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Recensione Underwater: il thriller-horror sul fondo dell’oceano

Uscirà il 30 gennaio nelle sale italiane Underwater, thriller-horror con Kirsten Stewart e Vincent Cassel. Abbiamo visto il film in anteprima, ecco la recensione.

 

Fonte foto: Coming Soon

 

Underwater è un thriller-horror che uscirà nelle sale italiane il prossimo 30 gennaio, distribuito dalla Walt Disney Italia.

Il film è diretto da William Eubank e racconta di un gruppo di ricercatori incaricati di perforare nella Fossa delle Marianne, alla ricerca di risorse.

La protagonista è Norah (Kirsten Stewart) che si ritrova a dover sopravvivere ad un’improvvisa breccia creatasi nella base sottomarina.

L’incidente, dovuto ad un forte terremoto, ha danneggiato fortemente la base sottomarina e per i superstiti inizia una vera e propria lotta alla sopravvivenza.

Il gruppo di superstiti decide di camminare sul fondo dell’oceano per arrivare alla stazione più vicina, ma la faglia, che si è creata dopo il terremoto, sembra aver risvegliato qualcosa di oscuro e pericoloso, mai visto da nessun essere umano.

Fonte foto: DarkVeins

 

Il film, che annovera nel cast la Stewart e Vincent Cassel tra i nomi più noti, è un film di sopravvivenza con accenni horror ed una velata critica allo sfruttamento della natura da parte dell’essere umano.

Underwater è un film che strizza l’occhio alle altre pellicole del genere, una fra tutti Alien, anche se ambientato nell’oceano.

Come aspetti positivi, possiamo sicuramente annoverare gli effetti speciali: lo spettatore, grazie alla spettacolarità di alcune scene, viene catapultato sul fondo dell’oceano e gli effetti sonori lo aiutano a vivere il film in una sorta di stato d’ansia dall’inizio alla fine.

Ma gli aspetti positivi finiscono qui.

Underwater è un film pieno zeppo di richiami ad altre pellicole e a cliché visti e rivisti, come la protagonista abile a fare tutto e a salvare la situazione, il personaggio simpatico che fa battute (che non fanno ridere nessuno) e il villain (in questo caso un mostro sottomarino) che viene abbattuto alla fine grazie al sacrificio della protagonista.

Il tutto è condito con una pessima performance del cast (salvando Vincent Cassel), soprattutto della Stewart che non brilla mai di espressività.

La trama è veloce e non viene mai dato il contesto della storia: sappiamo solamente che i protagonisti sono dei tecnici e che hanno l’obiettivo di sopravvivere, in un modo o nell’altro.

Non sappiamo nulla del mostro marino o della storia dei protagonisti, che viene appena accennata con dettagli inutili allo svolgimento della trama.

Il film poteva avere anche del potenziale molto interessante se si fosse dato spazio al contesto e non fosse diventato un semplice survival movie, genere visto e rivisto al cinema.

Forse l’idea vincente sarebbe stata scegliere tra il disastro della base sottomarina e l’apparizione del mostro: scegliendo uno dei due filoni, la storia sarebbe apparsa più completa e meno confusa e con la possibilità di dare più spazio alle storie dei protagonisti a al susseguirsi degli eventi.

Fonte foto. DarkVeins

Ritornando ai rimandi ad altri film del genere, non possiamo che pensare a Sigourney Weaver, protagonista di Alien, presa come modello per la Stewart: taglio corto e fisico atletico, peccato però che manchi totalmente del magnetismo della Weaver, la quale è totalmente ad un altro livello di carisma e di abilità recitativa.

Durante il film, per mantenere la tensione, il regista inserisce qualche jump scare, che stonano totalmente con la pellicola.

Underwater già regala allo spettatore uno stato di ansia perenne per le ambientazioni oscure e a volte claustrofobiche (basti pensare alle tute usate per camminare sul fondo dell’oceano), senza aver bisogni di mezzucci per creare tensione.

Visivamente il film ottiene qualche punto, grazie anche alla fotografia di Bojan Bazelli (che aveva curato la fotografia ne La cura del benessere) e riesce a far addentrare lo spettatore nelle profondità degli abissi, ambientazione che riesce facilmente a terrorizzare.

I dialoghi sono l’essenza della banalità, fra discorsi pseudo psicologici sul lutto di alcuni dei protagonisti (il capitano ha perso la figlia quando era piccola, la protagonista ha perso il fidanzato durante un’immersione), battute che non fanno neanche sorridere e che, tuttalpiù, appesantiscono la situazione ed il finale pseudo-femminista, componente purtroppo utilizzata in tantissimi film recenti e che banalizza il vero significato di empowerment femminile.

Underwater è una pellicola che può essere facilmente nella categoria dei film di serie B.

Un thriller-horror con un’ottima fotografia e visivamente molto bello, ma che pecca in sceneggiatura e performance attoriali e che va a toccare cliché che, ormai, pensavamo appartenessero ad un cinema passato.

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