Nel 2020 è anacronistico pensare che si parli ancora di razzismo: dovrebbe essere una piaga già estirpata da anni e invece i fatti americani confermano tristemente il contrario. Per il Vintage Friday vediamo come il tema del razzismo venga trattato nelle serie tv.
La morte di George Floyd, 46enne afroamericano, ucciso da un poliziotto bianco è solo l’ennesimo caso di razzismo che scuote gli Stati Uniti.
In tempi così moderni, nei quali abbiamo tecnologie per far tutto, torniamo indietro di anni per colpa del becero razzismo, che si nasconde dietro ogni angolo di questo pianeta.
Le serie tv oggi hanno sempre più impatto sulla massa e hanno trattato fortemente il tema del razzismo, che ancora dilaga oggi.
Per questo, vediamo le migliori serie tv che trattano il tema del razzismo.
Hollywood
Ryan Murphy è un pioniere delle serie tv: sono sue serie che hanno fatto la storia, come Glee, American Horror Story o The Politician.
Recentemente è uscita Hollywood, serie ambientata negli anni Quaranta, gli anni d’oro di Hollywood, con protagonisti un gruppo di giovani promesse che vogliono sfondare nel mondo del cinema.
La serie è ambientata in un periodo ancora duro per gli afroamericani, vittime della segregazione e del Ku Klux Klan. In quel periodo gli afroamericani non ottenevano parti importanti nelle pellicole, ma solo ruoli secondari o marginali. Un esempio è Hattie Daniel, la celebre Mami nel capolavoro Via col Vento, la quale riesce a vincere l’Oscar per la sua interpretazione ma che, paradossalmente, viene relegata ad avere un tavolino lontano dal resto del cast e del pubblico, proprio perché nera.
Ryan Murphy immagina una Hollywood degli anni Quaranta priva del razzismo e dell’omofobia che la contraddistinguevano, immaginando come sarebbero andate le cose in un altro modo.
Murphy costruisce la serie sul “what if”: come sarebbe Hollywood oggi se non ci fossero state le discriminazioni in passato?
Dear White People
Serie statunitense basata sull’omonimo film del 2014 e distribuita da Netflix.
I protagonisti sono un gruppo di afroamericani che frequenta un’università americana composta prevalentemente da bianchi. Nel corso della serie vediamo ben evidenziate le conseguenti problematiche e le discriminazioni per il colore della pelle, soprattutto dal punto di vista del personaggio di Samantha White (Logan Browning), attivista e conduttrice di un programma radio universitario chiamato proprio Dear White People.
Nonostante la tematica importante affrontata, la serie è caratterizzata anche da un pizzico di humor, che mostra, però, l’ipocrisia della buona società americana, ancora costellata da pregiudizi culturali e da meccanismi sociali antiquati.
In questo caso non parliamo della segregazione razziale che c’è stata in America in passato, ma di un razzismo ancora latente presente nella società americana moderna.
Self-Made
Altra serie Netflix, questa volta con protagonista la grandiosa Octavia Spencer.
La serie è ispirata alla vera storia di Sarah Breedlove, conosciuta anche col nome di Madam C.J. Walker, la prima donna diventata un’imprenditrice milionaria, senza alcuna raccomandazione. La Walker era nata in una famiglia di schiavi, poco dopo l’entrata in vigore del Proclama di emancipazione. Dopo alcuni lavori umili, come la raccolta del cotone, inizia a perdere i capelli, situazione molto comune nelle persone più povere del tempo, data la poca frequenza dei lavaggi. La donna sperimenta uno shampoo che favorisce la ricrescita dei capelli e da qui inizia il suo impero commerciale.
Una vita, quella della Walker, non facile, in quanto donna afroamericana a quel tempo. La serie racconta la vita di una donna che non si è lasciata intimidire o scoraggiare dalle barriere sociali e razziali del tempo, creando il suo impero e diventando un simbolo per le generazioni future.
Self-Made racconta la storia di una donna che ha sconfitto le barriere razziali e sessiste dell’epoca, mostrandoci una storia di successo personale.
Orange is the new black
La serie americana, andata in onda dal 2013 al 2019, è basata sulle memorie di Piper Kerman. Piper è una donna del Connecticut che viene condannata a scontare 15 mesi di detenzione in un carcere femminile. Quando Piper entra nel carcere si ritrova di fronte ad una situazione mai vissuta prima, caratterizzata da violenza ed angherie, un’atmosfera completamente diversa dalla sua vita di sempre.
Nonostante il razzismo non sia il tema portante della serie, è una tematica che ritorna puntualmente, mostrando le condizioni delle donne afroamericane in carcere; la tematica torna soprattutto nella settima stagione, nella quale viene trattato anche il tema della clandestinità. In un episodio specialmente, una delle protagoniste, Taystee, si pone come portavoce per raccontare le difficoltà che vive quotidianamente la comunità afroamericana e dei grossi pregiudizi di cui è vittima.
Non solo: alla fine della quarta stagione una delle protagoniste, Poussey (interpretata da Samira Wiley, nota anche per il suo ruolo in The Handmaid’s Tale) viene uccisa da un poliziotto bianco nello stesso modo in cui è stato ucciso George Floyd ed altri prima di lui; il suo corpo viene lasciato sul pavimento della mensa per una notte intera. Uno degli episodi migliori della serie e del mondo delle serie tv, simbolo delle violenze e delle angherie che gli afroamericani subiscono continuamente dalla polizia americana.
When They See Us
Finiamo con una delle serie più simboliche sul tema del razzismo: When they see us.
La miniserie di Netflix racconta un vero fatto di cronaca avvenuto nel 1989. Il 19 aprile 1989 una ventottenne americana fu aggredita e stuprata mentre faceva jogging a Central Park. Vengono fermati cinque giovani afroamericani e latinoamericani, poco più che bambini, vengono ascoltati e anche se le testimonianze non coincidono, così come le tempistiche, quattro di loro vengono condannati per la violenza.
In quel periodo New York brulicava di violenza, le aggressioni erano all’ordine del giorno e serviva qualcuno da accusare. A questo, si aggiungono il razzismo latente della società americana e agenti di polizia violenti: i ragazzini vivono ad Harlem e appartengono a delle minoranze, sono dei capri espiatori perfetti da incolpare per la violenza sulla donna. I quattro ragazzi vengono condannati per il massimo della pena consentito per i minori e Korey Wise, all’epoca sedicenne, viene detenuto in strutture per adulti per scontare la pena.
La loro agonia termina nel 2002, grazie alla confessione del vero assalitore, Matia Reyes, confermato con le prove del DNA. I quattro ragazzi vengono rilasciati, vengono annullate le loro condanne e i loro nomi vengono rimossi dal registro dei trasgressori sessuali.
La serie, nonostante racconti un fatto risalente alla fine degli anni Ottanta, è terribilmente attuale e mostra come gli afroamericani siano il bersaglio preferito della polizia e della giustizia razzista americana.
In tempi come quelli che stiamo vivendo, con un’America infiammata dalle manifestazioni contro il razzismo, è importante vedere e toccare con mano quale sia la situazione americana (e mondiale) sul tema del razzismo.