Vi è mai capitato di entrare in libreria, prendere un libro, perché magari vi attrae la copertina, la trama vi incanta a tal punto da dire “no non posso lasciarmelo sfuggire” alla fine lo comprate (non dopo diecimila prendi e rimetti sullo scaffale), ma una volta arrivati a casa quel libro finisce sullo scaffale o nella vostra libreria, insieme a tanti altri, belli da vedersi, ma che non avete ancora letto? Bè se avete un amico (o amica) giapponese, vi diranno che siete vittime di “tsundoku”.
Ma cos’è esattamente lo “tsundoku”?
Il termine “tsundoku” è uno delle tante parole giapponesi considerate ormai parte integrante del gergo quotidiano occidentale (come “sushi” o “karaoke”), soprattutto degli amanti della lettura, ad indicare coloro che acquistano assiduamente libri senza poi alla fine leggerli , per i motivi più disparati, che vanno dalla mancanza di tempo alla mancanza proprio di voglia.
Etimologicamente questa parola nasce come un gioco di parole, 積んでおく (tsunde oku), che significa “accumulare e lasciare li per un po’”.
Ed ecco che coi libri si tende sempre più a fare questo: acquistarli, per poi metterli impilati in una libreria del proprio soggiorno, o della camera, e lasciarli lì, nella speranza di aver tempo per riprenderli in mano e metterci a leggere.
Un fenomeno, quello di comprare libri che poi non si leggono (almeno dell’immediato) tanto insolito e irrazionale quanto stranamente antico.
E nell’antichità, addirittura, la cosiddetta “bibliomania” non veniva vista di buon occhio dalla società.
Nel Medioevo, ad esempio, gli Occidentali guardavano con disprezzo alla pratica degli Arabi di accumulare libri preziosi.
Una situazione che divenne ancora più difficile nell’epoca dei Lumi, dove questa passione era considerata immorale e pertanto fu proibita.
Solo coi primi del ‘900 la “bibliomania” comincia ad essere considerata indice di raffinatezza e di amore della cultura.
Ma oggi come viene visto questo “acquisto di libri destinati a restare non letti”? La risposta è : dipende dai punti di vista.
C’è chi come i medievali lo vede come un qualcosa di negativo e chi lo vede come un arricchimento, perchè ogni libro acquistato, forse perchè lo compriamo attratti dalla copertina o dalla trama, racchiude tra le sue pagine una parte di noi, della nostra vita.
Una parte, che a volte vogliamo ricordare, rivivere, ed ecco che ci viene, in un momento di nostalgia, di solitudine, di tornare lì, su quello scaffale, e magari di prendere quel “pezzo” di noi, sfogliare le pagine dense di quelle che per molti possono essere semplici parole scritte a macchina, ma che racchiudono tanto.
«Il bibliofilo è esposto all’insidia dell’imbecille che ti entra in casa, vede tutti quegli scaffali, e pronuncia: “Quanti libri! Li ha letti tutti?”»
Umberto Eco
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