Oggi vi vogliamo parlare di un’artista molto particolare: Madeleine Fleau, una giovane donna, che ha trovato nell’obiettivo la sua dimensione. Il suo percorso come artista equivale a quello della persona, e scindere le due anime è praticamente impossibile.
Gli inizi di Madeleine Fleau
Scattò il primo “selfie” quando ancora non si chiamavano così: aveva 13 anni, i capelli biondo platino, il trucco pesante e provava l’ennesimo stile appartenente a qualche sottocultura inglese per trovare la sua identità.
La gente la fissava, commentava o le chiedeva di fare una foto insieme, e questo le piaceva. Si sentiva un personaggio, non solo una modesta ragazzina di città. Con il tempo il suo stile cambiò, ma non smise di venir notata, anche dai fotografi.
Iniziò a posare per gli altri, ma non le bastava mai: non voleva essere una bambola da copertina, voleva manifestarsi nella sua complessità non solo estetica. Voleva dire qualcosa attraverso la fotografia, voleva mandare messaggi oltre l’aspetto fisico.
Il primo autoscatto eseguito con coscienza era in bianco e nero: un tavolo apparecchiato, lei con un abito scuro intenta a mangiare la sua stessa testa nel piatto.
Aveva scoperto Joel Peter Witkin. Era un periodo difficile, di forte stress, si sentiva carnefice di se stessa.
Guardando quella foto si accorse di essere riuscita a rappresentare il caos di settimane in un solo attimo; a prima vista quello scatto sarebbe potuto sembrare terrificante ma in fondo quell’immagine suonava sincera e simile alla realtà. Ha amato e preso a braccetto il paradosso di fotografare il surreale pur dicendo sempre la verità. Questo è il suo marchio: partire da un’immagine irreale per mandare un messaggio vero e concreto.
Gli scatti e il loro significato
Nei suoi scatti racconta storie, a volte sono figlie di un parto plurigemellare di influenze cinematografiche o letterarie, miste a suoi stati d’animo, altre volte sono tratte da leggende popolari.
Le piace scavare tra le paure comuni e primordiali, spaventare ma attrarre, e non per il gusto di fare scalpore ma per rendere più accattivanti delle tematiche che ritiene rilevanti, come la religione, le tradizioni, il rapporto dell’uomo moderno con la Morte, o il culto per l’antico, per il dismesso, per l’abbandonato, per il ricordo.
Madeleine Fleau e le maschere
Per lei la recitazione è una cosa naturale, è abituata a portare maschere, molti dei suoi cari non conoscono la sua produzione e forse mai se l’aspetterebbero considerando quella che per loro rappresenta, per come loro la vivono.
Una volta immaginato lo scenario o la trama inizia il divertimento. Al momento sta lavorando ad una serie che tratta racconti esoterici locali “La Terre de la Lune”, quindi si può dire che basta che lei diventi regista, scenografa, attrice, costumista e il set si fa da sé.
Per lei l’arte è la sua relazione più stabile. Pur passando molto tempo in solitudine a creare, non si sente mai sola quando c’è l’arte; c’è lei, le sue maschere, i suoi personaggi, può essere chiunque, ovunque o nessuno, un aspetto che possiamo legare a un romanzo di uno dei pilastri della letteratura italiana, Pirandello: Uno, Nessuno e Centomila, che può apparire così lontano da come, ai più, superficialmente risulta Madeleine, che, invece, nell’arte trova un enorme libertà che la arricchisce ed alimenta l’entusiasmo verso la scoperta o la riscoperta.
Una interessante miscela che lega arte, fotografia e anima, una dualità di carattere che regala “due gemelle” in un unico corpo. Questo è il personale universo di Madeleine Fleau, un’artista che sicuramente crea immagini d’impatto che non sono mai banali e che di sicuro hanno molto da dire su lei e la sua idea di arte.