Il ban di Donald Trump dai vari social in seguito agli ultimi eventi, tra i quali l’assalto a Capitol Hill e il successivo impeachment, sta scatenando un’autentica rivoluzione, non solo nel mondo “reale”, ma anche del mondo virtuale.
Una rivoluzione nella quale i magnati dei più grandi e famosi social network si dividono ed esprimono i loro pareri su quanto sulle possibili mosse che potrebbe compiere il taicoon. Tra questi anche il boss di Twitter Jack Dorsey, secondo il quale vietare all’ormai ex presidente degli Stati Uniti Donald Trump l’accesso ai social per inneggiare alla rivolta i suoi sostenitori ed evitare episodi come quelli recenti è stata la migliore cosa da fare.
Tuttavia, ha espresso anche tristezza per quelle che ha descritto come le “circostanze straordinarie e insostenibili” che circondano la sospensione permanente di Trump, che ha suscitato pareri contrastanti, oltre ad essere pienamente che questa decisione avrebbe avuto conseguenze per un Internet aperto e gratuito.
Ban di Donald Trump: il potere dei social network è davvero così grande e giusto?
Questo perché la decisione di cancellare ogni account del taicoon, soprattutto su Twitter, che durante la sua campagna e successiva presidenza è stato il suo principale mezzo di comunicazione col mondo, coi propri sostenitori, ha sollevato un altro dibattito parallelo, strettamente legato al mondo del Web, con alla base una serie di domande quali:
I social sono pubblici o privati?
La libertà di pensiero esiste davvero per tutti?
A quanto pare, per l’ultima domanda, la risposta sembra essere no, dal momento che, stando a molti utenti dei social network, la decisione di rimuovere utenti, post e tweet violerebbe i diritti del Primo Emendamento, ossia libertà di parola.
Critiche arrivate anche dal resto del mondo: dalla cancelliera tedesca che attraverso la sua portavoce ha affermato di trovare “problematico” il divieto dei social media, al ministro dell’Economia francese, Bruno Le Maire (“La regolazione dei giganti del web non può essere fatta dall’oligarchia digitale stessa”) fino al presidente messicano che ha dichiarato come non sia giusto che qualcuno venga censurato.
Critiche attese dallo stesso Dorsey, che ha dichiarato come “Un’azienda che decide di moderare se stessa è diversa da un governo che rimuove l’accesso, ma può sentirsi più o meno la stessa cosa”.
Anche altre grandi aziende tecnologiche, come Facebook e Youtube (le quali hanno preso provvedimenti per mettere a tacere l’ormai ex presidente) hanno voluto esprimere il loro parere sostenendo generalmente che, trattandosi di società private e non attori statali, questa legge non si applica quando moderano le loro piattaforme.
Una scelta, un modus operandi definito anacronistico, dal momento che Internet, nel tempo, è diventato un ‘luogo’ nel quale esercitare diritti e pensieri.
Il mondo dei social dopo il ban di Trump: quali insegnamenti dovrebbe portare il Web?
Le recenti vicende riguardanti Donald Trump, il suo utilizzo spasmodico dei social network come mezzo di propaganda durante la sua carriera di presidente, e ora la sua cancellazione dal Web siamo certi apporteranno non pochi insegnamenti sull’utilizzo del social e a smuovere il mondo di Internet al fine di tutelare le persone e come dichiarato dal neo eletto presidente USA Joe Biden, è compito di “aziende come Facebook e Twitter fare di più per eliminare l’incitamento all’odio e le notizie false”.
Un impegno, che anche lo stesso presidente prenderà in prima persona, con l’ abrogazione della Sezione 230, ossia quella legge che tutela e preserva le società di social media dall’essere citate in giudizio per le cose che le persone pubblicano.