diversissime tra loro, ma con un comune denominatore: le protagoniste sono l’opposto dell’ideale di “strega cattiva” a cui ci hanno abituato a credere.
Queste donne sono forti, indipendenti, indomabili. Donne attuali, che potresti incontrare al supermercato o in biblioteca, per strada, in un bar, in ufficio o in metropolitana.
Queste streghe rinunciano ad ogni tipo di cliché. Non sono cattive, non sono rassegnate, non ricoprono il ruolo di antagoniste. Sono donne sagge, intelligenti, curatrici, donne che conoscono la natura, gli astri, gli elementi, le pietre.
«Sono figure attuali perché il movimento femminista si sta ancora una volta impadronendo di loro per renderle un simbolo di resistenza al patriarcato. Un simbolo particolarmente adatto al nostro tempo (un’era disorientata dalla crisi ecologica): rappresenta l’incarnazione del legame con la natura con l’attenzione alle stagioni, alle fasi della luna, alle piante, ai minerali»
queste le parole di Mona Chollet, autrice di Streghe. Storie di donne indomabili dai roghi medievali al #MeToo.
Strega come donna al servizio di se stessa
Oggi gli esempi di streghe “moderne” in tv sono molteplici: le indimenticabili sorelle Halliwell (Charmed), le streghe dell’East End, la coraggiosa ed indomita Bonnie Bennet (The Vampire Diaries), Cassie Blake di The Secret Circle.
Ma rivoluzionari, a tal proposito, furono già i personaggi di Morgana e Viviana, e in generale di tutte le sacerdotesse della Dea descritte da Marion Zimmer Bradley, nel 1983, nel suo celebre “Le Nebbie di Avalon” (dal quale è stata creata anche una miniserie tv, con la meravigliosa Anjelica Huston nei panni di Viviana).
Queste donne non sono al servizio di uomini e re, ma al servizio di sé stesse e delle loro “sorelle”, della comunità.
La stessa Morgana non è più descritta come “la fata”, l’incantatrice al servizio di re Artù: diventa Morgana la maga.
Sceglie da sola la sua strada, gli uomini chiedono i suoi consigli, si fa largo nel mondo con passione, sacrificio, ma libera, alla fine.
“PARLA MORGANA. Ai miei tempi sono stata chiamata in molti modi: sorella, amante, sacerdotessa, maga, regina. Ora, in verità, sono una maga e forse verrà un giorno in cui queste cose dovranno essere conosciute.” Le Nebbie di Avalon, prologo.
E Morgana è anche il titolo del libro, edito da Mondadori, di Michela Murgia e Chiara Tagliaferri, nato dai loro podcast su storielibere in cui parlano, ovviamente, di sorie di donne.
“In questo libro ci sono donne che la sindrome di Ginger Rogers non l’hanno mai avuta e ai loro traguardi ci sono arrivate lo stesso. Sono mistiche guerrafondaie, fantasmi che si aggirano nella brughiera, bambine ciniche, pornostar col cervello, atlete scorrette, regine del circo della vita, stiliste straccione, estremiste della ferita come arte, architette senza compromessi e icone trasgressive contro tutti i canoni.” Mondadori
“L’empowerment, l’autodeterminazione femminile spaventa talmente che va demonizzata. Qualsiasi qualità faccia ombra a un uomo (l’intelligenza, la forza, la capacità organizzativa, l’intuizione, la genialità artistica) finirà per esser castrata o, quantomeno, descritta come qualcosa di virulento e pericoloso». Quindi, chi sono le vere streghe oggi? «Chi trova il coraggio di sfidare il sistema di potere orientato al maschile: Greta Thunberg, Carola Rackete, Olga Misik. Ognuna di noi può essere Morgana, perché c’è un momento per tutte noi in cui la vita ti mette di fronte la possibilità di compiere un atto “eversivo”. E tu lo compi non per sfida, ma per necessità: quando Grazia Deledda all’inizio del Novecento decide di scrivere, non pensa all’emancipazione, pensa a se stessa”.