Plus sizes vs size Inclusive, un fenomeno attuale nell’industria della moda
Margherita Giacovelli
Plus sizes vs size Inclusive: perchè ancora se ne parla
Nel corso degli ultimi anni, abbiamo avuto la possibilità di osservare che diversi marchi hanno orgogliosamente avvertito i propri fedeli clienti della decisione di estendere le collezioni alle plus sizes. Il fatto di doverlo ancora acclamare, come un evento del tutto straordinario, fa sorgere forti interrogativi riguardo i concetti di Size Inclusive e Plus Size.
Spesso, però, la dura verità di queste linee di abbigliamento è quella di lanciare solo 3 abiti “inclusivi” su un totale di 10-20 capi. La frustrazione più grande deriva, allora, dal fatto che questa situazione si ripresenta più e più volte nel corso della storia del fashion.
La delusione degli acquirenti plus size è così grande che non è difficile trovare condivisioni di questi stati d’animo sui propri canali di social media tra cui Facebook o Instagram.
Gli acquirenti plus size, quindi, si chiedono quali siano le ricerche reali dietro queste scelte e quanto, realmente, si punti a capitalizzare nel mondo del fashion ragionando su concetti di inclusività.
Aggiungere la XL non vuol dire offrire alternative ai plus sizes
Tantissimi sono i marchi che si sono ritenuti inclusivi solo per aver aggiunto alla limitata offerta di taglie una XL o, in alcuni casi, la XXL. Sono davvero consapevoli del fatto che anche chi possiede (per qualunque motivo) una taglia superiore a queste, possa desiderare di vestire bene, seguendo le tendenze?
I brand non hanno (probabilmente) ancora capito appieno la potenzialità del mercato plus size e di quanto questa manovra possa catturare nuovi fedelissimi. In fondo, l’obiettivo del mercato non è quello di raggiungere un fatturato sempre maggiore? Perchè, quindi, non fare in modo di chiudere il cerchio, andando a riempire di colori, texture e tessuti anche quella fetta della torta del commercio sempre più bistrattata?
Gli stilisti hanno tra le mani la possibilità di inventare e creare capi in tutte le dimensioni possibili ed immaginabili e, con l’aiuto del proprio ufficio di pubbliche relazioni, è possibile creare campagne ad hoc in grado di pubblicizzare le aggiunte.
Non è difficile ampliare la propria gamma di misure e taglie. In questo modo, chiunque passi dallo store o dal sito web del brand, avrà la possibilità di acquistare anche i nuovi arrivi, aumentando le possibilità di conversione.
L’abbigliamento dovrebbe essere disponibile in tutte le taglie
Se un brand non offre in full size tutti i capi della gamma pubblicizzata, significa che non è inclusivo. Questo discorso vale per molti marchi, soprattutto per quanto riguarda il settore del fast-fashion. Perchè donne o uomini plus sizes dovrebbero accontentarsi di un’offerta spesso minima o adattarsi a collezioni differenti rispetto a quelle di tendenza in quel momento?
Se un marchio non ha intenzione di rendersi inclusivo, sta commettendo un errore. La cifra che lascia sul tavolo, alla mercè del più lungimirante, è davvero troppo elevata.
Gli acquirenti si aspettano di poter partecipare attivamente all’acquisto di capi, senza però doversi chiedere, prima di entrare in un negozio se troveranno mai la taglia.
Come diventare un brand size-inclusive?
Il termine “Inclusivo” nel dizionario sta a significare il “non escludere alcuna sezione della società in qualcosa”. I plus-sizes sono una vera comunità, esistono. Non si può parlare di inclusività se poi ci si deve ancora chiedere se sia realmente possibile acquistare da quell’e-commerce o negozio fisico.
L’esclusione è una vera e propria forma di bullismo.
Plus sizes vs Size inclusive in un mondo ideale
Immaginate un negozio di abbigliamento in cui non importa quale sia la vostra taglia, perchè le collezioni non si fermano di fronte a nulla. Qualunque sia la vostra costituzione o forma, troverete qualcosa che si adatti alla perfezione.
Anche se potrebbe sembrare un concetto totalmente radicale, accompagnato ad una visione lontana del settore fashion del futuro, alcuni brand si stanno organizzando per lavorare in tal senso.
L’obiettivo è quello di realizzare design disponibili dalla taglia XXS alla 15X ed oltre, se dovesse essere necessario, dando la possibilità di personalizzare qualunque articolo così da renderlo adatto a qualunque corpo.
Non dimentichiamo, però che l’inclusione non rappresenta solo la vendita di abbigliamento di dimensioni maggiori. Significa offrire capi di qualità a questa specifica fascia di acquirenti, nella gamma di stili e prezzi offerti alle controparti con taglie “convenzionali”.
Troppe donne non possono adattarsi alla maggior parte degli indumenti offerti
L’industria della moda fa ancora fatica ad essere più size-inclusive, premiando ancora oggi i corpi magri. L’ upsizing rappresenta ancora un costo che molti non sono disposti a sostenere, con il risultato che moltissime donne non riescono ad adattarsi a gran parte degli indumenti.
Il mondo del fashion si preoccupa più dell’immagine della donna perfetta, come avviene da cinquant’anni a questa parte, dimenticando l’emarginazione della moda che ne consegue per gli acquirenti plus.
Alcune grandi aziende, però, hanno deciso di discostarsi da questa visione, iniziando ad inserire anche plus-size nelle proprie pubblicità. Ma non basta. Quello a cui si dovrebbe aspirare è una inclusione radicale, in cui i rivenditori decidono di espandere la propria tabella delle taglie. Una sorta di rivoluzione della moda, in cui è l’immagine reale è il fulcro.
Includere vuol dire anche creare abbigliamento più piccolo
Con l’introduzione di più collezioni da parte dei rivenditori, alcuni hanno iniziato a ramificare la produzione sia per quanto riguarda i plus che per le dimensioni più piccole. In questo modo, chiunque avrà la possibilità di recarsi in qualunque negozio fisico o sul web per acquistare ciò che si preferisce.
I clienti devono avere la possibilità di visionare i vestiti su modelli di ogni tipo di corpo, così da eliminare lo sforzo mentale di dover immaginare l’effetto di un certo capo su un fisico molto minuto o su uno più imponente. Per fare questo, è necessario però che l’industria del fashion si ricalibri, valutando tutto ciò che costituisce il concetto di piccolo, medio e grande.
Questo scaturirebbe un’irrilevanza delle dimensioni, tale da portare, di conseguenza, a non separare più i capi per taglie, eliminando quel filo sottile tra linea dritta e plus-size.
Il problema è che ancora tutto questo è irrealistico, perchè la maggior parte dei brand non prenderà, almeno per il momento, la decisione di rivoluzionarsi, creando una vera e propria frattura nel mondo della moda.
Dimensione e stile rappresentano solo una piccola parte del concetto di inclusione. Bisogna combattere sul sentimento di demotivazione e marginalizzazione derivante dall’entrare in un negozio e non essere in grado di provare nulla, nè di acquistarlo.
Inclusione vuol dire essere più etici, non solo realizzando stoccaggi di taglie più grandi (o più piccole).
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