Antonio Ligabue è considerato un genio sregolata, un folle, un visionario ma per comprendere la sua arte è necessario tenere presente che nasce dall’impossibilità di comunicare, e di amare: la mancanza di amore e gesti di affetto caratterizzerà la sua vita, il suo percorso e il suo approccio con le donne.
Antonio Ligabue veniva considerato folle, uno di quelli che vivono ai margini della società, uno dei tanti fantasmi schivati da tutti, destinati all’oblio. Ha avuto un’infanzia difficilissima, e la mancanza d’amore che ha accompagnato l’artista per tutta la sua esistenza, e che neanche il successo , è stato capace di colmare.
La vita di Antonio Ligabue
Antonio Costa, così si chiamava alla nascita Antonio Ligabue, prese il cognome della madre, non avendo mai conosciuto il padre; dopo il matrimonio della stessa con Bonfiglio Laccabue, di origini emiliane, che lo riconobbe come figlio ne prese il cognome, che però l’artista, una volta maggiorenne, decise di modificare in “Ligabue”: la causa si dice fosse l’odio che nutriva nei confronti dell’uomo, che Ligabue considerava colpevole della morte della madre avvenuta nel 1913, per un’intossicazione alimentare. La madre era l’unico legame che aveva, la sua perdita fu un colpo durissimo.
La famiglia era così povera, che fin dalla più tenera età il piccolo Antonio Ligabue, venne affidato ad una coppia di svizzeri di lingua tedesca, che ben presto si dimostrò incapace di gestire i comportamenti del giovane che alternava momenti di totale silenzio e tranquillità, ad altri di violente crisi nervose, e per questo decisero di consegnarlo ad un istituto.
Dopo questo episodio furono diversi gli istituti in cui venne spostato, e innumerevoli le volte in cui venne espulso a causa del suo comportamento violento, verso gli altri ma soprattutto verso se stesso. Oltre a questi problemi, Ligabue aveva anche gravi malformazioni fisiche, derivate dalla malnutrizione nei primi anni di vita.
Antonio Ligabue e Mazzacurati
Il suo talento naturale per il disegno, però, rimaneva intatto e probabilmente non sarebbe sfociato in niente se non avesse incontrato nel 1927 lo scultore e pittore Renato Marino Mazzacurati, uno dei fondatori della Scuola Romana, che intuisce il talento che si nasconde nella sua arte genuina e gli insegna a utilizzare i colori a olio.
Antonio Ligabue, istintivo, selvaggio, folle, era capace di trasportare i suoi disagi sulla tela, creando opere dall’immediato impatto visivo, molte delle quali ritraevano animali nell’attimo prima di lanciarsi sulla preda, o in lotta tra loro, come lui con se stesso da tutta la vita.
Celebri sono anche i molteplici autoritratti pregni di quelle profondità dell’anima che l’artista faticava a mostrare nella vita: la tela era lo specchio della sua anima, solo così riusciva ad esprimere veramente se stesso.
Antonio Ligabue e la scultura
Ligabue fu anche uno scultore degno di nota. Creava le sue opere con l’argilla del Po, che aveva imparato a conoscere quando lavorava come manovale sulle rive del fiume, una sua caratteristica era quella di masticare l’argilla per renderla malleabile.
Nel 1961 divenne famoso grazie ad una grande mostra personale alla Galleria La Barcaccia di Roma, in cui conquistò critici, artisti e giornalisti.
Il successo durò poco, perchè solo dopo un anno venne colpito da una grave paresi, che non gli impedì di dipingere fino alla sua morte, avvenuta nel 1965.
Un dettaglio nascosto in una frase: “Dam un bes (Dammi un bacio)” svela la sua perenne inquietudine , Una richiesta che Antonio Ligabue ripeteva ad ogni donna che incontrava, una frase che celava un bisogno di amore genuino che neanche il successo, i soldi e il talento erano riusciti a conquistare.
Nonostante fosse nato a Zurigo nel 1899, Antonio Ligabue è da sempre considerato uno dei massimi esponenti dell’arte Naïf in Italia.