I Romani erano omofobi? Pompei, l’antica città distrutta dal Vesuvio nel 79 d.C., riserva sempre molte sorprese. Alla fine dello scorso dicembre gli archeologi rivelano di aver scoperto un termopolio in eccezionale stato di conservazione. Però a turbare questa grande scoperta è stato il rinvenimento di una scritta ritenuta omofoba.
La scritta del termopolio di Pompei: che cosa è stato scoperto?
Prima di entrare nella questione della frase che ha suscitato scalpore, è bene spiegare l’importanza della scoperta di questo termopolio.
Partiamo col dire che il thermopolium era l’antesignano delle nostre tavole calde dove i Romani, soliti a mangiare fuori casa, sostavano per il prandium. Queste locande erano assai diffuse nelle città dell’Impero e nella sola Pompei se ne contano almeno ottanta.
Quello scoperto nel dicembre scorso ha attirato l’attenzione per via del suo stato di conservazione. Infatti è rimasto pressoché intatto il bancone con le sue buche dove venivano conservati i cibi e dei bellissimi affreschi che raffigurano alcune delle pietanze servite nel locale.
Inoltre sono stati scoperti dei frammenti ossei degli animali che venivano serviti e trovano riscontro con quelli rappresentati negli affreschi.
Questi ritrovamenti ossei sono utilissimi per ricostruire la dieta di un Romano del I secolo d.C. e scoprire qualcosa di più sulla cucina degli antichi dominatori del Mare Nostrum. Perciò non resta che aspettare gli esiti delle ricerche che gli studiosi portano avanti con metodi all’avanguardia.
Le reazioni.
Una scoperta di questo livello ha dato lustro al sito di Pompei che negli ultimi anni è stato nell’occhio del ciclone per le critiche e la scarsa manutenzione. Il 2020 si è dimostrato per l’antica città campana un anno più che positivo in termini di scoperte.
Il ministro dei beni culturali Dario Franceschini e il direttore ad interim del Parco Archeologico di Pompei Massimo Osanna hanno espresso soddisfazione per le scoperte e la qualità dei lavori compiuti dal team interdisciplinare.
Il direttore Massimo Osanna ha dichiarato:
«Oltre a trattarsi di un’ulteriore testimonianza della vita quotidiana a Pompei, le possibilità di analisi di questo Termopolio sono eccezionali, perché per la prima volta si è scavato un intero ambiente con metodologie e tecnologie all’avanguardia che stanno restituendo dati inediti. All’opera è un team interdisciplinare composto da un antropologo fisico, archeologo, archeobotanico, archeozoologo, geologo, vulcanologo: alle analisi già effettuate in situ a Pompei saranno affiancate ulteriori a analisi chimiche in laboratorio per comprendere i contenuti dei dolia, cioè contenitori in terracotta».
Mentre il ministro Franceschini ha detto:
«Con un lavoro di squadra, che ha richiesto norme legislative e qualità delle persone, oggi Pompei è indicata nel mondo come un esempio di tutela e gestione, tornando a essere uno dei luoghi più visitati in Italia in cui si fa ricerca, si continua a scavare e si fanno scoperte straordinarie come questa».
I Romani erano omofobi? L’omosessualità 2000 anni fa.
I Romani erano omofobi?Premessa.
L’iscrizione che ha attirato l’attenzione recita “Nicia cinaede cacator”, traducibile con “Nicia il cacatore invertito”. Si trova sopra un affresco e il suo autore, come il suo destinatario, è sconosciuto.
Non è la prima volta che riaffiorano iscrizioni e graffiti a Pompei o in altri siti romani. Questi sono utilissimi per entrare nella vita quotidiana degli antichi e conoscere dettagli preziosi sulla lingua popolare, lontana dalla perfezione dei grandi scrittori.
Tuttavia, proprio perché entriamo a contatto con la cultura e la mentalità di 2000 anni fa, è fuorviante imporre i nostri metri di giudizio e la nostra sensibilità su di esse. Infatti è impossibile che dopo due millenni gli uomini siano rimasti uguali.
Questa premessa serve per avvertire il lettore di essere cauto ad usare concetti moderni, come l’omofobia in questo caso, sui Romani o qualsiasi altro popolo che abbia calcato la terra prima di noi.
È molto importante avere un approccio neutro e imparziale, lo stesso usato dagli studiosi, per analizzare e comprendere la forma mentis degli antichi che molto spesso era totalmente diversa dalla nostra.
I Romani erano omofobi? Come concepivano il sesso e l’orientamento sessuale i Romani?
Nell’antica Roma la netta distinzione tra eterosessuale e omosessuale non esisteva. Infatti se sfogliaste un dizionario di latino scoprireste che non esistevano neanche le parole che rappresentavano i due orientamenti.
L’amore e il piacere sessuale erano concepiti come doni della dea Venere e come tali era possibile goderne senza vergogna sia con i maschi che con le femmine.
Allora è vero che i Romani erano più aperti di noi sul sesso? Attenzione, questa “libertà” sessuale pare simile a quella del 2020, ma partiva da presupposti ben diversi. Come detto prima, il sesso era un dono divino, come il vino, ma c’erano precise regole che stabilivano cosa era lecito e cosa no.
Queste limitazioni affondavano le loro radici nel rapporto tra dominatore e dominato e nel culto della virilità, fondamentali per un Civis Romanus. Inoltre queste regole valevano sia per i rapporti omosessuali che eterosessuali.
I Romani erano omofobi? Il rapporto omosessuale e le sue regole.
Il cittadino romano adulto con pieni diritti non poteva avere rapporti con persone di pari grado al di fuori del matrimonio. Quindi, il motto moderno “Love is Love” non trova nella Roma antica applicazione.
I rapporti erano consentiti con schiavi, liberti (ovvero ex-schiavi), prostituti (ricercati più dagli uomini che dalle donne) e infames, uomini che a causa del loro stile di vita dissoluto avevano perso il loro status giuridico e sociale.
Inoltre era molto diffusa la pederastia. I Romani consideravano molto più accettabile fare sesso con dei giovinetti di umili origini tra i 12 e i 20 anni rispetto che a degli uomini adulti e liberi. Erano ammessi anche rapporti con schiavi e liberti più anziani.
L’età e lo status sociale non erano gli unici paletti che regolavano il sesso nella Roma antica. Un altro fattore fondamentale erano i ruoli nel rapporto.
Il Civis Romanus doveva sempre essere la parte attiva in quanto dominatore e vir (uomo moralmente integro), mentre lo schiavo o qualsiasi altro soggetto di rango inferiore la parte passiva. Invertire i ruoli era considerato un grave segno di sottomissione e un attentato alla virilità del cittadino.
Inoltre le infrazioni nella pratica omoerotica erano definite anche dalla Lex Scantinia del 149 a.C. che sanzionava con multe fino a 10000 sesterzi i trasgressori.
I Romani erano omofobi? I trasgressori: il lessico dell’infamia.
Il cittadino romano che infrangeva queste ferree regole veniva etichettato con termini specifici. Queste parole erano particolarmente infamanti per un uomo libero, ma alcune possedevano diverse sfumature non negative e quindi non traducibili con degli insulti in italiano.
Tra gli insulti più usati c’erano pathicus, exoletus (questo era specifico per coloro che, più che ventenni, desideravano essere passivi nel rapporto sessuale) e cinaedus. Quest’ultimo è l’insulto rivolto al Nicia dell’incisione di Pompei.
Chi sarà mai questo Nicia? A giudicare dal nome era una persona di origini greche e probabilmente un liberto. Il buontempone lo accusò di essere invertito, non perché non tollerasse la sua omosessualità, come potrebbe pensare un moderno, ma perché aveva infranto delle regole su quella pratica che era considerata normalissima.
C’è da dire anche che le pratiche omoerotiche erano diffuse in tutta la società romana. Perciò non erano considerate tipiche di pochi privilegiati che conoscevano la cultura greca dove i rapporti omoerotici erano diffusi.
La letteratura latina è piena di storie d’amore tra due uomini. Mentre nelle arti figurative non mancano rappresentazioni di scene e personaggi omosessuali.
Gli insulti citati prima ed altri che rimandavano alla mollezza dei costumi venivano rivolti anche agli effemminati. In particolare, però, non erano tollerati come al solito atteggiamenti femminili negli adulti romani. Invece i ragazzi effemminati erano considerati attraenti sia dagli uomini che dalle donne.
I Romani erano omofobi? La piaga dei cacatores.
In “Nicia cinaede cacator” c’è anche un riferimento ad un altra questione spinosa per i Romani: quella dei cacatores.
Come si può facilmente intuire un cacator era una persona che espletava i suoi bisogni per strada o vicino a monumenti suscitando l’ira degli abitanti del posto e degli dei.
Nella stessa Pompei sono stati rinvenuti graffiti che contenevano minacce e maledizioni contro i cacatores. Un esempio è:
“CACATOR CAVE MALUM / AUT SI CONTEMPSERIS HABEAS / IOVE IRATUM” (CIL IV. 7716)
“O cacatore stai attento/ o se ignori (questa minaccia) che tu possa/ incorrere nell’ira di Giove”.
In alternativa i proprietari delle botteghe o dei thermopolia affrescavano i muri con animali feroci, in particolare i serpenti, per dissuadere i cacatores.
Anche la letteratura non rimaneva sorda davanti a quella che era in tutto e per tutto una piaga della società romana. Poeti come Marziale e Giovenale, noti per i loro epigrammi salaci, fecero riferimenti nelle loro opere al fenomeno dei cacatores usandolo come strumento di ironia.
Per avere un assaggio di quello che i due poeti dicevano si può vedere Marziale, Epigrammi XI, 77 oppure Giovenale, Satire I, 131-132; III, 276-277. Inoltre anche Seneca, Orazio, Persio e altri autori hanno detto la loro su questo tema.
I Romani erano omofobi? Il gusto per il dileggio e l’assenza del politicamente corretto.
La frase “Nicia cinaede cacator” risulterà agli occhi dei moderni non solo omofoba, ma anche estremamente volgare. I termini sono palesemente presi dal registro più basso del latino, lingua capace di passare da parole elegantissime al turpiloquio becero.
Tuttavia per un Romano di 2000 anni fa non era così grave prendere in giro un avversario o un conoscente con parole volgari e battute pungenti.
La stessa letteratura è piena di esempi che vanno dalle gare di insulti nelle commedie di Plauto (Pseudolus, vv. 340-393; Persa, vv. 405-428) alle orazioni di Cicerone e ai componimenti di Catullo (Carmina 16, 25 e 33 dove il poeta attacca un suo giovane amante) e Marziale (che nei suoi epigrammi si prendeva gioco di moltissime persone famose dell’epoca).
I Romani avevano ereditato dai Greci e dagli Italici il gusto per la comicità irriverente e volgare. Basti pensare che i Greci, famosi per la loro visione positiva dell’omosessualità, nelle commedie (come quelle di Aristofane) usavano insulti tradotti in italiano con “invertito” o “rottinculo”.
Nei Latini e nei Greci troviamo, in conclusione, moltissimi riferimenti letterari ad amori omoerotici, ma anche molte battute sulle stranezze di chi li praticava. Tutto ciò era segno di una sensibilità molto diversa dalla nostra.
I Romani erano omofobi? I Carmina Triumphalia e gli attacchi pubblici.
I Romani scherzavano anche su personaggi pubblici importantissimi, non a caso la satira fu una loro invenzione. Un esempio di motti e scherzi verso i VIP dell’epoca sono i Carmina Triumphalia.
Essi erano delle forme di poesia più antiche della letteratura latina stessa (nata nel 240 a.C.). Consistevano in semplici componimenti rivolti dai soldati ai loro comandanti durante il trionfo. Avevano la funzione principale di riportare il generale con i piedi per terra.
Cesare era spesso bersagliato dai suoi fedeli soldati con battute sulla sua ossessione per la cura dei suoi pochi capelli e per la sua vita sessuale dissoluta. Rimarrà nella storia la frase “il marito di tutte le mogli e la moglie di tutti i mariti”.
Cesare veniva etichettato (anche in occasioni ufficiali come processi e sedute in senato) come la “Regina di Bitinia”, una regione dell’Anatolia, per via della sua storia d’amore con il re Nicomede IV.
Cicerone, in risposta al conquistatore delle Gallie che perorava in senato la causa di Nisa, figlio di Nicomede, esclamò:
“Lascia perdere questi argomenti, ti prego, poiché nessuno ignora che cosa egli ha dato a te e ciò che tu hai dato a lui”.
Invece Marco Bibulo, console insieme a Cesare nel 59 a.C., attaccò le sue mire monarchiche dicendo:
“Questa regina, una volta aveva voluto un re, ora vuole un regno”
Infine Catullo ironizzò nel Carmen 62 su una storia d’amore tra Cesare e Mamurra, un suo sottoposto.
Una bella coppia di canaglie fottute quel finocchio di Mamurra e tu, Cesare. Non è strano: macchiati delle stesse infamie, a Formia o qui a Roma, se le portano impresse e niente potrá cancellarle: due gemelli infarciti di letteratura sui vizi comuni allo stesso letto, l’uno più avido dell’altro nel corrompere, rivali e soci delle ragazzine. Una bella coppia di canaglie fottute.
I Romani erano omofobi? Conclusioni.
La frase “Nicia cineade cacator” ha fatto parlare di sé come se fosse un’onta nella straordinaria scoperta del termopolio di Pompei. Tuttavia idealizzare i Romani come un esempio intramontabile di grandezza e civiltà o, al contrario, demonizzarli come violenti guerrafondai, intolleranti e schiavisti è un grave errore.
In particolare utilizzare parole e concetti attuali e fare i paragoni tra passato e presente senza comprendere a fondo la civiltà che si ha davanti è solo un esempio di egocentrismo e di auto-esaltazione o autocommiserazione della nostra società.
Diciamocelo francamente, i Romani non sono sempre stati un popolo brillante, anche loro hanno avuto luci ed ombre. Tuttavia la loro storia e la loro mentalità hanno sviluppato un sistema di valori e una cultura molto complessi e affascinanti.