Quando si pensa ai burattini, molti di noi tornano subito all’infanzia, non solo con “Pinocchio“, ma anche pensando agli spettacoli magari allestiti nelle fiere di paese, dove si vedono questi simpatici personaggi di legno, che si muovono qua e là, mossi da dei fili, che sembrano però dargli vita. E questi burattini sembrano aver trovato a Parma il loro “piccolo mondo”, all’interno del Museo Giordano Ferrari.
Ma vi siete mai chiesti da dove nascono i burattini? Non nel senso materiale, ma anche dal punto di vista “storico”.
Il termine “burattini” compare per la prima volta nel ‘500 e si pensa che derivi dal nome di un personaggio del teatro comico dell’Antica Roma (il Burattino, appunto).
A sua volta, il nome deriva dai “buratini”, termine coi quali venivano definiti i setacciatori (abburattatori) di farina, che usavano lavorare con movimenti ritmici e ripetitivi.
Di questa forma d’arte si ha notizia fin dall’epoca greco-romana; con il Medioevo e la severità della Controriforma, i burattinai sono costretti a migrare lontano dall’Italia, diffondendosi in tutta Europa.
Ma è con l’Ottocento e la Commedia dell’Arte che i burattini riacquistano fama e successo, e nascono alcune delle maschere più celebri: Arlecchino, Pulcinella, Colombina, Pantalone.
Una fama che continua ancora oggi, con spettacoli che affascinano ancora grandi e piccini, e una tradizione che in alcune famiglie passa di padre in figlio, come nel caso della famiglia Ferrari.
Giordano Ferrari e la sua famiglia: burattinai per amore
Una storia d’amore, quella tra questa famiglia parmigiana e i burattini, iniziata nel lontano 1877 con Italo Ferrari.
Figlio di contadini di Sissa, nella provincia di Parma, decide di assecondare la sua forte passione, quella per i burattini, a dispetto dell’attività di calzolaio.
Dopo poco tempo allestisce il suo primo spettacolo fatto di “pochi burattini, ricavati da paletti, poi alcuni cenci che fungevano da costumi e … tanta buona volontà”.
All’inizio non fu facile, ma negli anni, con le nozioni imparate dal grande Francesco Campogalliani, fratello di Arturo, universalmente riconosciuto come uno dei più grandi burattinai mai esistiti, e l’aiuto dei figli , che Italo e la sua famiglia ricominciò a dedicarsi interamente al teatro dei burattini, tanto da raggiungere il successo a metà del ‘900.
Un’eredità che alla morte di Italo, nel 1961, è stata raccolta dal figlio Giordano e dalla sua famiglia: la moglie, voce di tutti i personaggi femminili, e i figli.
Una fama, che nel 1930 viene dimenticata, a seguito della morte di un collega, che porta Ferrari ad essere quasi dimenticato, ma proprio da qui che nasce l’idea di una “collezione”, frutto della collaborazione di colleghi, i conoscitori e gli amatori per raccontare il mondo dei burattini.
Una collezione che dal 2002 vive all’interno delle stanze dell’ ex-convento di San Paolo.
Il Castello dei Burattini
Un’ esposizione che racconta un’arte antica, quella dei burattini. in grado ancora oggi di suscita meraviglia e allegria.
Il percorso si sviluppa in cinque stanze, nelle quali sono esposti burattini frutto della lavorazione sapiente di diverse famiglie.
Tra queste spiccano le dinastie dei Preti e dei Campogalliani, che hanno influenzato i lavori dei burattinai nei due secoli passati, soprattutto quelli di Parma.
L’ultima stanza, invece, è dedicata proprio alla famiglia Ferrari, in una sorta di “autocelebrazione ” di una famiglia dallo stile originale nell’arte dei burattini.