Tim Buckley nacque a Washington, ma nel 1956 la famiglia si trasferì in California. Figlio di madre italoamericana e di padre di origini irlandesi, è un immigrato nella Terra dei Sogni. Trascorse l’infanzia ad Amsterdam, cittadina industriale dello Stato di New York, dove ebbe i primi contatti con la musica: la madre era una fedele fan di Miles Davis e il padre era ossessionato dalla musica country.
Imparò a suonare la chitarra e il banjo a 13 anni e con un compagno di scuola formò il suo primo gruppo ispirato al Kingston Trio. Si era specializzato nel repertorio folk e della pop music, che contribuì in maniera massiccia al fenomeno del cosiddetto folk revival. Questo ufficialmente prese l’avvio dal palco del Newport Folk Festival.
Entrò nella squadra di football americano della scuola e durante uno scontro di gioco si ruppe due dita della mano sinistra. Da quell’incidente, non riottenne più l’uso completo delle dita. Per questo motivo fu costretto a modificare l’uso della chitarra.
Tim Buckley, la famiglia e gli esordi: mondi inconciliabili
Il 25 ottobre del 1965, a soli diciannove anni, sposò la compagna di scuola Mary Guibert dalla quale, un anno più tardi, ebbe un figlio: Jeff. Nel 1966 diede vita al suo primo LP. Una volta finita la scuola, abbandonò moglie e figlio per iniziare a esibirsi in diversi club di Los Angeles. I costanti spettacoli permisero al giovane Tim Buckley di essere notato da una delle etichette più in voga degli anni sessanta, la Elektra Records. Gli agenti non ci pensarono due volte prima di metterlo sotto contratto.
Tra il 1967 e il 1969 pubblicò altri due dischi che sono fondamentali per lo stile. Vengono fortemente influenzati dal folk di Bob Dylan, ma le due uscite mostrano un’evoluzione di Tim Buckley. Le tonalità rock psichedeliche del primo vennero sostituite, nel secondo, da tonalità jazz.
La critica promosse in maniera massiccia i dischi, ma nonostante ciò non ebbero successo in termini di vendita.
Passò successivamente all’etichetta di Frank Zappa. Sotto la nuova casa discografica, Tim Buckley pubblicò un album dietro l’altro. Ogni nuova uscita metteva in mostra la crescita musicale del ragazzo e ancora oggi alcuni di questi vengono annoverati come capolavori. Il suo tono di voce, originale e magnetico, unito al suo stile unico di composizione lo resero uno dei maggiori astri nascenti della musica statunitense.
Nonostante l’apprezzamento da parte della critica, Tim Buckley non riusciva ad avere riscontri in termini di vendite. Questo lo portò
a sospendere temporaneamente l’attività musicale, cadendo preda della depressione e sviluppando una dipendenza per l’alcool e droghe.
Tim Buckley, la morte precoce di un genio mai amato
Nel 1972 vi fu il ritorno sulle scene con i suoi ultimi tre album. Questi vengono considerati dalla critica come il punto più basso della sua produzione e, come i precedenti, non ebbero successo.
Tim Buckley è celebre per la vocalità duttile e di grande estensione. Nonostante il carattere malinconico e introspettivo della sua musica, il cantante statunitense viene apprezzato per la sua tendenza a fondere fra loro molti stili diversi in modo da creare una musica “totale”.
Tim aveva incontrato solo rare volte e casualmente, il figlio Jeff, che, anni dopo, avrebbe intrapreso la stessa strada.
Tim Buckley morì la sera del 29 giugno 1975 a Santa Monica, in California, aveva solo 28 anni. Oggi viene considerato, da buona parte della critica, uno dei cantanti più geniali e innovativi dell’intera storia del rock.
Ma questo lui non lo sa.
Buckley fu per il canto ciò che Hendrix fu per la chitarra, Cecil Taylor per il piano e John Coltrane per il sassofono.
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Massimo Bonelli ha fatto la storia del rock. Ha vissuto quest’arte come pochi altri nel panorama mondiale. La sua firma, per The Web Coffee, è un vanto inestimabile. Una testimonianza diretta della migliore musica di sempre. Ogni primo sabato del mese alle 21:00
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