3 Cantine a Marsala (e dintorni) da non perdere
“Da noi, gli homini dovrebbero nascere più felici e gioiosi che altrove, et però credo che molta felicità sia agli homini che nascono dove si trovano i vini buoni…”
– Leonardo de Vinci
Tra le meraviglie da non perdere a Marsala, come potrei non parlarvi delle sue cantine? Ideali per gli amanti del vino, e non solo: visitare queste cantine è una vera e propria esperienza sensoriale, a 360 gradi.
Ho avuto l’occasione (ed il piacere) di scoprirne alcune tra le più belle, degustando prodotti tipici del territorio abbinati a vini gustosi, profumati, inebrianti.
L’enoturismo qui a Marsala è davvero fondamentale.
Assaporare, sentire, imparare, capire, conoscere il vino, non semplicemente l’atto di bere.
Ci sono nomi davvero importanti, qui, cantine rinomate in tutto il mondo, ma queste tre son quelle che mi hanno colpita davvero.
Racconti coinvolgenti, degustazioni tecniche precise, esperienze che coinvolgono tutti e cinque i sensi…forse anche sei.
Del resto, come abbiamo detto, si tratta della città del vino: quindi bando alle ciance, ecco le tre cantine a Marsala (e dintorni!) da non perdere assolutamente.
Cantine Fina
Le prime di cui voglio parlarvi, son le Cantine Fina, una realtà fondamentale nel panorama vinicolo italiano.
Situate nel mezzo della campagna marsalese, i Fina sono stati in grado di rinnovare ed abbellire questo meraviglioso ed affascinante territorio.
Bruno Fina, insieme ad i suoi figli Marco, Sergio e Federica, si sono infatti impegnati nella ristrutturazione di un antichissimo baglio nella contrada Bausa, ed hanno qui impiantato nuovi e numerosi vigneti.
Fina ha lavorato per anni fianco a fianco con Giacomo Tachis, padre della moderna enologia siciliana, colui che ha cambiato il modo di pensare la vigna e ha suggerito i procedimenti di vinificazione più efficaci: ed ha saputo far fruttare al meglio ogni preziosissimo insegnamento del suo maestro.
In pochissimi anni è riuscito infatti, con il duro lavoro in vigna, con la dedizione e l’amore per la terra e per la sua famiglia, a diventare una realtà conosciuta, importante, apprezzata ed affermata in un territorio in cui la cultura del vino è fondamentale.
Inoltre, l’amore per questo territorio ha fatto sì che la famiglia Fina abbracciasse appieno l’agricoltura biologica, nel pieno rispetto per l’ambiente: le attrezzature all’interno della cantina sono infatti tra le più moderne e innovative.
Si dice che Bruno, seduto per terra in queste spettacolari campagne, esattamente nel luogo dove poi sarebbe sorto il suo “impero”, insieme all’adorata moglie sognasse di creare la sua cantina, un luogo che fosse tutto “loro”, in cui realizzare vere e proprie meraviglie. E direi che ci son riusciti.
“Carattere” è la parola d’ordine di Bruno Fina e dei suoi figli, così si legge nel loro sito. E carattere è anche la parola chiave per tutti i suoi vini.
I Fina hanno un dono, in particolare: saper raccontare ciò che producono, trasmettendo di conseguenza la loro passione, le storie e la cultura che son dietro ai loro prodotti.
Storie abilmente narrate da Federica, la più piccola tra i figli di Bruno: è lei che segue l’enoturismo, e riesce a farlo in un modo così coinvolgente da incantare orecchie e palato, quasi fosse un Alberto Angela dell’eno-cultura!
Così, insieme alla sua guida esperta, mi addentro nei luoghi in cui il vino viene effettivamente prodotto, ammiro le botti in cui viene conservato, tocco con mano la materia prima ed assaporo deliziosi acini d’uva, gli stessi che poi daranno vita alla “bevanda degli dei“.
Infine, mi racconta le suggestive – ed a tratti commoventi – storie che ci son dietro ognuno di essi: iniziando dal Kebrilla, il Grillo delle cantine Fina, un vino strutturato, ottenuto da uno dei vitigni più antichi della Sicilia.
E’ il più difficile da produrre, poiché l’uva va raccolta al “momento perfetto”.
Di colore giallo paglierino, è un vino elegante, con un bouquet floreale di gelsomino e di ginestra, insieme a gradevoli note vegetali. Al palato è dolce e maturo, molto fine, e si abbina perfettamente a molluschi, pesce, crostacei. E’ anche ottimo da gustare come aperitivo.
Ma è stata la storia che nasconde a colpirmi: il nome Kebrilla è nato in onore di una canzone di Jovanotti, “Kebrillah” appunto, ed è una speciale dedica alla moglie di Bruno Fina, venuta purtroppo a mancare.
Devo dire che tra tutti quelli degustati, questo è quello che ho apprezzato di più: sarà che l’amore di Bruno e dei suoi figli, si esprime e s’intende alla perfezione in questo vino delicato, delizioso, perfetto.
Non posso poi non menzionare il Kiké, nome nato dal vezzeggiativo dato proprio a Federica: è infatti il vino bianco a lei dedicato. Al suo interno troviamo Traminer Aromatico e Sauvignon Blanc, che gli conferisce acidità.
Di colore giallo paglierino anch’esso, ma tendente all’oro, è ricco di aromi: mela, pera, frutti esotici, agrumi e miele. Al palato risulta tutt’altro che stucchevole: è infatti un vino secco, acido al punto giusto, buonissimo.
Particolare menzione merita il Caro Maestro, vino rosso ovviamente dedicato a Tachis: un misto tra Cabernet Sauvignon, Merlot e Petit Verdot e affina per due anni in barrique di rovere.
Questo è il vino più complesso, un grande tributo, qui si assapora la reale generosità dei vitigni siciliani. Al palato risultano note minerali, un sapore leggermente amaro, ma ampio e coinvolgente. Il bouquet è speziato, e sa di cacao, di chiodi di garofano, di noce moscata e di frutta.
Ho amato anche il Vola Vola, il Viognier della casa, bianco tipico del sud della Francia, il cui nome nasce da un gioco che i tre fratelli facevano da bambini. Questo vino si presta ad abbinamenti più strutturati, di pesce ma anche di carne.
Ho particolarmente apprezzato, infine, anche il bianco Taif, lo Zibibbo di casa Fina, ed il rosso Perricone.
E’ davvero ammaliante degustare vini così buoni accompagnati da un gustosissimo aperitivo, seduta sulle bianche poltrone di una grande terrazza in legno affacciata sulla campagna marsalese, osservando i colori del tramonto, cremisi, arancio e viola che si fondono tra loro, e godendo della fresca brezza delle prime ore serali: uno spettacolo suggestivo, incantevole, perfetto.
Il successo della famiglia Fina deriva a mio parere dalla loro profonda unione, dall’amore per la famiglia e dalla passione che provano, tutti loro, per questa terra spettacolare e per tutti i suoi frutti.
E non esiste motivazione più bella per creare.
(Potete trovare la Cantina a Marsala (TP), in Contrada Bausa snc, 91025)
Cantina Martinez dal 1866
La cantina Martinez nasce nel 1866 a Marsala, quasi 150 anni fa, e prende il nome dalla famiglia che l’ha fondata e che da ben sei generazioni porta avanti quest’impero e rende unici i prodotti che realizza, in un connubio perfetto tra innovazione e tradizione.
L’azienda non produce vini da pasto, ma solo ed esclusivamente Marsala: è rimasta infatti fedele alla sua produzione iniziale, quella del più prestigioso vino liquoroso d’Italia.
All’ingresso delle cantine mi accoglie Sergio, che di mestiere fa l’architetto e che fa parte della quinta generazione della famiglia Martinez: “Io non lavoro in cantina, ma se ogni giorno non vengo qui a sentire l’odore del vino, per me non è giornata! Questo è il luogo in cui sono cresciuto, il luogo in cui giocavo a nascondino con i miei cugini, in mezzo alle botti: questo per farti capire quanta passione abbiamo in famiglia per questo prodotto, una passione che ci viene tramandata da decenni!” confessa.
Ed inizia, con sguardo ammirato ed orgoglioso, a raccontarmi del fondatore dell’azienda, Carlo Martinez.
Carlo era un commerciante di origini napoletane. Da Napoli si trasferì a Palermo dove conobbe la famiglia dei Florio: qui capì di voler far parte del business del Marsala, e si trasferì nuovamente nell’omonima città. Sposò una marsalese e fondò la sua prima cantina.
Da allora, la passione per il vino viene tramandata di padre in figlio, di generazione in generazione: la settima è già nata, con la speranza che entri presto in cantina!
Il Marsala è, come abbiamo detto, un vino liquoroso o fortificato: ciò significa che ad un vino base vengono aggiunti acquavite o alcol, mosto concentrato, mosto cotto o mistella (si tratta di un mosto addizionato di alcol etilico o acquavite di vino).
Molti, mi spiega Sergio, non sanno che il Marsala è stato il primo vino italiano la cui produzione è regolata da una legge.
Sia la coltivazione delle uve che la produzione del vino, infatti, devono esser fatte in una determinata zona della Sicilia, che corrisponde su per giù alla provincia di Trapani, escludendo alcune zone come Alcamo e Pantelleria (zone in cui esistono altri tipi di prodotti D.O.C.)
Inoltre le uve con le quali si realizza il vino base per il Marsala, devono necessariamente essere il Grillo, l’Inzolia, il Catarratto ed il Damaschino.
La legge che regola la produzione di questo vino, stabilisce anche delle date minime di invecchiamento: un Marsala che invecchia un solo anno, è chiamato Marsala Fine. Potrebbe, dal nome, sembrare un Marsala ricercato, invece si tratta di un vino che non è ancora pronto per essere bevuto, mentre è molto utile in cucina.
Il Marsala Superiore, invece, deve invecchiare almeno due anni, mentre il Superiore Riserva almeno quattro.
Ne consegue che più invecchia, più diventa buono: un Marsala Vergine invecchia nelle botti almeno cinque anni, il Vergine Riserva almeno dieci anni.
“Mia nonna mi regalò una bottiglia senza etichetta, sulla quale c’era scritto soltanto 1860. Lo tenevo nel mio studio, finché un giorno la cameriera lo fece cadere: l’odore del Marsala restò nell’aria per almeno tre mesi, non riuscivo a mandarlo via! Scoprii poi che si trattava di un Marsala invecchiato più di cento anni…” racconta Sergio.
La cantina Martinez produce anche altri vini liquorosi, il più importante dei quali ha reso l’azienda leader in Italia e in tutto il mondo: parliamo del Vino Santa Messa.
E’ esattamente il vino utilizzato dai preti durante le celebrazioni eucaristiche: questo vino è regolato da un codice del diritto canonico, che stabilisce che il vino deve necessariamente essere naturale, provenire esclusivamente dal frutto della vite e non essere alterato. Viene infatti sottoposto ad analisi e verifiche, alla cantina viene poi rilasciato un attestato a firma del Vescovo e la botte in cui è contenuto il vino viene completamente sigillata con la ceralacca.
Il Vino Santa Messa viene realizzato sia bianco che rosso, ed è molto apprezzato dai preti!
Sergio racconta poi come nacque in effetti il Marsala: nel territorio siciliano erano soliti giungere dei commercianti inglesi con le loro navi, che caricavano di cenere di soda, prodotto molto richiesto dall’industria del suo Paese, ricavato dalla combustione di una pianta.
Uno di questi commercianti, un certo John Woodhouse, diretto a Mazara Del Vallo, a causa di una tempesta improvvisa fu costretto a ripararsi nel porto di Marsala. Fu qui ospite di alcune famiglie, ed ebbe l’occasione di assaporare il vino perpetuo, vino tipico dell’epoca a Marsala.
Woodhouse, esperto nell’arte del commercio, capì che questo vino era simile a quelli che andavan di gran moda a quel tempo in Inghilterra, vini spagnoli come il Porto ed il Madeira, e decise così di introdurre anche questo vino nei salotti inglesi. Così, piuttosto che caricare le sue navi con la soda, le riempì con diverse botti di vino perpetuo.
Dovendo però affrontare un lungo viaggio, decise di aggiungere dell’acquavite al vino base, per far sì che non si rovinasse: così nacque il Marsala.
Bisogna aspettare il 1832 per trovare il primo nome italiano tra i produttori di Marsala: “i Florio”, una famiglia di borghesi illuminati che cambiarono il volto della Sicilia del ‘900.
Nel 1866 giunse poi Carlo Martinez, e da lui parte la nostra storia.
Ho avuto modo di degustare, assieme agli abbinamenti adatti consigliati proprio da Sergio, alcuni tra i vini più buoni della Cantina Martinez, ma quelli che ho più apprezzato son senza dubbio i seguenti.
Innanzitutto il Marsala Superiore Garibaldi Dolce DOC, dall’intenso colore ambrato, il cui nome deriva dal fatto che Garibaldi, per l’appunto, amasse particolarmente questo tipo di vino liquoroso.
Il Rossomandorla, l’ultimo nato tra gli aromatizzati in casa Martinez, frutto dell’unione di due sapori tipici siciliani: il Nero D’Avola e le mandorle. Si tratta di un vino dolce da dessert, dal colore rosso rubino, intenso e gustoso.
Piccola curiosità: assaporandolo, si avverte subito un bouquet fruttato, di ciliegie, quasi come fosse uno sherry. Ma di ciliegie non c’è l’ombra al suo interno! E’ davvero particolare, forse quello che ho amato di più.
Infine, un Marsala DOC vintage, il Cavaliere: dedicato a “nonno Carlo”, esponente della quarta generazione Martinez.
Un uomo dall’eleganza innata, esattamente come questo Marsala: il colore oro brunito, intenso al naso, secco ma morbido in bocca.
Insomma, un’esperienza resa unica non solo dall’intenso e delizioso gusto dei Marsala, ma anche dalla passione, dall’amore e dall’orgoglio con cui è stata raccontata la storia di questa meravigliosa cantina. Chapeau!
(Potete trovate la Cantina Martinez a Marsala (TP), in Via Mazara, 209)
Cantina Quattrocieli
La Cantina Quattrocieli è invece un’azienda giovanissima, nata con lo scopo di produrre un vino fresco e genuino, “creando un perfetto equilibrio tra modernità e innovazione“, come si legge sul loro sito.
Stavolta ci troviamo sì in provincia di Trapani, ma non più a Marsala: siamo ad Alcamo, più interna e brulla.
Qui sorge la cantina “Quattrocieli“, fondata nel 2015 da Leonardo Alcamo, che la gestisce tutt’oggi insieme ad i suoi figli, Valentina, sommelier, e Giuseppe, laureato in enologia.
I fratelli Alcamo uniscono le proprie competenze per realizzare non solo un prodotto perfetto, ma anche un’esperienza “enoturistica” unica ed indimenticabile.
Mi accolgono calorosamente, e mi parlano della loro terra, del duro lavoro che c’è dietro la produzione dei loro prodotti, dell’amore e della passione che hanno da sempre per questo mestiere.
Fin dal principio, sogno della famiglia era produrre vino biologico risaltando i vitigni autoctoni del territorio, e portano avanti questa scelta, questo stile di vita, utilizzando solo prodotti a bassissimo impatto ambientale, come verderame e zolfo.
Per la famiglia Alcamo la salvaguardia dell’ambiente è necessaria e fondamentale: e lo dimostrano rifiutando ogni genere di pesticidi, fertilizzanti artificiali e diserbanti. L’intenzione, sarebbe addirittura quella di arrivare a un apporto di CO2 vicino allo zero.
Per il momento, le più moderne tecnologie enologiche vanno a braccetto con la tradizione e con i valori tramandati di generazione in generazione: la raccolta dell’uva è praticata infatti rigorosamente a mano, seguendo i ritmi della natura, delle stagioni e di ogni specifico vitigno.
Solo in questo modo l’uva raccolta può essere qualitativamente ottima, sana e perfetta.
La vendemmia per la famiglia Alcamo è un avvenimento unico, che unisce sudore e fatica ad una gioia, e ad un orgoglio ineguagliabile!
Ed il risultato è davvero strabiliante: i vini della cantina Quattrocieli sono davvero ottimi.
Ed avere il piacere di degustarli è davvero un onore.
Valentina e Giuseppe non mi raccontano semplicemente della famiglia e dell’azienda, ma mi spiegano anche ogni passaggio della produzione del vino, nei minimi dettagli, anche quelli più minuziosi, ed ovviamente tutte le differenze che ci sono nella realizzazione di rossi, bianchi, rosati e così via.
Non solo: riescono a farmi sentire, assaporare la loro storia. Organizzano per me un pic-nic all’aperto, con prodotti semplici, buoni, prodotti della loro terra. Un pic-nic, tra l’altro, in una location da sogno: davanti a me, un’immensa, florida e verde vallata, degna dei migliori paesaggi di Tolkien.
Un tramonto da sogno, silenzio, pace, tranquillità, qualche ape che ronza placida e e gli adorabili gattini della famiglia Alcamo che alternano giochi e fusa.
E’ Valentina a cucinare, ed è una cuoca provetta, oltre che un’esperta sommelier!
Abbina perfettamente vini e cibi, mi chiede di chiudere gli occhi per poter apprezzar meglio innanzitutto il bouquet del vino “Quattrocieli”: a volte speziato, altre fruttato, altre volte ancora floreale. Inebriante è dir poco.
Tuttavia, ne ho amati alcuni in maniera più intensa: innanzitutto “Jocu” il Catarratto della casa, un vino biologico realizzato scegliendo solo i grappoli migliori. Di colore giallo paglierino intenso, dai riflessi dorati, all’olfatto presenta un bouquet fruttato, ma con sentori di gelsomino e zagara. Un vino seducente, al palato agrumato, uno dei migliori in Sicilia.
Poi, ovviamente, c’è il “Coralium“: il Syrah della cantina, un rosato con sentori di frutti rossi e dal colore rosa intenso, brillante, un vino che profuma di fiori di campo. Davvero spettacolare.
Infine, non posso non menzionare il “Fluente“, un Inzolia dal bouquet intenso e avvolgente, tra i più antichi vitigni autoctoni dell’isola. Un vino intenso, fresco, dal colore giallo chiaro e dal bouquet suadente, con sentori di mela e limone. Al palato risulta armonico, fresco, con una nota finale leggermente sapida.
Insomma, valori, tradizione, amore per il territorio e cura dell’ambiente, rendono questa cantina, questa famiglia, davvero speciale.
(Potete trovare la Cantina Quattrocieli ad Alcamo (TP) SS119 Km 3.3, 91011)
Insomma, realizzare vino non è un semplice atto pratico: è amore, passione, gioia, sudore, durissimo lavoro, orgoglio ed estrema soddisfazione.
Poter visitare queste cantine, capire, scoprire, conoscere ed imparare il vino, è stato per me un vero onore.
Scegliere di visitare queste terre, questi luoghi, vuol dire lasciarsi conquistare dal vino e dal buon cibo, dal mare e dai venti, vuol dire poter ammirare panorami indimenticabili, lasciarsi cullare dai ritmi della natura, privi di fretta, innamorarsi, ancora, ancora e ancora.
(Fonti: zingarate, siviaggiare, salsedineelibertà)